Nella Giornata mondiale del Dono, sosteniamo Armando Diego
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Natale con il Cioccolario, per sostenere i più fragili
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Dalle monache, il no alla violenza sulle donne e l’appello a un’educazione all’amore per i giovani
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Il Premio Fasce a Finalmente Domenica su Tv2000 con Luciana Delle Donne
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P. Ibrahim Faltas Vicario della Custodia di Terra Santa in preghiera da Santa Rita per la pace
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Nuovi orari per il tuo pellegrinaggio a Cascia
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Conflitti, Rita e l’arte di ascoltare
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Storie di grazie ricevute, Dalle Api alle Rose come un social network
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Dalle Api alle Rose: al fianco dell’uomo e della donna di ogni epoca. Parola di Suor Giacomina
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L’intervista di Luciana Delle Donne su Vita non profit
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Armando Diego soffre fin dalla nascita di una patologia alla colonna vertebrale e proviene da una famiglia povera di tre fratelli in cui solo il padre lavora, mente la madre è morta a causa di un cancro. Frequentando l’Istituto Superiore Pedagogico Gregorio Mendel di Chuquibambilla, in Perù, gestito dai missionari agostiniani, ha trovato negli insegnanti e nei compagni di studio una nuova famiglia che lo sostiene nonostante le sue sfide fisiche, per realizzare il sogno di diventare insegnante e contribuire alla formazione delle future generazioni peruviane.
Vogliamo celebrare il Giving Tuesday, conosciuto in Italia come la Giornata Mondiale del Dono, ricordando la storia di uno degli oltre 2mila minori che la Fondazione Santa Rita da Cascia andrà a supportare grazie alla nostra campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi di Natale con il Cioccolario.
Il Giving Tuesday
Nasce a New York nel 2012 con una semplice idea: perché, dopo il Black Friday, non dedicare un giorno alla generosità? Nasce così la Giornata Mondiale del Dono, un giorno in cui siamo tutti invitati a donare.
Negli anni, questa giornata è diventata un vero e proprio movimento globale, che ispira milioni di persone a impegnarsi ogni giorno per costruire un mondo più giusto e solidale.
Il Cioccolario
Anche tu puoi dimostrare la tua generosità, aderendo alla nostra campagna del Cioccolario. Si tratta di una tavoletta di cioccolato di alta qualità, al latte e fondente vegano, con la confezione che si trasforma in un pratico calendario da scrivania. Uno dono solidale che i volontari distribuiranno nelle piazze di tutta Italia sabato 2 e domenica 3 dicembre e già disponibile online su cioccolario.org Per conoscere dove trovare i volontari si può consultare questa mappa
È proprio alla dolcezza del cioccolato che le nostre monache hanno voluto ispirarci, attraverso la Fondazione dai loro creata, per sostenere i progetti dedicati ai più fragili, in particolare ai bambini e alle bambine. Da quelli del Perù, che desiderano avere un luogo dove poter studiare e degli insegnanti, a quelli filippini, che hanno bisogno di cibo e di assistenza medica; dai minori in Africa, i quali vorrebbero un pulmino che li accompagni a scuola e un ospedale dove potersi curare, alle Apette e ai Millefiori dell’Alveare di Santa Rita, che sognano una casa e una famiglia.
Con la tua generosità, puoi fare la differenza!
Donare e assaggiare il gusto dolce della solidarietà, riscoprendo anche quello del proprio benessere, attraverso tanti appuntamenti da fissare sul calendario, secondo il messaggio che “farsi e fare del bene non è mai stato così buono!” Questo l’obiettivo del Cioccolario, la tavoletta di cioccolato di alta qualità al latte e vegano, con la confezione che diventa un calendario da scrivania. È il dono solidale al centro della campagna di Natale della Fondazione Santa Rita per sostenere i più fragili.
