Nella Bella Stagione si raccolgono i Buoni Frutti
Anche questa estate, come nella scorsa, vi stiamo accompagnando in un viaggio interiore, attraverso un ciclo di riflessioni spirituali. È un cammino alla ricerca di noi stessi, affrontato con semplicità, attraverso i Frutti dello Spirito Santo che ognuno di noi può portare nella propria vita o in quella degli altri, per arricchirla e trovare un senso.
Ancora una volta sono le parole e le riflessioni di Sant’Agostino a guidarci, attraverso l’interpretazione dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio. Mentre la Madre Priora del nostro monastero, Suor Maria Rosa Bernardinis, interpreta ciascun tema alla luce dell’esperienza quotidiana.
Nel nostro quinto appuntamento, riflettiamo su Bontà e Benevolenza: due frutti in uno!
Dio è il Bene Sommo
Esordisce Padre Cormio: “La Bontà è la qualità di chi vuole bene al prossimo in modo disinteressato, senza attendersi nulla in cambio, mostrandosi generoso verso l’altro. Alla bontà è connessa la gratuità. Chi dimostra un cuore buono, ama veramente”.
Sant’Agostino si spinge oltre, definendo la bontà come:
«il Bene da cui derivano gli altri beni»
(comm. al Salmo 134, 3)
Per cui “la bontà non è una qualità prettamente umana – commenta il padre – ma un aspetto proprio di Dio. Dio è il Bene Sommo, e manifesta la bontà nella creazione e ancor di più nella redenzione dell’uomo dal suo peccato. La bontà non è una virtù da custodire gelosamente, va invece effusa con generosità su tutti gli uomini. Per Agostino il Dio buono è una sorgente di vita che rende l’uomo buono”, come si legge nella seguente citazione:
«Bevendo da questa fonte di bontà, tutti coloro che credono con verità, secondo la misura della propria fede, diventano buoni, vengono vivificati, illuminati, colmati»
(Contro Massimino II, 23.7)
Tutto è grazia, dono di Dio
Continua Padre Pasquale: “La bontà di Dio precede l’uomo nell’amore: Dio non attende che l’uomo diventi buono per amarlo, ma amandolo lo rende buono. Questo significa per Agostino che nessun uomo può avere la presunzione di meritare qualcosa davanti a Dio, ma deve riconoscere che tutto è grazia, dono di Dio”.
La bontà diventa benevolenza
“Come ripetevano gli autori medioevali – sottolinea il padre agostiniano – il bene è di per sé diffusivo: esso possiede una forza che va trasmessa, contagia al punto da diventare benevolenza. Volere il bene è la disposizione d’animo favorevole e affettuosa verso qualcuno”, come si legge ancora in Sant’Agostino:
«Chi è buono, per il bene che lo rende buono, si rallegra del bene altrui e si rattrista del male altrui»
(discorso 35, 3)
Secondo Padre Pasquale, “la benevolenza si attua nella capacità di nutrire stima e della simpatia verso gli altri, nel promuovere il dialogo, nell’apertura alla cordialità e gentilezza, nel parlare bene del prossimo valorizzando i pregi più che i difetti altrui, nel concedere perdono e misericordia. Quanto ci fa bene che qualcuno possa dire di noi: è una persona affabile, cordiale, gentile, che ti incoraggia e ti consola!”
Interviene la Madre Priora: “La persona che vive nella benevolenza, diventa giusta ed è la sua “corazza di salvezza”. Diventa capace di amare come ama Dio, trovando sempre, in tutte le stagioni della vita quella tenerezza dalle mille sfumature, che fa sentire importante l’amato”.
Infine, ecco l’esortazione del vescovo Agostino ai suoi fedeli:
«Sia dunque ognuno un albero buono. Cambia il cuore e si cambierà l’opera. Estirpa dal cuore l’avidità e piantaci la carità, che è la radice di tutti i beni»
(discorso 72, 4)