Donare la vita non vuol dire solo concepirla

Le Rose di Santa Rita per l’infanzia: 18 e 19 maggio i nostri volontari tornano in piazza

Impariamo da Rita a chiedere che Dio abiti in noi

Tredicesimo Giovedì di Santa Rita: la preghiera di supplica, salvezza nella fede

Dodicesimo Giovedì di Santa Rita, ogni mattina lodiamo il Signore per rendere grazie

“Allora entrare in monastero era rischioso”: la Beata Fasce e la sua vocazione coraggiosa

A un mese dalla Festa di Santa Rita, costruiamo oggi un domani di speranza per la comunità di Cuzco

Giornata Preghiera per le Vocazioni: Priora, “L’uomo chiamato a fare famiglia con Dio e con gli altri”

Undicesimo Giovedì di Santa Rita, anche Gesù pregava con i Salmi

Dalle Api alle Rose, la giustizia che libera

“Cara Santa Rita, tante richieste di preghiere arrivano davanti a te da coppie di sposi che non riescono a diventare genitori, che non possono donare al mondo un frutto del loro amore. Leggere e sentire le loro richieste, provoca un pugno nello stomaco. Crea un allarmante richiamo ai tanti bimbi non voluti e abortiti. Siamo nella società degli opposti, e, come sempre, la morte fa sempre più rumore della vita. Invece dobbiamo raccontare anche dei tanti che coltivano il desiderio di essere insieme madre e padre. E chiedono a Te l’aiuto”.

Esordisce così Maurizia di Curzio, assistente al servizio di ascolto del nostro monastero, nel portare avanti la sua rubrica in Dalle Api alle Rose, in cui confida alla nostra amata Rita le Grazie di voi lettori. E nel numero di marzo-aprile racconta la storia incredibile di Ilaria.

Santa Rita in sogno, “Presto arriverà un bambino in adozione”

“Insieme a suo marito vogliono vivere la gioia di un bimbo – scrive Maurizia – purtroppo, però, dopo tanti esami e tentativi, tutto si conclude con un nulla di fatto. Ilaria si sente inutile. Ma guarda avanti, non c’è tempo per rimuginare, per arrovellarsi su ciò che poteva essere e non è. Un giorno di punto in bianco presentano domanda di adozione. Documenti, colloqui e ansia nell’attesa: finalmente il giudice li reputa idonei”.

Ilaria una notte fa “un sogno bellissimo”.

“È in riva al fiume in mezzo a delle montagne, seduta su una roccia, ci sono molte persone, lei riconosce una zia deceduta e la mamma – si legge nella rivista – Appaiono in cielo un arcobaleno e l’immagine del volto di una suora, che mi guarda e sorridendo mi dice: “Presto arriverà un bambino in adozione.” e scompareAl mattino successivo con una grande pace nel cuore cerco di riconoscere questa suora nei volti dei santi, ed eccola è Santa Rita. La zia del sogno era molto devota della santa mi dice la mamma, ma io non lo sapevo”.

E infatti arriva la telefonata e un bimbo li aspetta. Un bimbo speciale che sorride appena li vede. Un sorriso che lo accompagna anche nell’affrontare seri problemi di salute

Come dice Ilaria “Santa Rita è sempre con lui e lo tiene per mano.” 

Leggi QUI tutta la rivista di marzo-aprile

Come le rose, Santa Rita ha saputo fiorire nonostante le spine della vita.  Partendo da questo messaggio, dal 2017 la nostra Fondazione promuove l’evento di sensibilizzazione e raccolta fondi delle Rose di Santa Rita. Evento che, dopo tanta attesa da parte dei devoti e non solo di tutta Italia, sabato 18 e domenica 19 maggio 2024, nel weekend precedente la Festa della Santa degli Impossibili del 22 maggio, torna finalmente nelle piazze di di tutte le regioni d’Italia, a sostegno dell’infanzia. 

Saranno  oltre 350 i punti solidali complessivi, in cui sarà possibile trovare i nostri volontari pronti a distribuire le piantine di rose a quanti ne faranno richiesta. A chi è devoto e desidera farla benedire in occasione del 22 maggio, ma anche a chi è sensibile a sostenere progetti di utilità sociale.

Dal 2012 la Fondazione Santa Rita da Cascia, infatti, si è fatta portavoce della carità ritiana, a sostegno dei più fragili. In questo caso i fondi raccolti, con una donazione minima di 15 euro, saranno destinati ai suoi progetti per l’infanzia in Italia e nel mondo. Tra di essi, l’Alveare di Santa Rita a Cascia (PG), progetto di accoglienza per minori, e il completamento dell’Auditorium “Beata Maria Teresa Fasce” dell’Istituto Educativo“San Agustin de Hipona”. La struttura, fondata dai missionari agostiniani nel 2012 nel distretto di San Jeronimo, a Cuzco, è rimasta incompiuta per le difficoltà economiche post-pandemiche.

La Presidente Suor Maria Rosa: “Ringrazio tutti i volontari!”

