Domenica 13 ottobre la Pia Unione Primaria si riunisce in Calabria
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Dal Monastero Santa Rita da Cascia il Rosario su Tv2000 tutti i giorni dal 1 ottobre alle 7 e alle 20
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La Beata Fasce: tra contemplazione e mondo
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Padre Giustino Casciano, nuovo Rettore della Basilica di Santa Rita, parla di pellegrinaggi a Di Buon mattino su Tv2000
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La preghiera è il frutto di un’umile fiducia: con Rita diventiamo “amici” di Dio
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Il dono di devozione di nonna Marianna fiorisce: la storia di Valerio Bonanno
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Siamo parole di Dio, semi chiamati a portare vita: intervista al nuovo Provinciale degli Agostiniani
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“Santa Rita è un’ispirazione per me e per le donne”: una testimonianza dall’America
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Contemplare e agire: l’impegno civile del cristiano
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Il 12 ottobre è il giorno della memoria solenne della Beata Maria Teresa Fasce, che è stata Badessa del nostro Monastero per 27 anni, nella prima metà del 1900, lasciando un’impronta indelebile nella storia.
Quest’anno celebriamo il 27° anniversario dalla sua beatificazione, portando avanti non solo iniziative spirituali, ma anche sociali, come il Premio “Madre Maria Teresa Fasce”, che già dal 2023 abbiamo voluto come riconoscimento per chi fa impresa non pensando solo al profitto ma mettendo sempre per prime le persone e il bene sociale.
Ecco tutti gli appuntamenti, anche in diretta streaming
Solenne Triduo dal 9 all’11 ottobre in Basilica Inferiore Ore 17:00 S. Rosario; ore 17:30 Vespro Ore 18:00 S. Messa – Predica il P. Priore, P. JURAJ PIGULA
VENERDÌ 11 OTTOBRE – ORE 11:00 – SALA DELLA PACE Premio Madre Maria Teresa Fasce Incontro con gli studenti
SABATO 12 OTTOBRE – ORE 16:00 Solenne Concelebrazione Eucaristica in BASILICA INFERIORE presiede Mons. RENATO BOCCARDO, Arcivescovo di Spoleto-Norcia Canti eseguiti dalla Corale S. Rita di Cascia, diretta dal M° Rita Narducci Evento in diretta streaming
ORE 17:15 – Basilica Inferiore Incontro e Cerimonia di Consegna del Premio Maria Teresa Fasce Evento in diretta streaming
L’ultimo incontro regionale del 2024 della Pia Unione Primaria Santa Rita (PUP), sarà in Calabria! L’appuntamento domenica 13 ottobre a San Marco Argentano, provincia di Cosenza.
La PUP è la famiglia che in tutta Italia e nel mondo unisce da quasi 20 anni oltre 8mila devoti ritiani, che insieme testimoniano la loro fede e rendono concreto e attuale il messaggio di Rita. L’incontro è aperto a tutti i gruppi e anche a tutte le persone, già affiliate alla PUP e non.
Il programma
ore 9.00 – Arrivi e accoglienza presso Piazza Duomo
ore 9.45 – Visita guidata del centro storico del Borgo
ore 11.00 – Conferenza a cura di Padre Ludovico Maria Centra, assistente spirituale della Pia Unione, presso la Cattedrale
ore 12.00 – Concelebrazione Eucaristica presieduta da Mons. Stefano Rega, Vescovo di San Marco Argentano-Scalea
ore 13.00 – Pranzo al ristorante “Il Feudo”
Per informazioni e prenotazioni: Tonino Cupone – 3498055267 e Maria Turano – 3403438962.
