Quattordicesimo Giovedì di Santa Rita, ringraziare Dio apre il cuore agli altri

“Quante volte durante il giorno sentiamo dire la parola “grazie”?”

“Qualcuno afferma che è diventata una rarità perché si dà tutto per scontato o che è tutto dovuto. Così, però, non ci accorgiamo più da quanto amore siamo circondati fin da quando ci alziamo e per tutto l’arco della giornata. Quanto bene farebbe invece, sentirselo dire oppure dirlo a chi è stato gentile con noi?”

Così commenta Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del nostro monastero, nell’accompagnarci nel nostro penultimo appuntamento del nostro percorso spirituale con la preghiera, che ci accompagna verso la Festa di Santa Rita. 

Dire “grazie” scaturisce da un cuore riconoscente

Padre Pasquale Cormio, Rettore del “Collegio Santa Monica” di Roma sottolinea che “la preghiera di lode, di cui abbiamo già parlato, si presenta come un’esaltazione del Signore per quello che Egli è. La preghiera di ringraziamento, invece, permette di riconoscere ciò che Dio fa in quanto Creatore e quello che ci riserva nella sua bontà in quanto Provvidenza”.

Fin da bambini siamo stati educati dai nostri genitori a ringraziare, nel momento in cui si riceveva un dono: “Come si dice? Grazie!”. 

“Non si tratta solo di buona educazione o di un gesto di cortesia, ma di una svolta del cuore che sa apprezzare ciò che si accoglie – continua il padre agostiniano – Dire “grazie” può scaturire solo da un cuore riconoscente, umile e gioioso; ciò vale tanto più nel nostro rapporto con Dio. L’uomo, che si pone di fronte a Dio nella preghiera, non può che manifestare la sua gratitudine per il Creato e tutti gli esseri viventi e inanimati, per la vita, per i beni materiali e spirituali, per i doni della vocazione, per i segni della salvezza: perdono, grazia, sacramenti”

La fede cristiana è eucaristica, che significa “azione di grazie”

«Siate eucaristici!» 

(San Paolo, Col 3,15).

“Questo è ciò che chiede san Paolo ai suoi fedeli – commenta Padre Pasquale – La fede cristiana è costitutivamente “eucaristica”, nel senso che è fondata sul ringraziamento di chi fa esperienza dell’azione di Dio nella propria vita. Il termine greco “Eucarestia” significa appunto “azione di grazie”: partecipando alla celebrazione della Santa Messa non facciamo altro che prolungare nella preghiera la dimensione della gratitudine, che deve coinvolgere tutta la vita, il nostro stare nel mondo”.

Ringraziare comincia dal riconoscersi preceduti dalla Grazia

Dire “grazie” presuppone lo sviluppo della percezione dell’altra persona che mi è di fronte e che entra con me in relazione; consente il superamento del proprio narcisismo che può trasformarsi in arroganza o nella pretesa di chi prende tutto come gli fosse dovuto. 

Secondo Padre Pasquale, “spesso si impone l’immagine di sé come di uno che “non deve niente a nessuno”, né al prossimo né tanto meno a Dio, perché chi si è fatto da sé, può disporre di tutto e di tutti a proprio piacimento. Nel rapporto con il Signore la maturità di fede ci spinge a riconoscere che tutto è grazia, che ogni avvenimento e ogni necessità possono diventare motivo di ringraziamento perché l’amore del Signore precede, accompagna e segue la nostra vita”.

“La preghiera di ringraziamento comincia sempre da qui: dal riconoscersi preceduti dalla Grazia. Siamo stati pensati prima che imparassimo a pensare; siamo stati amati prima che imparassimo ad amare; siamo stati desiderati prima che nel nostro cuore spuntasse un desiderio. Se guardiamo la vita così, allora il “grazie” diventa il motivo conduttore delle nostre giornate. Tante volte dimentichiamo pure di dire “grazie”. 

(Papa Francesco).

Deo gratias

“Alla gratuità di Dio verso l’uomo deve corrispondere la riconoscenza dell’uomo verso Dio – continua Padre Pasquale – La gratitudine apre alla generosità e può contribuire a sanare le nostre relazioni, perché non siano contraddistinte dall’idea del possesso. Chi sa ringraziare ed insegna ad altri a farlo trasmette speranza; anche se solo di poco, rende migliore il mondo, la casa in cui viviamo”.

Scrivendo al vescovo di Cartagine, Agostino spiega la gioia presente nel suo cuore quando ascolta l’invocazione: Deo gratiassia ringraziato Dio 

«Che cosa di meglio potremmo recare nel cuore e pronunciare con la bocca e manifestare con la penna se non: “Sia ringraziato Dio”? Non potrebbe dirsi nulla di più conciso, nulla udirsi di più lieto, nulla comprendersi di più significativo, nulla compiersi di più utile di questa esclamazione. Sì, ringraziamo Dio…»

(ep. 41, 1).

Impariamo a pregare prima di mangiare

Padre Pasquale conclude consigliandoci come applicazione pratica di questo atteggiamento al momento del pasto quotidiano: “Pregare prima di mangiare, farsi un segno di croce prima di iniziare a consumare il cibo, è un atto di fede, perché riconosciamo che quanto è posto sulla tavola è dono di Dio. La vita si conserva con il cibo che consumiamo, ma anche il senso della vita è rinnovato attraverso la relazione dello stare insieme attorno alla tavola”.

GUARDA QUI LA MESSA DEL 14° GIOVEDì DI SANTA RITA

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