Solennità di Tutti i Santi e commemorazione dei defunti alla Basilica di Santa Rita
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Dal 4 novembre i nuovi orari del Santuario di Santa Rita da Cascia
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“Dio ha su ciascuno di noi un progetto d’amore”: i 60 anni di professione religiosa di Suor Pia Conversa
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Santa Rita è rifugio di pace per tutti i cuori in tormenta
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Nel silenzio si trovano risposte oltre le domande
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Traduciamo il Vangelo in gesti concreti
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Un ponte tra il Monastero e i devoti
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Scoprire la solitudine vitale abitata da Dio
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Premio “Madre Maria Teresa Fasce”, il 12 ottobre a Paola Veglio: per un modo responsabile e sostenibile di fare impresa
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Nella settimana in cui ci prepariamo a commemorare i defunti, vogliamo cercare di rispondere a una delle domande più ricorrenti che ci arrivano: i nostri cari defunti ci guardano?
Questo è uno dei temi trattati nel libriccino “Aiutami a superare il lutto” del nostro Monastero Santa Rita da Cascia, edito da Tau editrice per la collana Rita Quotidiana, in cui le monache invitano a elaborare la perdita, guardando alla Resurrezione, andando oltre per rinascere, seguendo l’esempio di Santa Rita.
La comunione perfetta con i nostri cari c’è solo in Cristo
È facile capire, anche se il nostro cuore non ha mai provato la sofferenza della perdita, quanto sia forte il desiderio di mantenere almeno un qualche legame coi nostri cari che sono morti. Ma, è essenziale non perdere noi stessi alla ricerca di strade che, invece di condurci alla costruzione di qualcosa, possono solo portarci alla distruzione di tutto.
Quello che Gesù ci ha promesso non è racchiuso all’interno di un luogo fisico, bensì di una relazione, di una vita che dopo la morte viene vissuta eterna e bella insieme al Cristo, in comunione stretta con la sua stessa vita. Se lasciamo che il Vangelo di Gesù entri nel nostro cuore per riempirlo, questa promessa vale per ognuno di noi.
Santa Rita che, nella sua vita ha perduto prima il marito e poco dopo anche i loro due figli, ha vissuto ogni giorno nell’attesa di riabbracciare i suoi cari. Un’attesa che è stata resa pura e costruttiva dall’amore del Signore, perché Rita si è messa nelle braccia di Gesù e lì ha aspettato.
Nell’attesa, l’amore di Dio è l’unica strada in grado di elevarci verso il Cielo e di permetterci di raggiungere uno stato di pace e pienezza. Il vincolo di unione fra noi e i nostri defunti diventa, allora, possibile.
A volte le risposte alle nostre preghiere, si trovano nel perdere qualcosa, come la rabbia, il rancore e la paura della morte. Trovando, di contro, l’Amore di Dio, che tutto può e tutto unisce.
La storia di Giorgio: come vorrei che da lassù qualche volta Colette mi guardasse…
A Santa Rita, chiedo con tutto me stesso di darmi la forza di andare avanti, perché sono trascorsi due anni dalla morte di mia moglie, ma io ancora non mi consolo. Ho riempito la casa delle sue fotografie, le parlo come se fosse ancora qui, ma niente… non riesco proprio a trovare conforto. Come vorrei che da lassù qualche volta Colette mi guardasse, che vedesse quanto bene le volevo e le voglio ancora oggi, anche se lei non c’è più al mio fianco… I nostri cari scomparsi hanno ancora un pensiero per noi?
Giorgio ci ha scritto per avere una risposta a questi interrogativi, per trovare un po’ di quella speranza e serenità che aspetta da tempo.
Chi ci lascia in questa vita terrena ci ha solo preceduto nella Casa del Padre per ricevere il premio delle sue virtù. Nell’attesa, dal Cielo veglia e intercede costantemente per i suoi cari e sa quanto bene noi gli vogliamo.
Dal paradiso ci guarda e ci attende, e un giorno tutti insieme faremo festa per l’eternità.
Questa certezza deve essere la nostra consolazione. Insieme alla presenza amorosa del Signore, dobbiamo credere di riuscire a sperimentare sempre anche quella dei nostri cari defunti.