La tavoletta è già disponibile a questo link, in formato doppio, fondente e al latte, con una donazione minima di 18 euro. Inoltre, sabato 2 e domenica 3 dicembre, in tutta Italia, da nord a sud, sarà distribuita nelle piazze da centinaia di volontari della Fondazione, con una donazione minima di 9 euro per ogni singola tavoletta. Per scoprire le località in cui sarà possibile trovare il Cioccolario, è già disponibile la mappa
I fondi raccolti andranno a sostenere i progetti di solidarietà della Fondazione per i più fragili, in Italia e nel mondo. Saranno raggiunti oltre 2mila bambini e bambine, nonché migliaia di famiglie. La Fondazione è stata creata dal monastero per portare avanti le sue opere di solidarietà e altri progetti benefici.
La Madre Priora, “Fare del bene agli altri significa farlo prima di tutto a noi stessi”
“In questi tempi difficili, in cui spirano venti di guerra, la nostra Fondazione vuole fare la sua parte, continuando a sostenere i più fragili, in nome dei valori ritiani di solidarietà e fratellanza, ma anche invitando a donarsi momenti di felicità personali – commenta Suor Maria Rosa Bernardinis, laMadre Priora del nostro monastero che è anche laPresidente della Fondazione– Doniamo e assaggiamo il gusto dolce della solidarietà, per riscoprire che fare del bene agli altri significa farlo prima di tutto a noi stessi, senza dimenticare di concederci una coccola. Invito tutti a trovare la piazza e il volontario più vicini oppure ad andare sul sito dedicato, per portarsi a casa e portare nel mondo la dolcezza della solidarietà”.
Cibo, diritto alla salute e all’educazione in Italia e all’estero
Con i fondi raccolti grazie al Cioccolario, la Fondazione potrà continuare a portare avanti il suo impegno in favore dei più fragili. A partire dall’Alveare, il progetto di accoglienza per minori in difficoltà fondato a Cascia (PG), accanto al monastero, dalla Beata Fasce, la storica Badessa, ben 85 anni fa, per poi spostarsi all’estero. Dal Perù, con i progetti educativi degli agostiniani a Chuquibambillae Cuzco, all’Africa, per la ricostruzione di un ospedale a Namu (Nigeria) e il sostegno a una scuola a Ishiara (Kenya), fino a giungere alle Filippine. In questo Paese la Fondazione offre cibo e assistenza medica per i più poveri, grazie alla Casa di Accoglienza “Madre Alessandra Macaione”delle monache agostiniane di Bulacan. E inoltre supporta la scuola e l’assistenza alla comunità tra le baracche di San Pedro, da parte delle suore orsoline.
Il cioccolato etico, ecosostenibile e solidale
Il cioccolato scelto è di alta qualità, con una filiera di lavorazione artigianale, etica e ecosostenibile, In particolare, le materie prime sono eccellenti, con attenzione alle intolleranze alimentari. Le fave di cacao vengono acquistate in Ecuador presso piccole imprese a gestione familiare che prediligono l’assunzione delle donne. L’imballaggio è plastic free.
Profondamente colpite dalla storia della giovane Giulia Cecchettin, l’ultima di tante, troppe vite stroncate con ferocia dalle mani di un uomo, le monache del Monastero Santa Rita da Cascia, ribadiscono il loro no alla violenza illuminando di rosso la facciata della Basilica, in occasione del 25 novembre, e chiedendo per le nuove generazioni un’educazione all’amore.
Lo fanno accogliendo l’invito giunto dall’amministrazione comunale, da sempre sensibile al tema, anche a portare un messaggio agli studenti di Cascia che incontreranno sabato mattina. L’occasione è un evento voluto dal Comune per la comunità e principalmente per le scuole, in programma alla Sala della Pace del Santuario il 25 novembre dalle 10:30, durante il quale si terrà il reading “Ti amo da morire”, di Margherita Romaniello, con gli attori Roberta Giarrusso e Pino Quartullo.
La Priora: le donne non sono strumenti nelle mani degli uomini
“Nella Bibbia – riflette Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia – le donne non sono strumenti nelle mani di qualcuno, bensì protagoniste al fianco di Cristo. In particolare, in tempi in cui le figure femminili erano sottomesse agli uomini, affidando alle donne l’annuncio della Risurrezione, Dio ci sorprende. Ma la sua scelta non è gerarchica, anzi ci indica la via giusta, quella della collaborazione tra maschile e femminile perché la presenza di ognuno sia davvero feconda.
