Nella Bella Stagione si raccolgono i Buoni Frutti
Anche questa estate, come nella scorsa, vi stiamo accompagnando in un viaggio interiore, attraverso un ciclo di riflessioni spirituali. È un cammino alla ricerca di noi stessi, affrontato con semplicità, attraverso i Frutti dello Spirito Santo che ognuno di noi può portare nella propria vita o in quella degli altri, per arricchirla e trovare un senso.
Ancora una volta sono le parole e le riflessioni di Sant’Agostino a guidarci, attraverso l’interpretazione dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio. Mentre la Madre Priora del nostro monastero, Suor Maria Rosa Bernardinis, interpreta ciascun tema alla luce dell’esperienza quotidiana.
La Fedeltà come dono di Dio
Nel nostro sesto e ultimo appuntamento, riflettiamo sulla Fedeltà, considerata dalla Madre come una parola ormai tabù nella nostra società, che invece è un dono dello Spirito Santo: “non dipende da uno sforzo nostro, ma è dono di Dio, che ci è dato perché rimaniamo fedeli agli impegni che la vita cristiana autentica è chiamata a vivere. Anche secondo il padre agostiniano “la fedeltà, che progredisce nel bene fino alla fine, è un grande dono di Dio, ma anche una grande conquista dell’uomo”.
Dio stesso è esempio di fedeltà
In particolare, attingendo da Sant’Agostino (Il bene del matrimonio, 4.4), Padre Cormio evidenzia come la fedeltà “è un grande bene dello Spirito”, da preferire a qualsiasi altro bene materiale, compresa la propria integrità fisica.
Riflette: “In qualsiasi momento si possono attuare delle scelte che orientano il corso della nostra vita: una proposta matrimoniale, una vocazione alla consacrazione religiosa o sacerdotale, un impegno che comporta sacrificio, una proposta di fede… talvolta tali scelte possono essere effettuate o dettate da circostanze particolari; tuttavia ciò che dà ad esse valore è la fedeltà nel portare avanti l’opera iniziata”.
“Sappiamo bene quanto la fedeltà sia minacciata da forme di crisi che possono avere conseguenze per la società – prosegue Padre Cormio – quali disonestà nel lavoro, infedeltà coniugale, tradimento di amicizia, inaffidabilità della testimonianza dei fedeli… Di fronte alle nostre piccole o grandi infedeltà, Dio continua a presentarsi come il Dio fedele, le cui promesse non vengono mai meno, in quanto Dio non ritira mai la sua parola di verità e di salvezza”.
Agostino istituisce un confronto tra la fedeltà di Dio e quella dell’uomo:
«L’uomo fedele è colui che crede a Dio che promette; Dio è fedele in quanto concede ciò che ha promesso all’uomo»
(comm. al Salmo 32, II, 1, 9).
Anche secondo la Madre Priora “è Dio che è fedele per sempre! Ci viene incontro e ristabilisce l’alleanza infranta, offrendoci sempre nuove opportunità. E Gesù ha promesso che sarà sempre con noi, fino alla fine del mondo”.
La fedeltà attraverso la preghiera
Ma come conservare la fedeltà? Secondo il padre agostiniano, un’indicazione deriva proprio dal vescovo di Ippona:
«Preghiamo per ottenere quel che non abbiamo»
(discorso 335/E, 6)
“Nella fedeltà sono chiamati in causa due attori: Dio e l’uomo – racconta il padre – Agostino spiega ciò a proposito della fede: Dio chiama chi vuole e quando vuole ad aderire alla sua volontà, a seguire l’insegnamento di Gesù Cristo, che è contenuto nel Vangelo. La chiamata alla fede è di Dio, che scruta il cuore e conosce i tempi di maturità di ciascuno di noi. Invece perseverare nella fede, custodire la fedeltà della propria vocazione, spetta solo all’uomo, il quale ogni giorno deve invocare nella preghiera il frutto della perseveranza. Solo chi prega, può confidare nell’aiuto di Dio. Non per le proprie forze si resta fedeli, ma per grazia e dono di Dio”.
“Solo chi prega, custodisce il frutto della fedeltà”, conclude Padre Cormio, riflettendo che in particolare, nella preghiera del Padre Nostro, Gesù ci insegna a chiedere a Dio di aiutarci a perseverare nel bene.
Riflessione finale
La Madre Priora conclude così il nostro viaggio attraverso i sei Frutti dello Spirito: “Durante queste sei riflessioni abbiamo provato a riconoscere o a ridestare questo illustre Sconosciuto che ci abita dal Battesimo, ed è lo Spirito Santo, che circola tra il Padre e il Figlio, ma ci coinvolge se lo lasciamo operare, perché non è invadente, rispetta la nostra libertà e i ritmi di ognuno, per riconoscere i segni della Sua presenza, e arrivare ad amare come ama Dio. Non dimentichiamo: Egli è Signore e si comporta come tale”.