PASSAGGIO ALL’URNA Ogni ultimo giovedì del mese – dopo la S. Messa delle ore 17:00
PREGHIERA ALLA BEATA MARIA TERESA FASCE primo venerdì del mese ore 17:00 Santa Messa e preghiera in Cripta (Basilica Inferiore)
CONFESSIONI Feriali: dalle ore 9.00 – 12.30 e dalle ore 15.30 – 18.00 Festivo e prefestivo: dalle ore 7.00 – 12.30 e dalle ore 15.30 – 18.00
Per aggiornamenti, è possibile contattare l’Ufficio Informazioni del Santuario: tel. +39 0743 75091 – [email protected]
Nella Basilica di Santa Rita, domani pomeriggio, Suor Maria Pia Conversa celebrerà il suo 60° anniversario di Professione solenne. La sua è una testimonianza di gratitudine al Signore che può essere esempio per tutti noi.
Nata a Noicattaro, provincia di Bari, entra nel Monastero di Santa Rita il 16 novembre del 1962. Oggi ha 83 anni e ringrazia il Signore che gli ha insegnato a vivere il dono di se stessa nella preghiera e nella vita quotidiana.
A 21 anni avevo solo un sogno, oggi ho tutta una vita in cui piano piano ho preso consapevolezza di essere nella mani della Sua misericordia e di essere diventata un Suo ‘prodigio’!
Ero una ragazze come tante, ma la Parola irruppe nella mia anima, nel mio cuore
Dio ha su ciascuno di noi un progetto d’amore, tutti siamo chiamati a scoprirlo per viverlo con dedizione.
Ero una ragazza come tante, piena di sogni e vitalità, amante della vita. A 21 anni, nel mese di maggio, dedicato a Maria, accolsi l’invito di alcune amiche a frequentare la preghiera mariana e la Parola irruppe nella mia anima, nel mio cuore. Fu l’inizio di un cammino di approfondimento le cui tappe orientarono la mia vita verso la totale consacrazione contemplativa agostiniana. Ammetto che mi sorprendeva il timore di non essere in grado di rispondere con responsabilità alla chiamata divina.
Il timore, lo superai grazie al sussurro della Parola dedicata a Maria, che risuonava come una continua cantilena nell’intimo: “Bruna sono ma bella” (Cantico dei cantici, 1,5). Bruna per la fragilità creaturale, ma bella per la “grazia” che trasforma la persona rendendola capace di generare e portare Cristo Gesù al mondo intero nella preghiera.
È Dio che opera in ciascuno di noi
“La tua grazia vale più della vita” (Salmo 62)… È Dio che opera in ciascuno di noi; giorno dopo giorno, Egli porta a compimento la sua opera, bisogna essere sempre attenti e aperti ai suoi continui richiami. La Parola ha illuminato, sostenuto e confermato il mio cammino in questi anni di consacrazione al Signore.
Per la Professione solenne, quella dei voti “per tutta la vita”, scelsi le parole della Sacra Scrittura: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, perché forte come la morte è l’amore» (Cantico dei Cantici, 5,6). In esse mi ritrovo, poiché noi contemplative agostiniane riceviamo l’anello con Cristo Crocifisso, segno nuziale di alleanza eterna tra la consacrata e Cristo e Dio Padre tramite la Chiesa. La vita contemplativa agostiniana si forma alla scuola della Parola, che accolta, risuona in un continuo movimento armonico nell’animo-cuore, come musica che è espressione di tutti i movimenti forti, acuti, meno forti, piano, pianissimo, fortissimo, dolce…
La Sua Parola scardina i nostri egoismi
Così è ogni giorno il confronto della consacrata con la Parola che scardina ogni egoismo, raddrizza la volontà, affinché assuma “gli stessi sentimenti di Cristo”, Colui che è splendore e consola.
La Comunità Agostiniana è consacrata all’Amore, cerca di assomigliare ed esprimere l’immagine radiosa della Trinità Santa. Ciascuna cerca di essere se stessa accogliendo l’altra nell’Amore. È scuola di umanità più ricca perché sempre protesa ad attingere la pienezza di vita da Cristo Signore.
Un’umanità che qui a Cascia si fa viva con l’ascolto dei pellegrini. I loro dolori e le loro gioie sono per me uno stimolo nella preghiera al Signore.
C’è una rubrica nella rivista Dalle Api alle Rose dove la vostra voce, le innumerevoli testimonianze di Grazia che arrivano al Monastero, vengono simbolicamente confidate direttamente alla santa.
E’ Cara Santa Rita, dove Maurizia Di Curzio, assistente al servizio di ascolto del Monastero Santa Rita da Cascia, immagina di scrivere a Rita ciò che le arriva al cuore, cercando di cogliere un segno, un messaggio utile per tutti noi. Scopriamola nel numero di settembre-ottobre!