“Il 22 maggio non può essere festa senza le Rose di Santa Rita – commenta Suor Maria Rosa Bernardinis, Presidente della Fondazione e Madre Priora del nostro Monastero – Voglio ringraziare con enorme affetto e gratitudine tutti i volontari italiani, che da sette anni si adoperano nel loro quartiere, nella loro città, con passione e dedizione. Lo fanno attraverso azioni concrete compiute nel loro tempo libero, a sostegno dell’infanzia e per assicurare una rosa a tutti i devoti, e non solo. Sono oltre un milione i pellegrini che ogni anno, partendo da ogni parte d’Italia e del mondo raggiungono il Santuario. Qui affidano i propri dolori e le proprie speranze alla santa degli impossibili, che è tra i santi più amati al mondo”.

Il nostro sostegno all’infanzia in Italia e all’estero

 Tra i progetti sostenuti, l’Alveare, struttura di accoglienza per minori con situazioni di disagio creata a Cascia (PG) dalla Beata Fasce, è il primo progetto sostenuto dalla Fondazione fin dalla sua origine. Invece, l’Auditorium di Cuzco ospiterà eventi educativi e di promozione e sensibilizzazione sociale, quali seminari, laboratori, incontri di formazione e gruppi di mutuo aiuto. I destinatari saranno oltre 300 studenti e dei 32mila membri della comunità locale, colpita da gravi problemi socio-economici, come povertà, abuso di alcol e droga, violenza sulle donne, prostituzione.

TROVA QUI IL VOLONTARIO Più VICINO

A questo link, se non puoi andare in piazza, fin d’ora, è già disponibile la piantinaCiascuna piantina di rose sarà contenuta in una splendida borsa rossa, in materiale riciclato, che può essere riutilizzata.

Cosa domanda la nostra amata Rita a Dio, quando lo invoca?

Attraverso tutte le richieste compiute nel corso della sua vita “Rita matura la richiesta fondamentale, nella quale ad un certo punto andranno a confluire tutte le altre: domanderà che la presenza di Dio venga ad abitare in lei, a colmare le zone vuote del cuore, gli spazi rimasti desolati dopo la vedovanza e la perdita dei figli; in una parola: Rita arriverà a chiedere a Dio… Dio stesso!”

Questa la sintesi di quanto scrive Suor Maria Lucia Solera osa, nella sua rubrica Tracce di Rita – contenuta nel numero di marzo-aprile della nostra rivista Dalle Api alle Rose –a proposito di quel tipo di preghiera che è l’invocazione.

Perché invochiamo Dio

“Il nome della persona che ci è cara, risuona a fior di labbra con tutto il calore dell’affetto – commenta la claustrale – analogamente ci rivolgiamo a Santa Rita invocandola, cioè, chiamandola per nome: “Santa Rita, Sorella nostra, Santa dei casi impossibili!”, e a lei presentiamo le nostre necessità“.

“Quando invochiamo Dio, il più delle volte è per ottenere che lui si prenda a cuore la nostra situazione donandoci ciò di cui noi sentiamo urgente bisogno. Eppure, proprio i Santi ci indicano qualcosa di più”, evidenzia Suor Lucia Solera, portando l’esempio di Santa Rita.

L’esempio di Sant’Agostino

Santa Rita non fa che imitare Sant’Agostino, che secoli prima “aveva compreso che proprio questo significa in-vocare: chiamare Dio dentro di sé, in certo modo invitarlo nella casa del proprio cuore. E poiché invocare è questione di cuore, raccomandava di avere quest’ultimo preparato, pulito e in ordine, per poter accogliere un ospite così importante, Dio stesso! “

Suor Lucia ci lascia con un’ultima suggestione: “la nostra invocazione è vera quando è gratuita: ancorata non alle cose che Dio può donarci, ma a Dio stesso”

«Vuoi invocare Dio? Invocalo gratuitamente. Che cosa può bastarti delle cose che Dio ha fatto, se Dio stesso non ti basta?»

(Esp. sul Sal 30 II, D. 3,4)

Leggi QUI tutta la rivista di marzo-aprile

“La vita ci riserva momenti di felicità, di gioia, di entusiasmo, ma anche di dolore, di sofferenza, di sbandamento. Sono come un fulmine a ciel sereno: il dolore ci supera e ci schiaccia. In questi casi, o alziamo gli occhi al cielo, o entriamo nella disperazione che può portarci a fare, anche, dei gesti insani. Prostrarsi davanti a Dio nel dolore riconoscendolo come Padre buono, il solo capace di portarci salvezza, certi del suo amore per noi, ci permette di attraversare ogni dolore. Ma è necessario il salto della fede, per passare dal sentire al credere”.

Così Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del nostro monastero, commenta in merito alla supplica, il tema del nostro tredicesimo appuntamento settimanale con il percorso spirituale sulla preghiera, in occasione dei 15 Giovedì di Santa Rita.