Doppio appuntamento quotidiano dal coro del monastero di clausura, per pregare con le monache, custodi dell’eredità della santa degli impossibili
“In un tempo tanto bisognoso di speranza e unità è un dono poterci avvicinare nella preghiera per camminare insieme verso la pace”
Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia
“Accogliamo simbolicamente nella nostra clausura chiunque si collegherà tramite Tv2000 per il Santo Rosario, perché in un tempo tanto bisognoso di speranza e unità è un dono poterci avvicinare nella preghiera per camminare insieme verso la pace, accogliendo il mistero della comunione spirituale che non ha confini e che mettiamo in pratica da tempo anche attraverso i nostri canali social. Da monache nell’esempio di Santa Rita siamo costantemente unite al mondo, portando nella preghiera e nella carità le intenzioni, le sofferenze e le speranze dell’umanità. Desideriamo che la luce della fede possa raggiungere tutti, affinché la potenza della preghiera ci sostenga e ci guidi, con l’intercessione della Beata Vergine Maria e Santa Rita”.
Queste le parole di Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, che con le sue consorelle apre virtualmente il coro del monastero a chi vorrà seguire il Rosario su Tv2000, per unire a sempre più persone le proprie voci in preghiera. L’appuntamento, che sarà molto apprezzato anche dall’enorme famiglia di devoti ritiani d’Italia e non solo, è sul canale 28 da martedì 1 ottobre alle ore 7.00 e alle ore 20.00.
Con lo storico agostinianista Mauro Papalini, nella rivista Dalle Api alle Rose di settembre-ottobre, si parla del rapporto che la Beata Fasce, storica Badessa del Monastero Santa Rita da Cascia, aveva con le “il mondo fuori dal monastero”. In particolare, il nostro viaggio, che mira a rileggere la figura della Beata Maria Teresa Fasce all’interno del quadro storico e sociale del suo tempo, ci porta a capire come la Madre avesse sempre la mente in Dio, pur scontrandosi coi problemi esterni.
… “quel mondo cacciato dalla porta, rientra poi dalla finestra…”
Nella letteratura spirituale da sempre la clausura è sinonimo di isolamento totale dal mondo e da tutti i suoi mali, per dedicarsi solo a Dio in un paradiso anticipato. La forma più alta di meditazione e preghiera è la contemplazione. Qualunque claustrale, però, sa bene che la contemplazione richiede un grande esercizio dello spirito e molta costanza. Naturalmente ci si deve sempre affidare alla grazia di Dio, ma tutto ciò non è sempre facile, anche perché quel mondo cacciato dalla porta, rientra poi dalla finestra e finisce con il condizionare in qualche modo la vita delle comunità.
Si impegnò a gettare fuori le “cose del mondo”
La giovane Marietta Fasce non fece eccezione: ella partì da casa sua convinta di lasciarsi dietro le spalle la vita mondana per imboccare senza esitazione la via della perfezione e della felicità.
Entrò nel Monastero di Santa Rita a Cascia il 22 giugno 1906, festa del Sacro Cuore di Gesù di cui fu sempre devotissima, e dopo alcuni mesi scriveva alle sorelle: “Qui non si piange, qui non si pena, qui non si geme. Si spera, si ama e si gode!!! Non è un Paradiso anticipato?! Sì, state pure allegre e gioite con me”. Dopo poco tempo, però, dovette rendersi conto che nel monastero non c’era tanto paradiso, ma piuttosto le cose del mondo, che lei si impegnò a gettare fuori per fare posto alla preghiera, alla meditazione e alla contemplazione, cose per cui aveva lasciato la sua Genova.
Amava la meditazione
Anche dopo la sua elezione ad Abbadessa e la riforma radicale della sua comunità, il mondo non la lasciò in pace e continuò a entrare distogliendola spesso dalla sua alta contemplazione che tanto amava: rimaneva per ore davanti al Santissimo in un colloquio silenzioso e a chi le chiedeva che cosa facesse tutto quel tempo rispondeva: “Io guardo Lui e Lui guarda me”.
Voleva trasmettere alle sue consorelle l’amore alla contemplazione e alla meditazione pur tra le faccende quotidiane e per questo insegnava loro un metodo per tenere sempre la mente in Dio: il silenzio e la ripetizione di alcune frasi che riconcentravano l’anima nel suo Dio.