Una santa amata da donne e da uomini
Cara Santa Rita, negli atti del tuo processo di beatificazione del 1626 (conservati nell’Archivio storico diocesano di Spoleto), tra le varie testimonianze raccolte, si evidenzia come la Tua venerazione non sia prerogativa del mondo femminile.
Per la tua storia, che ha abbracciato ogni fase della vita di una donna, potremmo infatti pensare che manchino le così dette ‘quote blu’ tra i Tuoi devoti, ma saremmo smentiti. In una delle deposizioni fatte in data 22 ottobre 1626 viene così riportato “Io ho visto venire in diverso tempo, più e diverse persone al seppolcro della detta Beata Rita, tanto homini e donne di questo paese come anco forastieri…”.
La storia di Marcello: un ‘temporale’ si sta abbattendo su di lui
Marcello con la sua storia ne è un esempio. Umbro di origine, nella sua famiglia ha “respirato” l’amore: pregavano sempre la loro Meraviglia, così parla di Te. Trasferitosi per lavoro, si sposa e ha tre figli. Ma, non manca anno che non venga a trovarTi. Ormai in pensione dedica molto del suo tempo alla sua parrocchia. Con il suo canto, talento in lui innato, accompagna i fedeli nei momenti di preghiera. Marcello sa come ogni talento è compito e responsabilità. È il 22 maggio e, insieme a quello per la Beata Vergine Maria, non può non preparare un addobbo anche per Te.
Marcello sta vivendo giorni di angoscia, un temporale si sta abbattendo su di lui, la diagnosi non è buona e questo lo turba molto. Senza pensarci va nella chiesa madre e prende la Tua statua, la porta nella chiesina dove si celebrerà la messa. Sistema le rose, lascia cadere dei petali in terra; prepara tutto con infinita dovizia di particolari. È tutto pronto, i parrocchiani sono estasiati, si può far festa alla santa.
… ma nella tempesta non è solo…
Marcello non sa come andrà, deve ancora fare degli accertamenti; non sa se potrà dire di aver ricevuto la grazia di guarigione. Ma da quando ha abbracciato la statua di Santa Rita il suo cuore non è più in tormenta.
Non si aspetta che la tempesta gli sia evitata, ora sa che nella tempesta non sarà solo. Ha ritrovato la forza nascosta in lui, non ha paura. In lui risuonano le parole di Gesù: “Non avere paura, abbi fede, io sono con te”… insieme alla sua Meraviglia.
“C’è una dimensione trascurata nel nostro tempo, radicale, eppure fondamentale per la vita umana: il silenzio”. Inizia così l’articolo di Suor Giacomina Stuani, direttrice editoriale della Rivista Dalle Api alle Rose, sull’ultimo numero di settembre-ottobre.
Scopriamo perché è necessario, secondo l’agostiniana, non trascurare il silenzio nella nostra quotidianità.
Non è mai rinuncia
Se cerchiamo la definizione di silenzio sui vocabolari troviamo: relativa o assoluta mancanza di suono o rumore; un ambiente che produce suono inferiore ai 20 decibel viene considerato silenzioso; in senso figurato, può indicare l’astensione dalla parola o dal dialogo, ecc… Eppure, il silenzio non è solo negazione o interruzione della comunicazione, ma un mezzo di espressione di pensieri ed emozioni, è messaggio.
Il silenzio è condizione dell’ascolto. Può essere scelta deliberata e consapevole per farsi ascoltare e per ascoltare. Oppure per parlare un linguaggio diverso,che non metta maschere, attraverso le parole, al nostro vero pensiero. Il vero silenzio non è mai rinuncia.
Siamo immersi nel rumore
Non dobbiamo avere paura del silenzio, cosa invece abituale per la società odierna, che sembra rimuoverlo, escluderlo, esorcizzarlo. Siamo immersi nel rumore, travolti e confusi da una valanga di informazioni che ci raggiungono da tutte le parti, abituati a riempire ogni piccolo vuoto.
Il silenzio invece è un compagno discreto con il quale viaggiare dentro noi stessi per trovare le risposte che spesso cerchiamo fuori in centinaia di parole. Amare il silenzio come momento d’intimità da vivere con noi stessi, sentirlo come un compagno fedele che non tradisce, che ci lascia pensare senza interromperci, che arricchisce le nostre giornate e ci aiuta a comprendere il senso della vita.