“Abbandonarsi alla sua volontà, ci aiuta a rimanere nell’umile serenità, a tenere lontana la disperazione – prosegue – Come ci insegnano i salmi, la nostra angoscia che si fa supplica, va vissuta nella fiducia, nella certezza che tutto è sotto controllo, che Dio non solo ascolta e vede il nostro dolore, ma anche provvede, perché come ci dice San Paolo nella lettera ai romani ‘tutto concorre al bene di coloro che amano Dio’”. 

Noi non bastiamo a noi stessi

“Signore ascolta la mia preghiera, a te giunga il mio grido di aiuto… Quando ti invoco, presto, rispondimi! “

(Sal 102 [101], 2.3)

“Tra le diverse forme di preghiera, quella della supplica è la più congeniale all’uomo, perché scaturisce da una implorazione di aiuto, da una richiesta insistente che ci spinge ad invocare e supplicare Dio”, interviene Padre Pasquale Cormio, Rettore del Collegio “Santa Monica” di Roma, per poi continuare: “La preghiera dei salmi documenta in molti casi questa vera e propria “lotta” che deve intraprendere chi prega, allo scopo di sollecitare l’intervento di Dio nella vita o nella storia”

Proprio con la preghiera di supplica noi manifestiamo la nostra dipendenza da Dio: in quanto creature, non siamo noi padroni della nostra vita e abbiamo bisogno dell’aiuto che viene dall’alto. 

Noi non bastiamo a noi stessi – sottolinea il padre agostiniano – I santi ci aiutano ad attraversare l’oscura notte della fede: se l’aridità spirituale li spinge a lamentarsi del silenzio di Dio, è pur vero che essi non si stancano di supplicare, non perdono la certezza della presenza di Dio nel tempo della prova. 

La preghiera va accompagnata dalla fede e dalla mitezza

Secondo Padre Cormio, “Dio insiste sul fatto che la nostra preghiera sia sostenuta dalla fiducia e dalla perseveranza. Una  perseveranza che si alimenta con una fede umile e semplice, coltivando la fiducia nella paternità di Dio, che esaudisce il grido dei suoi poveri. A volte è proprio il venire meno della fiducia in Dio Padre che ci fa desistere dal pregare”. 

Alla perseveranza deve accompagnarsi un’altra virtù: la mitezza. 

“Il credente non può mai essere aggressivo nei riguardi di Dio – precisa Padre Cormio – La preghiera può essere sì gridata a Dio, giorno e notte, ma mai con arroganza e prepotenza, perché Egli sa ciò di cui abbiamo bisogno. Agostino insegna che «la necessità di chiedere l’aiuto l’abbiamo imparata per grazia di Dio». Le frequenti preghiere ci ottengono la consolazione dell’aiuto divino, la conoscenza e la dolcezza del bene da compiere, il dono della perseveranza che ci assicura la nostra salvezza”.

Rimanere saldi nelle prove per dilatare il cuore

Se Dio ha intenzione di esaudire le richieste dei suoi figli, perché non lo fa prontamente? Perché attendere e supplicare? 

“Dio ti tiene in serbo ciò che non vuol darti presto, affinché anche tu impari a desiderare grandemente le cose grandi” 

(Sant’Agostino serm. 61, 5.6). 

Attendere i beni richiesti e rimanere saldi nelle prove non costituiscono per noi un tempo perso, ma concorrono alla purificazione della preghiera, a renderla più ardente e a dilatare il cuore alla carità per accogliere Dio, l’unico bene necessario”, commenta il padre agostiniano.

“La tua fede ti ha salvato”

Quante volte ci siamo rivolti a Dio come unico rifugio, unica speranza e abbiamo sperimentato la sua salvezza! E se, anche, non siamo stati esauditi come volevamo, quell’esperienza ci ha arricchito e in qualche modo rafforzato. 

Così conclude la Madre: “Invece,  il dolore vissuto senza preghiera porta alla disperazione, indurisce il nostro cuore, distrugge la nostra vita, soffoca la speranza, ci allontana dalla carità immergendoci nell’egoismo. Ogni tipo di sofferenza, fisica, spirituale, morale, ci fa toccare con mano la nostra condizione di creature fragili e bisognose. Non possiamo evitare le avversità né superarle senza un Aiuto più grande di noi. Lottiamo, dunque,  abbracciati a Lui. La nostra preghiera sia sempre piena di fiducia. Chiediamo sempre, nei momenti difficili di aumentare la nostra fede per sentirci dire: ‘ La tua fede ti ha salvato’”.

GUARDA QUI LA MESSA DEL 13° GIOVEDì DI SANTA RITA

Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode”

“È con queste parole che ogni mattina la Chiesa inizia l’Ufficio divino della preghiera, per dare lode al Signore, dell’amore che Egli riversa sull’umanità e su tutta la terra. La lode è la preghiera dell’amico di Dio, il quale riconosce che Lui è la sorgente della vita, di ciò che lo circonda e della sua gioia. È il canto dell’amato, umile servo, innalzato alla dignità filiale, che riconosce che: “delle lodi del Signore è piena la terra”. Egli vede, con gli occhi purificati, ciò che Dio sta operando per lui e per tutte le realtà create”.