…La burocrazia, le invidie, la guerra: lei governò tutto
Intanto incalzavano le vicende del culto di Santa Rita, una cosa a cui lei teneva moltissimo, ma non avrebbe mai immaginato che la costruzione del nuovo Santuario si sarebbe rivelata un vero romanzo popolare. La burocrazia, le invidie, la guerra, e tanti altri fattori proiettarono la Beata Maria Teresa in una realtà che di contemplativo aveva ben poco.
A volte se ne usciva con frasi tipo: “Questa mattina abbiamo bevuto più lacrime che latte!” o “Quanto è brutto il mondo!”. Insomma, possiamo dire che, bene o male, Maria Teresa Fasce, che voleva abbandonare per sempre il mondo, non fu mai abbandonata dal mondo, ma seppe come governarlo.
Domani mattina, martedì 24 settembre, tra le 9 e le 9.45 circa, il popolare programma di Tv2000,Di Buon mattino, parlando di pellegrinaggi, coinvolgerà anche il mondo di Santa Rita.
Nello specifico, in rappresentanza della Famiglia Agostiniana di Cascia, formata dalle monache e dai padri che ogni anno insieme accolgono oltre 1 milione di pellegrini da tutta Italia e da tutto il mondo, ci sarà il nuovo Rettore della Basilica di Santa Rita Padre Giustino Casciano. Ben tre i collegamenti in diretta che lo vedranno protagonista, sull’accoglienza ai pellegrini, con anche consigli pratici per vivere al meglio il proprio pellegrinaggio.
Inoltre, non mancherà la testimonianza dei devoti. Con il collegamento da Palermo di Valerio Bonanno, anche tra i fondatori del gruppo della Pia Unione Primaria Santa Rita della città siciliana. La Pia Unione è la famiglia ritiana, nata a Cascia, che in tutta Italia e nel mondo unisce da quasi 20 anni oltre 8mila devoti ritiani, che insieme testimoniano la loro fede e rendono concreto e attuale il messaggio di Rita.
Per il nuovo Rettore è un ritorno a Cascia e c’è anche un nuovo Priore
Prima di essere nominato Rettore della Basilica di Santa Rita, Padre Giustino Casciano è stato per 4 anni Priore Provinciale degli Agostiniani d’Italia. Nato nel 1955 in Molise, ordinato sacerdote nel 1980, il suo è un ritorno nella comunità agostiniana di Cascia. Qui, proprio agli inizi del suo percorso, è stato per ben tredici anni, ricoprendo già il ruolo di Rettore del Santuario ritiano.
Insieme al Rettore, è arrivato a Cascia da qualche giorno anche Padre Juraj Pigula, nuovo Priore del Convento di Sant’Agostino e Santa Rita. Dopo anni in Slovacchia, sua terra di nascita, e più recentemente a Viterbo, nel Lazio, e a Pavia,guiderà la comunità dei padri agostiniani di Cascia.
A entrambi va il nostro bentornato o benvenuto! Così come a tutta la comunità dei padri, vanno i nostri migliori auguri per un buon cammino insieme, sulle orme di Santa Rita!
Per tutto questo 2024, Anno della Preghiera per volere del Papa e in preparazione al Giubileo 2025, la rubrica Tracce di Rita, curata dall’agostiniana Suor Maria Lucia Solera sulle pagine della Rivista Dalle Api alle Rose del nostro Monastero, è un percorso sul valore della preghiera e sull’esempio ritiano.
Nella rivista di settembre-ottobre Suor Lucia parla di come la preghiera sia basata sul nostro affidarsi umilmente a Dio, come ha fatto Santa Rita diventando capace di cose impossibili!
