Come si prega? E’ la prima domanda a cui cerca di rispondere il libro “Aiutami a pregare”, creato dalle monache di Santa Rita come strumento per riscoprire la preghiera, nella vita personale e comunitaria.
La richiesta dei discepoli a Gesù su come imparare a pregare, contenuta nel Vangelo di Luca, dimostra come noi tutti sentiamo un qualche bisogno di entrare in un rapporto di amicizia con Dio. Avvicinarsi alla preghiera fa scoprire che la vita, con Gesù o senza, non è la stessa cosa. Rimettendo Lui al centro delle nostre giornate, trasformiamo il nostro tempo in una storia di salvezza.
Per Sant’Agostino siamo dei recipienti capaci di contenere Dio: ma per raggiungere questo scopo, prima dobbiamo svuotarci di noi stessi, di paure, passioni, dell’amore egoistico. Gli ostacoli più grossi alla preghiera sono, dunque, dentro di noi: orgoglio, egoismo, presunzione, risentimenti, rancori, chiusura e durezza di cuore. Come possiamo liberarcene?
La storia di Stefania: “voglio salvare il mio cuore arido”
Ho 50 anni e sono cresciuta in un piccolo paese della Toscana, un luogo pieno di calore e tradizione. Oggi vivo a Roma, una città meravigliosa, dove a volte, però, è facile sentirsi persi. Sono cresciuta in una famiglia profondamente cattolica, dove la fede non era rappresentata solo da una serie di regole da seguire, ma era un vero e proprio modo di vivere. Da adolescente, pregavo molto.
Oggi il mio cuore è arido. Il ritmo incessante del lavoro e le responsabilità quotidiane mi lasciano poco tempo per riflettere e pregare come ero solita fare. Le pressioni della carriera e le aspettative sociali mi fanno sentire sempre sotto esame, senza mai un momento di vera pausa. Inoltre, le delusioni personali hanno eroso lentamente la mia capacità di fidarmi di affidarmi. Non riesco più a pregare come avevo imparato a fare. Mi sento bloccata. È come se avessi perso il filo che mi legava a Dio e a Maria. Questa sensazione di vuoto e di distacco mi preoccupa profondamente.
Come posso ritrovare quel filo prezioso? Come posso ricominciare a pregare con il cuore aperto e fiducioso, come facevo un tempo, senza perdermi più?
Partire dall’umiltà
La testimonianza di Stefania, svela il desiderio di moltissimi di imparare o rimparare a pregare. Prima di tutto dovremmo porci una domanda: con quale disposizione mi preparo alla preghiera? È fondamentale curare la virtù dell’umiltà. I santi sono nostri educatori su questo aspetto: la persona umile non va confusa con quella umiliata dalla violenza o dalla forza o dal dolore. È umile chi riconosce di non bastare a se stesso, di aver bisogno di Dio.
Spogliarci di noi stessi, attraverso un’invocazione quotidiana di umiltà, è il compito di chi vuol incontrare veramente Dio.
Desideriamo una grazia? Stiamo attenti a non essere superbi perché Dio resiste ai superbi ma fa grazia agli umili. Quanto grande doveva essere l’umiltà di Santa Rita che riuscì ad ottenere così grandi Grazie, tanto da essere denominata la santa degli impossibili! L’episodio della vite fiorita (tutt’ora visibile nel Monastero a Cascia), ne rappresenta forse l’esempio maggiore. Dopo essere entrata, in seguito a tre tentativi, in monastero, la Badessa, per provarne la sua umiltà, comanda a Rita di piantare e innaffiare un arido legno. La santa obbedisce senza indugi e il Signore la premia, facendo fiorire una vite rigogliosa.
La fede è proprio questo: vivere senza aspettare di capire tutto, fiduciosi che, sotto la dura realtà delle cose, scorra una linfa ricca di senso.
Imparare a fare silenzio
Il silenzio è l’habitat della preghiera per ascoltare Dio e noi stessi, nei nostri bisogni più veri e profondi, e aprire il cuore all’adorazione. Non si tratta quindi di assenza di parole, di suoni, ma di assenza di distrazioni, di rumori che vengono da dentro di noi. Come si fa a stare in silenzio davanti al Signore quando siamo ansiosi, preoccupati o proviamo risentimento e rabbia? Non è facile, è vero; ma non è impossibile. Occorre un esercizio continuo, di autocontrollo, per lasciare fuori dalla porta del cuore queste emozioni che disturbano.
Se, nel silenzio, tace la lingua, è per aprire l’orecchio del cuore alla voce di Dio che parla in noi. Oggi i mezzi di comunicazione sono sempre più potenti e grazie a loro possiamo fare cose straordinarie. Essendo sempre connessi, però, rischiamo di non esserlo davvero, perché non siamo più abituati a fare silenzio.
Ascoltare la Parola di Dio
La preghiera è fatta più di ascolto che di parole dette a Dio. Lui da noi desidera soprattutto questo, attraverso un’assimilazione interiore
della Sua voce. Purtroppo ci è sempre più difficile, in un tempo in cui siamo sovraesposti alle notizie, ai messaggi senza coinvolgimento, senza un riferimento al senso della realtà, della vita, del rapporto con un “tu”, con Dio, con l’altro.
Quante persone, così, rifiutano Dio senza nemmeno averlo ascoltato, senza sapere che cosa ci ha detto e continua a dirci!
Diventa così importante avere tempo nella giornata per leggere anche un solo versetto della Scrittura e interpretarlo come una lettera che Dio ci invia, per orientare le nostre scelte.
L’ascolto della Parola non resta dunque un sentire superficiale, si apre invece a un’azione concreta verso Dio e il prossimo, diventando feconda.