Così esordisce Suor Maria Rosa Bernardinis, la nostra Madre Priora, nell’introdurre la nostra riflessione per il 12esimo Giovedì di Santa Rita, il nuovo appuntamento con il percorso spirituale sulla preghiera che ci accompagna verso la Festa.

Da dove scaturisce la lode?

 «La somma opera dell’uomo è soltanto lodare Dio. Se la tua preoccupazione non sarà lodare Dio, allora incominci ad amare te stesso»

(Sant’Agostino, Commento al Salmo 44, 9).

“Pregare è una specifica modulazione del rapporto tra Dio e l’uomo. Questo dialogo può assumere coloriture diverse: adorazione, lode, richiesta, intercessione. Per trattare della preghiera di lode, ci lasciamo guidare dal testo di sant’Agostino che abbiamo appena letto”, interviene Padre Cormio, Rettore del Collegio “Santa Monica” di Roma.

“Da dove scaturisce la lode? – continua – Vi sono due sorgenti: la bellezza della creazione e lo splendore della redenzione operata da Cristo. L’uomo indirizza il suo canto di lode a Colui che è l’autore e il padre della bellezza, ravvisabile nell’armonia delle opere create e nell’immagine divina deposta come un seme nell’uomo. Tuttavia a causa del degrado del cuore dell’uomo, provocato dal peccato originale, Dio vi aggiunge la bellezza della grazia: in Gesù Cristo l’uomo riceve in dono la misericordia e il perdono dei peccati, e gli viene restituito lo splendore dei figli di Dio”.

La lode è l’espressione dell’amore gratuito

Perché pregare?

Potremmo dire che il nostro servizio, la nostra vocazione sulla terra è soltanto quella di lodare Dio, dopo averne contemplato le meraviglie. La lode è preghiera allo stato puro, è l’espressione dell’amore gratuito e disinteressato: l’uomo loda Dio perché è Dio, il Dio che si è reso gratuitamente nostro.

“La lode differisce dalla preghiera di ringraziamento: si ringrazia Dio per i suoi doni e per le meraviglie da lui compiute nei nostri confronti – commenta il padre agostiniano – La lode inizia, invece, quando ringraziamo Dio per lui stesso: “Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa”. Lodare il Signore significa vivere nella verità e credere realmente nell’onnipotenza del suo amore; significa credere in anticipo nella vittoria di Cristo sul male. Lodare Dio provoca un decentramento nella propria vita, implica il riconoscersi persone sgradite a se stessi, a causa del peccato, e gradite a Dio in forza della sua giustificazione. La lode umana è dunque figlia della grazia divina”.

Ogni giorno dobbiamo riscoprire il modo con cui l’amore di Dio è riversato nei nostri cuori

Quanto la lode sia parte costitutiva ed essenziale della vita umana possiamo apprenderlo fin dal titolo dell’opera più conosciuta di Agostino: le Confessioni.

Specifica Padre Cormio: “La confessio, di cui parla il vescovo di Ippona, è innanzitutto confessione di lode, strettamente unita alla confessione dei propri peccati. Presentando il bilancio della sua vita passata e svolgendola con il racconto davanti agli occhi di Dio, Agostino vuole innalzare la lode al Dio misericordioso e giusto, mettendo l’accento sull’azione santificante della grazia, che salva e libera dai peccati. Non si conosce Dio in modo astratto, ma tramite la sua azione salvifica sull’uomo e nell’uomo. E questi, a sua volta, risponde a Dio con la propria gratitudine. Ogni giorno dobbiamo riscoprire il modo con cui l’amore di Dio è riversato nei nostri cuori, per elevare il nostro canto di lode per e in nome di tutte le creature”.

“Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù e la tua sapienza incalcolabile. E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te”

(Confessioni I, 1.1)

GUARDA QUI LA MESSA DEL 12° GIOVEDì DI SANTA RITA

Madre Fasce: “la Beata del 1900”, così si chiama la nuova rubrica di Dalle Api alle Rose 2024, che racconta la figura e l’azione della Beata Maria Teresa Fasce contestualizzata nel quadro storico e sociale del 1900.

Il primo articolo della rubrica, affidata alla penna di Mauro Papalini, storico agostinianista, ci introduce nel carisma della Beata Fasce, analizzando il coraggio della sua vocazione, che è avvenuta in un tempo storico in cui la Chiesa non era affatto ben vista.

Una politica fortemente anticlericale

Il 17 marzo 1861 nasceva ufficialmente il Regno d’Italia con Vittorio Emanuele II di Savoia, ma senza Roma, Venezia, Trento e Trieste. La dura contrapposizione con Papa Pio IX determinò una politica fortemente anticlericale dei governi italiani, sia quelli della Destra storica che della Sinistra dal 1876. Il 7 luglio 1866, in piena III guerra d’indipendenza, il parlamento italiano approvò una legge che sopprimeva gli ordini religiosi, cioè la chiusura di conventi e monasteri; un provvedimento che provocò danni irreparabili al patrimonio artistico conservato in quegli edifici sacri e favorì la dispersione di molte comunità religiose. La sua applicazione non fu uguale: alcuni monasteri e conventi sopravvissero, ma non potevano ricevere nuove vocazioni.