Fidarsi significa creare un legame
Poco prima di morire, in pieno inverno, Rita domanda a una parente che era andata a farle visita una rosa e due fichi dal suo orto. Tornata a casa, la donna trovò effettivamente una rosa dal colore intenso e due fichi ben maturi. Questo episodio, così caro alla devozione ritiana, getta luce su quel frutto particolare che la preghiera favorisce e prepara: l’umile fiducia. Fidarsi è creare un legame: così intenso, robusto e profondo da reggere, nonostante le situazioni di ogni tipo che possono venire a provarlo.
Guardando alla vicenda di Rita, possiamo osare un’affermazione: ad ogni prova, è la fede fiducia di Rita a essere provata. Questo può sembrare un discorso molto duro e farci pensare a un Dio severo che con noi alza sempre di più l’asticella delle sue richieste. Cerchiamo di inoltrarci in punta di piedi in questo “terreno”.
Dio non ci mette alla prova, ma vuole conoscerci per chiamarci a fare cose grandi
Ogni amicizia passa attraverso la verifica della prova: tu che ti dici mio amico, sai rimanere accanto a me nei miei momenti di dolore? Sai condividere e rallegrarti delle mie gioie? Sai custodire nella fedeltà e nell’intimità questo nostro legame? Dio così agisce con noi: fa esperienza di noi, non perché ha bisogno di test per sapere cos’abbiamo in cuore, ma per chiederci qualcosa che noi non ci saremmo mai sognati di chiederci; mentre noi ci accontenteremmo di un trantran di piccole cose consuete, Lui ci chiama a cose grandi e inedite.
Nelle avversità Rita diventa intima amica di Dio
Proprio attraverso le avversità, Rita cresce nell’esperienza di Dio. Diventa sua intima, sua amica. Cara al suo cuore. Il suo segreto consiste nella preghiera, dove lei racconta a Dio le sue lotte, i suoi travagli, le sue speranze.
Ha affermato Papa Francesco: «Per essere discepoli di Gesù non basta credere che Dio c’è, che esiste, ma bisogna mettersi in gioco con Lui, bisogna anche alzare la voce con Lui, invocarlo, gridare a lui» (Angelus, 20 giugno 2021). La fiducia in Dio è un frutto che matura attraverso ogni stagione e prova della vita. Una fiducia umile, quella di Rita, perché centrata su Dio e non su se stessa, e proprio per questo forte. È così che Rita diviene capace di cose umanamente impossibili: perdonare; attraversare la perdita delle persone più care e risorgere da queste morti rimettendo nelle mani di Dio il suo futuro; pazientare, attendere; alimentare benevolenza a oltranza.
Rita, sorella nostra, insegnaci ad irrorare di preghiera i momenti della prova, perché maturi anche per noi, come è stato per te, il frutto di un’umile fiducia.
In Dalle Api alle Rose, Rivista del Monastero Santa Rita da Cascia, c’è da tempo una rubrica dedicata alla Pia Unione Primaria di Santa Rita, la famiglia di devoti ritiani che rappresenta e incarna tutto il bello della fede oggi, nella concretezza del messaggio ritiano.
Le due pagine, curate da Marta Ferraro, nel numero di settembre-ottobre della rivista ci portano a Palermo e alla testimonianza di Valerio che è tra i fondatori della PUP in città…. una storia che parte da sua nonna!
Valerio da Palermo, la “Cascia del sud”, conosce bene il valore dei nonni
Gli anziani sono come alberi che continuano a portare frutto: pur sotto il peso degli anni, possono dare il loro contributo originale per una società ricca di valori e per l’affermazione della cultura della vita. E che dire del loro ruolo nell’ambito familiare? Quanti nonni si prendono cura dei nipoti, trasmettendo con semplicità ai più piccoli l’esperienza della vita, i valori spirituali e culturali di una comunità e di un popolo!». Questo è quanto ha detto Papa Francesco durante l’udienza alla Federazione nazionale lavoratori anziani nel 2016 e la storia che sto per raccontarvi ne è un esempio lampante.