Oggi, invece, le donne, sono costrette a fermarsi alla “Passione”, costrette dagli uomini”.
Imparare da Dio la strada del rispetto e “andando a scuola” di amore, quello vero
“È dovere di tutti – continua la Madre – fare in modo che questo calvario finisca. Perciò invito ogni uomo a imparare da Dio la strada del rispetto, della parità e dell’amore, così da amare ma per davvero. Vediamo un’estrema necessità di portare nelle famiglie e nelle scuole un’educazione all’amore perché la sua radice si innesti, cresca e venga diffusa. L’amore vero, che ascolta, comprende, dialoga, dà gioia, mette prima l’altro e perciò ci eleva.
I sentimenti non sono una debolezza
“Si smetta – ha concluso – di vedere come debolezza o limite l’amore, soprattutto se associato alla sfera maschile. L’amore è essenziale per avere consapevolezza di sé e degli altri e rompere l’onda dilagante di violenza e femminicidi.
L’amore è ciò che Santa Rita da sempre ci insegna e proprio con l’amore ci auguriamo che ogni essere umano possa rivoluzionare il suo cammino”.
Nella puntata di domenica 19 novembre il programma Finalmente Domenica, condotto su Tv2000 dalla giornalista Lucia Ascione, ha ospitato Luciana Delle Donne, che conosciamo già molto bene.
Delle Donne è infatti la ex manager bancaria di successo che ha rinunciato alla sua carriera per fondare, ormai 17 anni fa, l’impresa sociale “Made in Carcere”, e che è stata scelta dalle nostre monache per ricevere il primo Premio “Madre Maria Teresa Fasce”. Un riconoscimento che, sull’esempio della storica Badessa del nostro Monastero, vuole premiare l’imprenditoria ispirata alla carità evangelica, capace non solo di generare profitto ma anche impatto sociale.
Una vita al servizio delle donne detenute
Durante, l’intervista Delle Donne ha parlato della sua vita, del suo desiderio di lasciare comodità e benefit per riaccendere la luce nello sguardo delle persone dimenticate. La sua scelta è caduta sulle donne detenute, offrendo loro una possibilità di riabilitazione attraverso il lavoro creativo di sartoria a partire da tessuti di scarto. Immancabile il suo riferimento al Premio “Madre Fasce”, che per lei ha rappresentato una benedizione.
La Madre Priora, Luciana sulle orme dell'”imprenditrice di Dio”
A questo proposito è intervenuta Suor Maria Rosa Bernardinis, la Madre Priora del nostro monastero, spiegando il significato del premio, ispirato a colei che è stata “l’imprenditrice di Dio”, Madre Fasce. Ed esprimendo la gioia di aver scelto Luciana come prima premiata, per aver fatto “una scelta illogica per il mondo ma logica per il Vangelo”.
“Oggi sono arrivato qui a chiedere aiuto a Santa Rita per la pace in Terra Santa”
A firmare questo pensiero è Padre Ibrahim Faltas, Vicario della Custodia di Terra Santa. Oggi è arrivato da Israele alla Basilica di Santa Rita per pregare la santa degli impossibili e chiederle di intercedere per la Pace in Terra Santa.
Ad accoglierlo la Madre Priora del Monastero, Suor Maria Rosa Bernardinis e il Priore della Comunità Agostiniana di Cascia, Padre Mario De Santis.
Per l’occasione Padre Ibrahim ha portato con sè un frammento della Grotta della Natività incastonato in una stella a 14 punte, che ora sarà custodito in Basilica.
Mentre la Priora ha donato al francescano una Reliquia di Santa Rita, così che simbolicamente la santa sarà presto presente anche in quelle terre oggi scenario di violenze atroci. La speranza di tutti è che possa portare invece il suo messaggio di pace, dialogo e ascolto.
A raccontare la speciale visita di Padre Ibrahim c’era anche l’ANSA con il giornalista Gianluigi Basilietti.