I cattolici fuori dalla vita politica

La tensione massima fu raggiunta il 20 settembre 1870 quando le truppe italiane entrarono a Roma, ponendo fine al potere temporale dei papi che durava da più di 1100 anni. Pio IX rispose con il Non expedit, cioè proibì ai cattolici italiani di partecipare alla vita politica. Il suo successore Leone XIII proseguì su questa linea, anche se fece uscire la Chiesa dall’isolamento in cui era finita: durante il suo pontificato i cattolici affrontarono i gravi problemi sociali che affliggevano l’Italia, organizzandosi in leghe per difendere contadini e operai, insieme ai socialisti che in quel periodo si stavano formando (il partito socialista nacque a Genova nel 1892). Lo stesso Leone XIII promulgò la famosa enciclica Rerum novarum, la prima che trattava della questione sociale.

Un quadro fosco in cui la Fasce seguì la luce del cuore che la portò a Cascia

Quando si parla della vocazione di Maria Fasce e delle due sorelle che dovettero rinunciarvi, bisogna tener presente questo quadro così fosco; la famiglia Fasce era religiosa, può stupire forse l’atteggiamento del padre, contrario alla vocazione delle figlie, ma allora entrare in un monastero era molto rischioso per una ragazza, infatti esso poteva essere chiuso in qualsiasi momento e le condizioni di vita erano molto dure. Eugenio Fasce lo sapeva bene e temeva per il futuro delle sue figlie, Maria però era determinata e alla fine riuscì nel suo intento.

Ella entrò nel Monastero di Santa Rita a Cascia nel 1906. In quel periodo in Italia le cose stavano cambiando per l’arrivo di nuove personalità da una parte e dall’altra, più inclini a una politica di collaborazione: il più volte presidente del consiglio Giovanni Giolitti e Papa S. Pio X. Le soppressioni diminuirono notevolmente e Pio X tolse il Non expedit, consentendo ai cattolici di partecipare alle elezioni politiche del 1913.

La giovane suor Maria Teresa Fasce, comunque, sperimentò i guasti provocati dalle soppressioni, riscontrabili anche nel Monastero di Cascia dove risiedevano due gruppi di monache, divise per valori e in netta opposizione. Ne soffrì molto, al punto da mettere in dubbio le sue scelte, ma dopo un periodo di riflessione nella sua casa di Torriglia, tornò a Cascia, confermata e decisa ad andare avanti.           

Leggi QUI tutta la rivista di marzo-aprile

Coniugare spiritualità e solidarietà, per costruire oggi un domani di speranza, partendo dall’ascolto dei bisogni dei più fragili. È questo l’obiettivo con cui, a un mese dalla Festa della Santa degli Impossibili del 22 maggio, la nostra Fondazione, che ancora una volta si fa portavoce del suo messaggio, secondo il volere delle monache agostiniane, ha avviato una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi, quest’anno in particolare con destinazione Perù. Si vuole sostenere il completamento dei lavori dell’Auditorium “Beata Maria Teresa Fasce” dell’istituto educativo “San Agustin de Hipona” fondato dai missionari agostiniani nel 2012 nel distretto di San Jeronimo, a Cuzco.

“Siamo nel pieno dei preparativi della festa e, come Santa Rita ci ha insegnato, mentre viviamo uno stato di caos mondiale preoccupante, noi continuiamo a fare la nostra parte, aiutando chi ha bisogno – ha dichiarato Suor Maria Rosa Bernardinis, la Madre Priora del nostro Monastero e Presidente della Fondazione – Per noi monache spiritualità e solidarietà sono intrecciate e si sostengono a vicenda, per cui ogni anno, con la nostra Fondazione sosteniamo in particolare un progetto di solidarietà. La richiesta di aiuto, questa volta, ci è arrivata dai confratelli agostiniani di Cuzco. Vorremmo portare a termine i lavori del loro Auditorium, uno spazio in cui gli studenti, le loro famiglie e tutta la comunità locale possa ritrovarsi, superando traumi e difficoltà, per costruire un futuro più dignitoso per tutti loro”.  

L’Ovunque di Santa Rita per sostenere l’Auditorium

L’Auditorium, incompiuto a causa delle difficoltà post-pandemiche, sarà uno spazio polifunzionale dove organizzare seminari, laboratori, incontri di formazione e gruppi di mutuo aiuto, per supportare il diritto all’educazione e all’integrazione sociale degli oltre 300 alunni, delle loro famiglie e dei 32mila rappresentanti della comunità locale, che vivono in un contesto caratterizzato da difficili condizioni: povertà, abuso di alcol e drogaviolenza sulle donne, favoreggiamento della prostituzionetratta dei minori, disabilità, elaborazione di gravi lutti familiari.