Se la mamma è sempre la mamma, la nonna ha una tenerezza tutta speciale che la rende ancor più convincente e i suoi insegnamenti continuano a parlarci anche quando non c’è più. Lo sa bene Valerio Bonanno, 40 anni di Palermo. Quando parla di Palermo, in relazione alla devozione a Santa Rita, la definisce la ‘Cascia del sud’ e i numeri che porta sono incontestabili. Il 22 maggio, ad esempio, solo nel Santuario di Sant’Agostino si celebrano 17 Sante Messe, si distribuiscono 18.000 mila particole e giungono a onorare la santa oltre 50.000 pellegrini.
Nonna Marianna ha seminato nel cuore del nipote fin da piccolo
Immaginate un bambino di otto anni che cammina per mano alla nonna e che girandosi intorno, tra Cascia e Roccaporena, con i suoi occhi può ammirare per la prima volta tutto quello che tante, infinite volte, nonna Marianna gli ha raccontato. La vite miracolosa, le rose, il Monastero, il corpo di Santa Rita, i luoghi della santa si materializzano finalmente davanti a loro. Quel bambino si chiama Valerio e lei è nonna Marianna che ha compiuto il suo primo e unico viaggio con lui nei luoghi della sua amata Rita.
Proprio come sostiene Papa Francesco, nonna Marianna ha seminato nel cuore del suo nipotino quel seme che negli anni ha germogliato e sta dando frutti. Poi, la devozione della loro famiglia ha lasciato la dimensione familiare e ha sposato quella di tante famiglie come la loro e sono diventati tutti insieme comunità.
Nonna Marianna non c’è più: le sue pie pratiche, la promessa di portare la cintura tutti i giovedì, l’aver affidato la sua famiglia e in particolare gli studi della figlia Antonietta (mamma di Valerio), sono lontani, ma guai se non ci fossero stati.
La Pia Unione a Palermo è giovanissima ma molto attiva
Valerio, il primo davanti a sinistra, rende viva e attiva la devozione ereditata dalla nonna
La devozione di Palermo a Santa Rita ha radici lontane: gli agostiniani sono lì sin dal 1300, e agli inizi degli anni venti del Novecento ne hanno impiantato il culto con l’acquisto di un simulacro, ancora oggi oggetto di una sentita venerazione. Ma la PUP è giovanissima e risale a quest’anno l’affiliazione ufficiale dei devoti palermitani al gruppo di preghiera dedicato a Santa Rita.
Pensando a quanto bene ha fatto la PUP nella sua realtà, Valerio ha affermato “è una rilettura della devozione popolare. È riuscita a incanalare la nostra devozione in una dimensione nuova”.
Come vi abbiamo già anticipato la scorsa settimana, il numero di settembre-ottobre della Rivista Dalle Api alle Rose del Monastero Santa Rita da Cascia, che è in arrivo nelle vostre case, è dedicato al tema della maturazione. L’articolo centrale, in particolare, riporta la bella intervista di Rita Gentili a Padre Gabriele Pedicino, neo Priore della Provincia Agostiniana d’Italia. Scopriamola in anteprima!
Cos’è la maturazione?
Padre Gabriele immagina la maturazione come qualcosa che evolve e che accompagna tutta l’esistenza. “Credo ci sia un momento in cui ti accorgi che c’è una maturazione che dice che il bambino, l’adolescente, è diventato adulto, in cui si raggiunge una maturità che ti permette di vivere anche una stabilità propria dell’età adulta. Ma dire di aver raggiunto personalmente, qui e ora, una definitività e maturità, che invece hanno bisogno di essere riviste, di vivere nuove sfide, nuove avventure, anche delle nuove morti per delle nuove rinascite no, direi di no”.
Anche la mano del Signore ci accompagna
Nei primi passi credo che un ruolo importantissimo lo abbia la famiglia, i genitori. Ecco perché è così delicata oggi la questione famiglia ed è importante che i bambini crescano in un contesto dove sperimentino l’affetto, la benevolenza che gli fa sviluppare anche una sicurezza di sé, che nasce dall’essere voluti e amati.