“La capacità di mediare, cioè di ascoltare attentamente il
pensiero e i sentimenti di ciascuno, di comprenderli e ridirli con verità è la
via di risoluzione dei conflitti. Rita ha conosciuto bene quest’arte, e ad essa
si è applicata con dedizione piena per portare riconciliazione e pace dovunque
vi fosse divisione e discordia”
Queste le parole di Padre Giuseppe Caruso osa sull’arte di saper ascoltare e quindi mediare che si rivelano di estrema importanza in questi tempi di guerra, dopo che, anche al termine dell’ultima udienza generale del mercoledì, Papa Francesco ha rinnovato il suo appello per la pace, in Ucraina, Terra Santa e Sudan.
Il conflitto, fatto umano e universale
Sottolinea il padre agostiniano: “L’incomprensione, la tensione e il conflitto sono elementi ineliminabili di ogni convivenza: quando più persone si trovano a condividere il medesimo spazio sembra, e forse è inevitabile, che le aspettative, i bisogni e i limiti di uno si scontrino con quelli di un altro. Si tratta di un fatto umano e universale, e pertanto non ci deve scandalizzare”
La sfida di imparare a percorrere il sentiero stretto
“La vera sfida, secondo Padre Caruso, “sta nel modo in cui il conflitto viene affrontato e vissuto. Lo si può evitare sempre e comunque, chiedendo a una sola parte, quella più debole (che si vuol fare passare per quella “buona”) di sacrificare i propri sogni e bisogni fino al punto di trascurare se stessa, in una sorta di martirio che però ha ben poco di eroico; oppure si può decidere di intraprendere una guerra a oltranza, senza possibilità di compromesso e di pacificazione. Le due soluzioni sono entrambe unilaterali e pertanto difettose”.
Ma, evidenzia, “c’è un altro sentiero da poter percorrere, un sentiero stretto e non sempre facile, che però giunge inevitabilmente a uno sbocco. Il metaforico viottolo, quello che Rita stessa ha percorso, è quello della mediazione, cioè di una pacificazione che sia in grado di ascoltare e tenere in debita considerazione tutte le parti in causa”.
Qual è dunque il punto? Che “il conflitto, aperto o nascosto che sia, è sempre l’ultimo atto di un cammino fatto di parole non dette o fraintese; un cammino che allontana le persone rendendole estranee tra di loro e, qualche volta, anche a se stesse”.
Da qui la necessità dell’arte di saper ascoltare, di cui
Rita è stata un esempio.
“Probabilmente chi soffre sente Santa Rita vicina e compartecipe del proprio dolore e si rivolge a lei con la certezza di trovare comprensione, conforto e aiuto. Al di là dell’esito, i miracoli sono un segno di una realtà comunque più preziosa: la presenza di Dio accanto a noi, anche e soprattutto nella prova”.
Così scrive Padre
Giuseppe Caruso sulle innumerevoli
testimonianze di grazie ricevute, per intercessione di Santa Rita, a cui Dalle
Api alle Rose dà voce fin dal primo numero e in cui si racconta nell’esposizione
““Dalle Api alle Rose: 100 anni in
mostra”, inaugurata il 12 ottobre presso
la Sala degli Ascensori di Cascia. Un evento per celebrare i cento anni della
rivista storica del monastero, oggi diffusa in 6 lingue e in oltre
250mila copie.
Fin da subito, il bollettino diventa lo spazio del racconto, della condivisione e della pubblica riconoscenza dei devoti, con le parole e poi anche con le foto, come un moderno social network. La Santa è invocata dai devoti in Italia e nel mondo in tante situazioni, specialmente nei “casi impossibili”.
Le storie
Tante e le più svariate le testimonianze di grazie ricevute, come si racconta nella mostra, da ogni parte del mondo. Si va dalla giovane donna con diagnosi di meningite tubercolare che guarisce, alla dichiarazione di innocenza per il condannato in carcere per motivi politici; dalla possibilità di salvare il patrimonio di famiglia, alla liberazione del soldato partigiano che era stato condannato a morte; dall’esame difficile superato, alla salute ritrovata della neonata prematura.