Chiunque vorrà sostenere la raccolta fondi, riceverà l’Ovunque di Santa Rita: il ciondolo a forma di cuore, su cui è incisa una rosa, e che conserva al suo interno l’immagine dell’amata Santa e la preghiera “Ovunque proteggimi”. Per maggiori informazioni festadisantarita.org

Le Rose di Santa Rita tornano in piazza per l’infanzia

Dopo tanta attesa da parte dei devoti di tutta Italia, sabato 18 e domenica 19 maggio, nel weekend precedente la Festa, tornano finalmente nelle piazze di tutte le regioni d’Italia le Rose di Santa Rita, altro evento di sensibilizzazione e raccolta fondi promosso dalla nostra Fondazione per sostenere l’infanzia, con una donazione minima di 15 euro. Saranno 300 i punti di distribuzione, dove saranno attivi i tantissimi volontari, cuore della nostra organizzazioni. I progetti sostenuti vanno dall’Alveare, che a Cascia accoglie minori con situazioni familiari di disagio, fino agli stessi studenti di Cuzco.

Le rose sono il simbolo per eccellenza della santa più venerata in tutto il mondo. Questo fiore rappresenta l’amore di Santa Rita, che diffonde il suo profumo ovunque e in ogni tempo: come la rosa, la taumaturga umbra ha saputo fiorire nonostante le spine della vita, donando il buon profumo di Cristo e sciogliendo il gelido inverno di tanti cuori.

Per avere maggiori informazioni sui punti di distribuzione e cercare il volontario più vicino, si può consultare la mappa al link rosedisantarita.org Allo stesso link, per chi non potrà andare in piazza, fin d’ora e anche dopo l’evento, è già disponibile la piantina, con una donazione minima di 25 euro. 

Il Programma

Parlando degli eventi della Festa, dal 12 al 20 maggio alle ore 11.50, per il secondo anno, si potrà seguire, in via esclusiva solo online, il Rosario che le nostre monache reciteranno dal Coro del Monastero, luogo di clausura, in occasione della Novena di Santa Rita. Sarà possibile seguire tutte le celebrazioni più importanti della Festa, promossa dalle comunità agostiniane e dall’amministrazione comunale, in diretta streaming sui canali social del monastero agostiniano di Cascia. Per saperne di più cliccare su questo link oppure scaricare il programma allegato

La Festa entrerà poi nel vivo lunedì 20 maggio, alle ore 10, quando saranno presentate le donne insignite del Riconoscimento Internazionale Santa Rita da Cascia 2024: Cristina Fazzi, Virginia Campanile, Anna Jabbour, presentate dal noto conduttore televisivo e giornalista Roberto Giacobbo. Si tratta di un premio unico nel suo genere che, dal 1988, viene conferito alle donne di ogni Paese e religione che incarnano i valori ritiani. 

Sabato 21 maggio, intorno alle ore 17.30, si svolgerà la consegna del premio, accompagnata dal messaggio della Priora, e, infine, il Solenne Transito di Santa Rita. In serata, alle ore 21.30, la Fiaccola della Pace e del Perdono farà ritorno a Cascia, quest’anno da Enna, seguirà l’accensione deltripode votivo e l’avvio ufficiale dei festeggiamenti 2024.

Nel giorno solenne della Santa del 22 maggio, tutta la famiglia ritiana sarà in preghiera durante il Solenne Pontificale delle ore 11.00, presso la Sala della Pace, presieduto dal Cardinale Robert F. Prevost osa, Prefetto del Dicastero dei Vescovi. Al termine della Messa, la Processione, il tradizionale Corteo storico e la Statua proseguiranno fino al Sagrato della Basilica, dove si svolgeranno la Supplica a Santa Rita e la Benedizione delle Rose.

“Il tema “Creare Casa“ di questa sessantunesima Giornata di Preghiera per le Vocazioni è affascinante e apre a tante prospettive di lettura. Prima di tutto c’è da considerare che Dio chiama l’uomo all’esistenza e pone su di lui il suo sigillo, chiamandolo all’amore, a fare famiglia con Lui. Quando Gesù inizia la sua missione pubblica chiama degli uomini che lo seguano e stiano con Lui; anche questo rappresenta “fare casa”. Chiamati dal Signore e sostenuti dalla grazia dello Spirito Santo, questi uomini seguono l’Agnello ovunque vada”.

Così dichiara Suor Maria Rosa Bernardinis, la Madre Priora del nostro monastero, alla vigilia della Giornata di Preghiera per le Vocazioni che quest’anno cadrà domenica 21 aprile. 

Il tema è stato scelto dall’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni, con l’intento di cogliere l’invito di Papa Francesco a creare ambienti adeguati nei quali sperimentare il miracolo di una vocazione come di una nuova nascita.

Con Maria e Giuseppe i primi sì vocazionali

Approfondendo, la claustrale ricorda come Dio stesso assicurerà a Davide che la sua casata non verrà mai meno, sarà stabile per sempre. Tutto ciò si realizzerà con la nascita di Gesù a Betlemme, città di Davide, grazie ai sì vocazionali di Maria di Nazareth e Giuseppe. Grazie a loro Dio può attuare il suo progetto d’amore e di salvezza pensati dall’eternità.