Ma non è solo la famiglia. C’è la mano del Signore, che ci plasma ancora prima che noi veniamo al mondo, mettendoci intorno tutte le esperienze e le persone che possono favorire e promuovere e far crescere quel seme. Anche nella fede: il fare l’esperienza di Chiesa da bambini, avere a fianco testimoni consacrati, catechisti che hanno incontrato il Signore, certamente favoriscono, insieme alla famiglia, quel processo di maturazione.
Impariamo dal contadino
Noi non andiamo lontano o rischiamo di fare tanti danni se non impariamo a vivere questa maturazione come il contadino, che a volte deve molto attendere, fermarsi, non fare nulla. La preghiera, la riflessione, l’introspezione sono fondamentali per non fare danni e per far sì che la propria vita sia compiuta e completa.
Un messaggio per chi è anziano: non si finisce mai di dare frutto
Proprio perché ho detto che non si finisce mai di maturare, ugualmente non si finisce mai di dare frutto. Non c’è luogo, non c’è esperienza, non c’è tempo in cui non è possibile per la nostra vita essere generatori di vita, perché non c’è un tempo in cui la nostra esistenza non è interpellata a essere feconda. Si può essere anziani, si può essere infermi, ci si può riconoscere sempre più bisognosi dell’altro, ma credo che fino all’ultimo istante, fino all’ultimo respiro possiamo essere strumenti nelle mani di Dio, possiamo essere una parola di Dio.
E per i giovani: vivete senza fretta e paura
La fretta minaccia la vita dei più giovani. Ai tanti ragazzi che ho accompagnato ho sempre detto che c’è un tempo per vivere le relazioni e viverle in una certa maniera, per investire nel campo del lavoro. Non fare le cose troppo in fretta, non voler diventare subito adulti, non voler fare subito tutte le esperienze, imparare che quello era il tempo del gioco, della leggerezza, il tempo per lasciarci prendere dallo stupore.
Perché poi, a volte, ci accorgiamo di vivere con adulti che sono rimasti acerbi perché il frutto è stato raccolto troppo presto e non c’è stata quella maturazione che passa attraverso le delusioni, i fallimenti, l’attesa, tutte cose che ci fanno una gran paura e che sono invece il segreto perché il frutto sia a giusta maturazione.
Gli ingredienti della maturità
Il Signore ha assunto un corpo, ha voluto assumere la natura umana: ha avuto fame, sete, sonno, ha pianto per la morte di un amico. Questa umanizzazione della nostra fede credo sia importantissima oggi, come strumento per aiutare tutti, giovani e meno giovani, a vivere gli ingredienti che garantiscono la maturità di cui abbiamo parlato.
Primo, la pazienza, e chi meglio dell’uomo di fede sa attendere; poi, il saper scorgere nell’esperienza e nei segni del tempo un insegnamento, e chi meglio dell’uomo di fede deve fare tutto questo interpretando quel che gli accade non come il caso ma come il disegno di Dio; infine, il saper scorgere nell’altro una parola del Signore per la propria vita, da cui poter sempre imparare qualcosa e chi meglio dell’uomo di fede riconosce nell’altro un messaggero, un profeta, una pagina di Vangelo che Dio ci dona.
Credo che la fede, se vissuta in maniera matura, se è un interrogarsi continuamente sulla volontà di Dio, sul dove sta passando la volontà di Dio in ciò che mi accade, su come mi sta parlando il Signore, non solo aiuti l’uomo a crescere nella fede ma formi veramente l’uomo e lo fa diventare un uomo maturo.
Continuando a sfogliare insieme il numero di settembre-ottobre della Rivista del Monastero Santa Rita da Cascia, Dalle Api alle Rose, le pagine ci portano alla rubrica Nel Mondo, curata da Rita Gentili, che accoglie le storie di devozione dall’estero, in questo caso dagli Stati Uniti D’America con la testimonianza di Daniela.