L’interiorità va ascoltata in silenzio
Il silenzio è nutrimento per l’anima. L’uomo moderno deve ritrovare la consapevolezza che il silenzio rimane il grande maestro capace di accompagnarlo sulle vie del senso e di Dio. La via del silenzio è uno dei grandi tesori che, insieme alla fraternità e alla Scrittura, ci sono stati consegnati dalla tradizione cristiana e che dovrebbero essere ripresentati in tutta la loro bellezza.
Nel Discorso 52 (9, 22) il Santo Padre Agostino dice: “Lasciamo qualcosa anche alla riflessione personale, concediamo qualcosa anche al silenzio. Rientra in te e cerca di sottrarti a qualunque frastuono; guarda se dentro di te hai una dolce e segreta cella della tua coscienza, dove tu non faccia del chiasso, tu non abbia a litigare, o a tramar liti, dove tu non abbia a escogitare discordie e caparbietà. Sii mansueto ad ascoltare la parola per comprendere”.
Il silenzio è necessario nella nostra vita perché noi viviamo di parole e di silenzi. In quanto credenti, ci è necessario perché in esso vi troviamo momenti insostituibili della nostra personale esperienza del mistero di Dio. Nel silenzio ascolto il Signore, sono attento alla sua Presenza e alla Sua Parola.
“Il Padre pronunciò una parola, che fu suo Figlio e sempre la ripete in un eterno silenzio; perciò in silenzio essa deve essere ascoltata dall’anima” afferma San Giovanni della Croce. Dovremmo trovarci umanamente sempre “senza parole” davanti alla grandezza del mistero di Dio e alla bellezza del suo amore. L’uomo è in grado di rientrare in se stesso e di fare esperienza della presenza nascosta e silenziosa di Dio.
Nessuno di noi si può dispensare dall’essere umile e insistente cercatore di Dio nel silenzio. “Sta’ in silenzio davanti al Signore, e spera in Lui” (Salmo 36, 7).
Nella Rivista Dalle Api alle Rose di settembre-ottobre, Padre Josef Sciberras, Postulatore Generale della Curia Generalizia dell’Ordine di Sant’Agostino, che nella sua rubrica promuove le cause di canonizzazione degli appartenenti alla Famiglia Agostiniana, ci presenta l’esempio di vita del Servo di Dio Francisco Cantarellas Ballester.
Lui lo definisce “Apostolo della semplicità“. Scopriamo insieme cosa possiamo imparare dalla sua storia!
Da sacrestano è vicino alle persone e a loro porta la devozione per Santa Rita
Nel piccolo villaggio di Muro, nell’isola spagnola di Maiorca, il 15 agosto 1884 nacque Francisco. Dopo la prima educazione, cominciò a lavorare con suo padre fino a quando a 20 anni entrò nella comunità agostiniana di Palma. Qui, i frati, tornati alla loro storica chiesa della Madre del Soccorso, avevano iniziato il progetto di un collegio per i bambini della città.
Dopo il servizio militare Francisco fa il suo noviziato al Monastero di El Escorial. Professa i primi voti il 29 settembre 1909 e quelli solenni nel 1915. Viene inviato nuovamente a Palma con l’incarico principale di sacrestano. Il suo lavoro lo porta in contatto diretto con molte persone che si recano alla chiesa specialmente per devozione a Santa Rita, di cui la chiesa, dopo la canonizzazione, era diventa centro propulsore, anche grazie a Francisco, apostolo delle meraviglie della santa!
Insegna ai più piccoli e aiuta gli ultimi
Fra Francisco insegna ai piccoli studenti del collegio utilizzando la pedagogia dell’esempio. Di nascosto dei suoi confratelli aiuta la gente più misera. Per tutti aveva una buona parola, un sorriso consolante, un gesto caritatevole. Umile, cerca i posti meno visibili. Uomo di profonda preghiera, quando si liberava dai doveri, si metteva nel suo angoletto favorito a pregare. La sua presenza assicurava un tratto umano e gentile, sereno, gioioso e accogliente. Fino alla fine lavora per il buon mantenimento del tempio, con una schiera di chierichetti, lasciando nelle generazioni un segno indelebile.
Muore il 22 aprile 1968, a 83 anni. Era un costruttore di comunione, sia nella comunità agostiniana, sia fuori di essa. I testimoni raccontano le sue virtù, specialmente l’umiltà che silenziosamente gridava una forte presenza evangelica. Per la fama di santità di cui gode tutt’ora, venne aperta la causa di beatificazione, per la quale la fase diocesana è stata felicemente conclusa il 26 aprile 2024.