La Comunità Agostiniana è una “palestra d’amore”

Tutti i Battezzati, in forza del Battesimo sono chiamati alla santità, a formare in essa il Corpo di Cristo. Lui il Capo, noi le membra, la Chiesa, Sua Sposa. Ci sono vocazioni poi all’interno di Essa che hanno il compito di guida e formazione delle Comunità”, continua Suor Maria Rosa, specificando che “quando ho sentito la chiamata alla vita contemplativa, il mio primo istinto è stato quello di seguire Gesù e amarlo. Poi entrando nella Famiglia Agostiniana ho imparato ad amare la Comunità come luogo della manifestazione dell’amore per Dio e per il prossimo”. 

“E’ una bella palestra che mi aiuta a guardare le persone che incontro, come fratelli e sorelle in Cristo – commenta – Il mio cuore si è dilatato, pur essendo ristretto lo spazio della missione, grazie anche alla diffusione della devozione a Santa Rita sorella, madre e amica per tanti uomini e donne, ancora oggi”.

L’uomo ha bisogno della relazione con gli altri per crescere 

Conclude, infine, Suor Maria Rosa: “L’uomo ha bisogno di vivere in relazione con gli altri per crescere, progredire, conoscersi, realizzarsi. E questo avviene in cerchi concentrici, come avviene quando un sasso, simbolo dell’uomo, cade nell’acqua, simbolo della vita che ci è donata. L’uomo quindi, entra prima in una famiglia, poi è accolto da una comunità parrocchiale, poi da quella educativa, e così via. Ma tutto ha avuto inizio da una chiamata che è divina e noi dobbiamo sempre ringraziare il Signore, per tutto ciò che ci ha donato e continua a donarci con il Suo amore, che non conosce termine”. 

Come pregavano Gesù e la sua famiglia?

Siamo certi che Gesù, Maria, Giuseppe e gli apostoli pregavano con i salmi. I 150 salmi presenti nella Bibbia, nel libro chiamato Salterio, sono le preghiere del popolo eletto, che venivano utilizzate in maniera pubblica nelle celebrazioni nelle famiglie e tra la gente. Risalgono, infatti, ad epoca antichissima, primo millennio a.C. , e inizialmente venivano tramandate oralmente e, solo, dopo, sono state trascritte nei testi sacri.  Noi cristiani abbiamo mantenuto questo modo di pregare, nella liturgia ufficiale della Chiesa, ma li abbiamo riletti secondo la chiave dell’incarnazione di Gesù”.

Così dichiara Suor Maria Rosa Bernardinis, la Madre Priora del nostro monastero a proposito dei Salmi, tema dell’undicesimo Giovedì Santa Rita, il percorso spirituale di avvicinamento alla Festa, in cui stiamo trattando il tema della preghiera. 

I Salmi svolgono la funzione terapeutica della Scrittura Divina

Interviene Padre Pasquale Cormio, Rettore del “Collegio Santa Monica” di Roma: “I salmi non sono semplicemente dei testi poetici, ma un laboratorio della preghiera, una vera e propria mappa dell’animo umano, per imparare a leggere e a decifrare il nostro vissuto quotidiano e spirituale, mettendoci di fronte a Dio. Esprimono assai bene i dolori e la speranza, la miseria e la fiducia degli uomini di ogni tempo e luogo, e cantano specialmente la fede in Dio, la rivelazione e la redenzione. I salmi nascono da situazioni concrete di ogni giorno, dalle fatiche o dai lamenti, dalle suppliche o dalle lodi, dagli insegnamenti sapienziali o dai grandi avvenimenti storici: intendono farci comprendere il corso della storia all’interno di un orizzonte più ampio, la cosiddetta “storia della salvezza”, che è regolata dalla Provvidenza di Dio”.

Evidenzia ancora: “La ricchezza della raccolta dei salmi è proprio nella descrizione dei sentimenti del cuore dell’uomo, nella correzione e guarigione che apporta alle nostre mancanze: pertanto i salmi svolgono la funzione terapeutica della Scrittura divina!”

Anche Gesù si è formato a questa scuola di preghiera e ha interpretato la sua missione redentrice alla luce di alcuni versetti dei salmi: sia quando ha gridato il suo abbandono sulla croce (Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?), sia quando ha rinnovato la sua fiducia al Padre consegnando nelle sua mani la sua vita (Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito).

Come pregare i salmi

La Chiesa ha strutturato la sua preghiera proprio sul canto dei salmi, nucleo della Liturgia delle Ore (Lodi, Ora media Vespri) che scandisce la giornata non solo dei sacerdoti e delle monache, ma di tutti i battezzati. C’è il rischio, però, di cadere in una forma di stanchezza nel pregare i salmi senza entusiasmo, senza riflettere sulle parole che si pronunciano. 