Dalla Sicilia alla California: tanto è lungo il filo di devozione che ci racconta Daniela Miele
Nata a Vittoria, in provincia di Ragusa, 53 anni fa, a diciotto Daniela si trasferisce con la mamma Carolina, il papà Angelo e la sorella Simona dall’altra parte del mondo, in California, dove costruiscono una nuova vita. Non senza difficoltà e non senza la nostalgia di casa, dove è rimasto e vive tutt’ora il fratello Gaetano. A 21 anni, Daniela ha la fortuna – così la definisce la donna – di conoscere l’amore della sua vita, Franco, anch’egli di origini italiane ma nato negli Stati Uniti, che sposerà appena un anno dopo. Dall’amore della coppia nasceranno Melissa e Cassandra, 30 e 29 anni, cresciute, racconta Daniela, secondo “le nostre tradizioni e cultura italiane”.
Nella disperazione, si ricorda della santa dei casi impossibili
Fin da piccola, Daniela sente parlare di Santa Rita, la santa dei casi impossibili, ma mai ne approfondisce la storia. Fino al 1995. Mentre partecipa con il marito a una festa di Natale, Franco, che aveva appena aperto il suo studio dentistico, perde conoscenza. Al risveglio è completamente disorientato e lamenta un intorpidimento al lato sinistro della testa.
“Lo abbiamo portato in ospedale – racconta Daniela – fatto esami ma non abbiamo riscontrato alcun problema”. Tornato a casa, Franco continua a lamentarsi dell’intorpidimento e con il passare dei giorni si sente sempre più stanco. Il suo sistema immunitario inizia a cedere e Franco sviluppa una grave infezione. “Era molto frustrante – ricorda Daniela – perché non si riusciva a determinare la causa del malessere. Andò avanti così per mesi, abbiamo perso lo studio aperto da poco e io temevo di perdere mio marito”.
Nella disperazione, Daniela si ricorda della santa dei casi impossibili. “Le ho chiesto di aiutare mio marito e le ho promesso che in segno di devozione e riconoscenza avrei sempre indossato l’abito da suora come il suo il 22 maggio. Dal giorno dopo, letteralmente, mio marito ha cominciato a migliorare”. Sette mesi dopo, Franco era di nuovo a lavoro, come collaboratore presso un altro dentista. Da allora, Daniela ogni 22 maggio indossa l’abito monacale agostiniano.
Nel 2023 ha realizzato il sogno di essere a Cascia per la festa di Rita
Nel 2023 lo ha fatto stando a Cascia: “Ho avuto la fortuna di realizzare il mio sogno di venire a Cascia e partecipare alla processione. Quando sono arrivata e ho visto la Basilica mi sono venute le lacrime. L’emozione che ho provato non la dimenticherò mai: una sensazione travolgente di pace e vicinanza spirituale a Santa Rita. Un pellegrinaggio pieno di incontri con la straordinaria gente di Cascia che, pur non conoscendomi, mi ha accolta e fatto sentire come se la conoscessi da anni”.
Da ormai 28 anni, Daniela non si limita a ringraziare e vivere la sua devozione a Santa Rita ma ne diffonde la conoscenza verso gli altri, specialmente coloro che hanno problemi nella vita e sono spiritualmente persi. “Santa Rita è una ispirazione per me e per tutte le donne del mondo – commenta Daniela. Le prove che ha subìto durante la sua vita ci sembrano insopportabili ma lei, con la sua fede e il suo amore verso Dio, è riuscita a vincere tutto. Prego Santa Rita perché ci aiuti a credere che con Dio tutto è possibile”.
Oggi vogliamo riflettere su un tema importante, un argomento che ci sta molto a cuore, ovvero l’impegno civile di noi cristiani. Da monache di vita contemplativa, riteniamo, infatti, che l’impegno sia una dimensione altrettanto fondamentale della nostra fede, per viverla davvero e in modo concreto. Un impegno che ci spinge a lavorare per il bene comune e a trasformare la società secondo i principi del Vangelo.