La mostra riporta di prodigi avvenuti già durante la vita di Santa Rita e che i notai di Cascia iniziarono a trascrivere testimonianze di miracoli già tre giorni dopo la sua morte. In linea con le disposizioni vaticane in materia, si specifica ai lettori che la redazione non entra nel merito delle testimonianze ricevute e pubblicate, riconoscendo loro la sola “fede umana”.
Testimonianze come piccoli Magnificat
“Queste testimonianze sono dei piccoli Magnificat scritti da chi ha conosciuto la sofferenza fisica e morale e poi ha visto accadere ciò che sembrava impossibile, salvare ciò che sembrava perduto – così si legge in uno dei pannelli tematici della mostra – Ogni storia è unica. Ma tutti i racconti hanno una cosa in comune: parlano di fede e di preghiera. Una fede che sostiene nelle difficoltà. Una fede che chiede. Una fede che conosce la gratitudine e dà testimonianza.
Per chi si reca a Cascia, la mostra è visitabile gratuitamente per tutta la stagione dei pellegrinaggi.
Il pannello tematico sulle storie di grazie ricevute
Arrivati quasi alla fine di questo 2023 che ci ha visto celebrare i 100 anni della Rivista del nostro Monastero, Dalle Api alle Rose, è tempo di guardare al futuro! E noi vogliamo farlo sempre insieme a voi, che ogni giorno accompagnate il nostro cammino!
Una rivista antica ma sempre nuova
Questo è il titolo che abbiamo dato alle riflessioni di Suor Giacomina Stuani, direttore editoriale della Rivista, che vogliamo condividere.
“Infondere Speranza, Amore, Bellezza, Giustizia, Verità, Bontà, Gioia… gettare ponti di amicizia, fraternità, comunione… prendere tutti nel cuore e far loro sperimentare l’amicizia, la Provvidenza, l’accoglienza di Dio”.
Sintetizza così Suor Giacomina quella che è sempre stata ed è ancora la missione di Dalle Api alle Rose. Portare la voce di Santa Rita nel mondo, diffondere i suoi valori, che vanno oltre la fede perché sono delle mappe per orientarci nello spazio e nelle relazioni di ogni giorno e di ogni Paese.
Non dare solo informazioni ma essere informazione
Essere informazione è la sfida e insieme l’obiettivo più grande della Rivista che, dopo aver cambiato negli anni la sua veste per stare al passo coi tempi, si propone di continuare a parlare a tutti, ascoltando e aprendosi “a 360 gradi – dice l’agostiniana – alle tematiche sociali, morali, culturali, spirituali”.
Il
magazine online Vita non profit ha
dedicato un’intervista molto approfondita a Luciana Delle Donne, dopo che la fondatrice di Made in Carcere ha ricevuto dal nostro monastero il primo Premio “Madre
Maria Teresa Fasce”. Un riconoscimento che è stato voluto, nel nome della nostra
storica Badessa, in modo da sostenere l’imprenditoria che nasce “da una
carità solida e concreta, per un modello di sviluppo fondato non sul profitto
ma sull’impatto sociale e umano”.
Delle Donne è stata infatti scelta per
aver rinunciato a una carriera manageriale di successo, mettendo i suoi talenti
al servizio del prossimo in un progetto imprenditoriale sociale. Si tratta
appunto di Made in Carcere, marchio
nato per offrire un percorso di riabilitazione e reinserimento sociale a
donne detenute, attraverso un progetto sartoriale per la produzione di
accessori di abbigliamento realizzati con tessuti di scarto.
Un modo per, diffondere la filosofia
della seconda opportunità (per le
persone) e della doppia vita (per i
tessuti), come riporta l’articolo di Vita. Nell’intervista Delle Donne ricorda
come il nostro premio gli abbia toccato “il cuore perché mi hanno letta dentro,
ripaga di tutta la fatica. Avere lo sguardo
felice delle persone è una grande soddisfazione”
Oggi il progetto Made in Carcere è attivo nei penitenziari di Lecce, Trani, Taranto, Bari, Matera, coinvolgendo anche minori e uomini e producendo anche biscotti vegani biologici.