Padre Cormio, seguendo soprattutto i suggerimenti di Sant’Agostino, ci offre tre indicazioni: 

  1. L’uomo non sa cosa esprimere nella preghiera e, con i salmi, Dio presta a noi le sue parole, così da evitare il pericolo del soggettivismo, che tante volte produce nella nostra mente immagini di Dio non corrispondenti al suo volto: ci facciamo spesso un Dio a nostra misura e somiglianza!
  2. Chi prega i salmi deve immedesimarsi nella voce del salmista che ha scritto quel testo, deve aderire al significato delle parole, farle proprie. Noi non preghiamo solo per noi stessi, ma a nome di tutta la Chiesa, anche quando siamo da soli.
  3. Alla preghiera dei salmi deve seguire l’applicazione nella propria vita di quegli insegnamenti; in questo modo, assicura sant’Agostino, la lode a Dio sarà continua: “Canti la voce, canti la vita, cantino le opere” (Commento al salmo 148, 2). La preghiera si verifica nella coerenza della vit

I Salmi ci accompagnano in un autentico cammino spirituale

“Quando cantiamo i salmi veniamo avvolti da una bellezza e da un fuoco che nessuna preghiera devozionale ci può donare – conclude la Madre Priora –  Ci propongono un dinamismo che parte da un tono di supplica e di angoscia e poi sfocia nella fiducia, nell’esperienza della salvezza. Ci accompagnano in un autentico cammino spirituale che va dalle tenebre alla luce, dal dolore alla lode. Accostiamoci, dunque, con gioia e con semplicità senza la pretesa di poter comprendere tutto subito, ma nella certezza che la Parola di Dio ha in sé la potenza della grazia, che trasforma il nostro cuore di pietra in un cuore di carne”.

GUARDA QUI LA MESSA DELL 11° GIOVEDì DI SANTA RITA

“Ci sono tante definizioni di giustizia riparativa. Per la mia esperienza
 […]   la giustizia riparativa è la giustizia del ritorno. Ritorno a una possibilità di vita libera e piena per tutti coloro che hanno sperimentato l’orrore dell’irreparabile, per averlo causato o per averlo subito, e ne patiscono le conseguenze durature. Conseguenze che sono come scorie radioattive che occorre trattare e smaltire, disarmarle perché non sfigurino più vite e persone”. 

Così Agnese Maria Moro, figlia di Aldo Moro, ex Presidente del Consiglio sequestrato e assassinato dalle Brigate Rosse nel ‘78, racconta in Dalle Api alle Rose. E ricorda come nell’antivigilia di Natale del 2009, un invito apparentemente ordinario, quello di Padre Guido Bertagna, ha aperto le porte a un viaggio straordinario di riconciliazione e guarigione per coloro che hanno vissuto gli orrori della lotta armata degli anni ’70 e ’80. 

Si è trattato di un incontro tra vittime e responsabili, tra chi ha subito il terrore dell’irreparabile e chi lo ha inflitto, per poter scoprire “persone e non fantasmi”; togliendo ai responsabili “la maschera del mostro e a me quella della vittima e ritrovarsi persone, ferite, ma insieme”.

Un luogo pieno di sorprese

Per chi ha vissuto questa esperienza, la giustizia riparativa non è solo una teoria, ma una realtà vissuta. È il ritorno a una vita libera e piena per tutti coloro che hanno sperimentato il trauma e le conseguenze durature della violenza. È il riconoscimento che l’irreparabile non può essere cancellato né curato, ma che le ferite possono essere affrontate e disarmate.

La giustizia riparativa si manifesta attraverso un invito al dialogo, offrendo “un luogo libero (si entra se si vuole, si esce quando si vuole), riservato, rispettoso in cui poter incontrare, dire e ascoltare; con un accompagnamento discreto, esperto, “equiprossimo”, ovvero ugualmente vicino agli uni e agli altri, onesto”. 

Per Maria Agnese Moro “è stato un luogo pieno di sorprese: l’umanità che non va perduta anche se l’hai fatta grossissima; il loro atroce dolore per aver fatto cose terribili pensando di fare il bene dei poveri e del mondo; la loro generosità (perché sottoporsi all’incontro con noi dopo aver scontato tutti la propria pena con tanti anni di carcere orrendo? Non devono più niente né a me né a nessuno, eppure sono qui a fare qualcosa di estremamente doloroso). Sorpresa sono anche i loro visi anziani, come il mio, a dimostrazione che ciò che è avvenuto è sempre orrendo, ma non è oggi. E il passato lentamente va al suo posto, dietro di noi”.

“Sorpresa è vederli disarmati e disarmarmi – continua – e non dimenticare né annacquare nulla di ciò che hanno fatto, ma volergli bene ed essere amici”

La pena serve alla rieducazione

“Non parla di questo l’articolo 27 della Costituzione quando dice che la pena serve alla rieducazione?”, si chiede Maria Agnese.

“Ci si rieduca per tornare. Li rivogliamo tutti. Ma questo ritorno o è per tutti o non è per nessuno. Non posso tornare senza di loro, né loro possono tornare senza di me. E né loro né io possiamo tornare se non ci accogliete”.

Vuoi saperne di più?

Iscriviti alla newsletter

Inserisci la tua mail per restare sempre aggiornato su tutte le novità e le iniziative del Monastero.