Non è una cosa da santi ma una strada per tutti noi
Dice Papa Francesco: «contemplare e agire, ora et labora insegna San Benedetto, sono entrambi necessari nella nostra vita di cristiani» (Udienza generale, 17 aprile 2013). Contemplare e agire. Come ci insegnano i santi, tra cui il nostro amato Sant’Agostino, la cara Santa Rita, la Beata Madre M. Teresa Fasce.
Unire spiritualità a impegno, però, non è una “cosa da santi” e ce lo indicano tanti esempi di uomini e donne più vicini ai nostri tempi. Ognuno di noi può fare, agire nella e per la società, sull’esempio di Gesù Cristo, Primo Modello. È così, che un santo può diventare tale. L’importante, quando siamo al bivio della scelta “dove schierarmi?”, è tenere presente che l’alternativa alla violenza non è la nonviolenza, intesa come semplice negazione della stessa.
Sempre dalla parte della vita, anche se costa fatica
La scelta che abbiamo davanti è tra la violenza e la vita. E la vita ha a che fare con la verità. Sembra banale, chiaro che scegliamo tutti la vita. Nei fatti, però, la storia dell’umanità dimostra che, al momento della decisione, quando si trova davanti a quel bivio, l’uomo sceglie più facilmente la violenza, l’odio, rispetto alla vita e alla verità.
Scegliere la vita e la verità richiede molto lavoro, impegno, perché questi valori presuppongono la solidarietà, il rispetto, la messa in discussione. E soprattutto il coraggio. Sì, perché scegliere la verità e la vita richiede lavoro. Ma, ricordate: «il Signore crocifisso e risorto ci guida; con noi ci sono tanti fratelli e sorelle che nel silenzio e nel nascondimento, nella loro vita di famiglia e di lavoro, nei loro problemi e difficoltà, nelle loro gioie e speranze, vivono quotidianamente la fede e portano, insieme a noi, al mondo la signoria dell’amore di Dio, in Cristo Gesù risorto, asceso al Cielo, avvocato per noi» (Papa Francesco, Udienza generale, 17 aprile 2013).
Santa Rita ha guardato a Cristo
La realtà in cui Rita è vissuta, seppur diversa, non è mai stata più facile di quella in cui noi viviamo. Pensiamo solo che le malattie minacciavano l’esistenza di tutti, soprattutto di quelli che, a causa di una povertà diffusa, non potevano alimentarsi a sufficienza; davanti a queste oggettive difficoltà, come purtroppo capita spesso, invece di fare causa comune a vantaggio di tutti, la popolazione si era divisa in fazioni che, conducendo l’una contro l’altra una sanguinosa guerra, non facevano che aggiungere dolore al dolore.
Davanti a questo quadro, Rita, invece di perdersi d’animo o chiudersi in un universo privato, si è rimboccata le maniche e ha iniziato ad agire con forza per rispondere ai bisogni del suo tempo. La tradizione riferisce della sua premura nel soccorrere gli ammalati e i poveri, e soprattutto davanti alle lotte fratricide, che portarono all’uccisione di suo marito Paolo, reagì invocando e ottenendo perdono reciproco e riconciliazione.
La santità non è mai disimpegno e presa di distanza dalla sofferenza delle persone: questo aveva capito Rita, come tutti gli altri santi del passato e del presente. I Vangeli ci danno la viva rappresentazione del Signore Gesù sensibile alle sofferenze dell’umanità, fino al punto di prendere su di sé, da innocente, il peccato di tutto il mondo: è proprio Lui, il modello per ogni cristiano che voglia davvero amare in modo concreto e operoso, donandosi con gioia e gratuitamente, senza aspettarsi nulla in cambio, se non la dolce consapevolezza di essersi speso nell’imitazione del maestro, il Signore Gesù.
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