Portiamo avanti il progetto di Dio, anche quando è fatto di piccoli gesti
Il Servo di Dio, vero apostolo della semplicità, ci insegna a portare avanti il progetto di Dio con determinazione, pur quando è fatto di piccoli gesti, cose quotidiane, scelte che potrebbero risultare insignificanti agli occhi del mondo che cerca fama, grandezza e gratificazione immediata.
Fra Francisco ricorda che la comunione si costruisce con piccoli e costanti gesti evangelici, con il portare avanti le proprie responsabilità con gioia e allegria, ma allo stesso tempo con radicale e profonda umiltà, che nel silenzio della preghiera ci fa scoprire la verità di noi stessi.
L’esposizione “Dalle Api alle Rose: 100 anni in mostra (1923-2023)” la mostra che nel 2023 ha celebrato i 100 anni della Rivista di Santa Rita da Cascia, ci ricorda una cosa semplice quanto importante. Le pagine della rivista da oltre 100 anni, appunto, sono un ponte che mette in collegamento le monache, il mondo e i luoghi di Santa Rita con tutti i devoti che si trovano in Italia e ovunque nel mondo.
Tradotta in inglese, francese, spagnolo, portoghese, tedesco e dal 2024 anche in polacco, la rivista è nata per volere della Beata Madre Maria Teresa Fasce, che da Badessa del Monastero nel 1923 capì già quanto era importante costruire e coltivare il rapporto con i figli e le figlie di Rita, che oggi sono sempre di più. E per le monache rappresentano una vera famiglia!
Ogni giorno in ogni modo, da sempre vicini
Tra il Monastero e i devoti di Rita c’è da sempre un legame speciale, che si fa contatto coi colloqui, le lettere e più recentemente con le mail e la comunicazione sui social. Anche la Rivista ne è strumento.
Fin dall’inizio si pone in relazione coi lettori, con una comunicazione diretta, franca, riconoscibile e una sua personalità. E, se per chi la scrive i devoti sono un ‘voi’ sempre presente, la stessa attenzione e partecipazione si riscontra da parte dei lettori. Commentano gli articoli, condividono grazie ricevute, notizie come nascite o ricordo dei defunti e lettere. La risposta alla prima lettera è pubblicata già nel 1923 come “lettera aperta”; esprime vicinanza, speranza, consiglia e incoraggia.
Grazie alla Madre Priora, Suor Maria Rosa Bernardinis, nella rivista Dalle Api alle Rose di settembre-ottobre, si parla della solitudine, condizione che sempre più ci accompagna personalmente e anche in famiglia.
Nella sua rubrica, dedicata proprio alle gioie e alle difficoltà di essere famiglia oggi, la Madre affronta così un tema centralissimo e molto attuale nella nostra società, riflettendo una solitudine positiva quella abitata da Dio, come dimensione da recuperare e sulla quale farci forza per uscire invece da quella negativa, baratro dell’umanità.
Siamo esseri sociali, ma abbiamo anche bisogno di stare con noi stessi
L’uomo è per natura portato a socializzare per vivere, crescere, dare senso alla sua vita ed essere felice. Ha bisogno di crescere nella conoscenza di sé, nella fiducia, nella forza interiore che ha di rispondere all’amore ricevuto col ricambiarlo. L’uomo però ha bisogno anche di stare con se stesso, non necessariamente in uno spazio fisico, ma interiore.
C’è, infatti, una solitudine che aiuta a stabilizzare le scelte; che riporta l’animo alla calma, se agitato in superfice da tempeste emotive o relazionali; richiama alle scelte fondamentali se si fossero offuscate o smarrite.
Lasciamo entrare Dio
Ma, questa “cella interiore”, è un toccasana per l’anima e lo spirito, solo se lasciamo entrare Dio. Perché “Dio che è più dentro di noi della nostra parte più interna e più alto della nostra parte più alta” (Sant’Agostino, Le Confessioni), attende alla porta e bussa, perché lo facciamo entrare. È proprio Dio che dà pace, purifica le imperfezioni che emergono; con Lui possiamo leggerle e trasformare le tenebre in luce! In questo spazio senza filtri avviene l’incontro che cambia la vita rendendola sempre più somigliante all’Autore.
Senza il Signore la solitudine è spaventosa
Quando si ha la certezza di essere amati in modo unico dal Signore, “nulla più ci turba, nulla ci spaventa”. Senza di Lui la solitudine è davvero spaventosa. Porto un esempio nella persona del profeta Elia. Egli, docile al comando divino, si ritira nel deserto, certo che Dio provvederà al lui. Così avviene. Qui rafforza il suo rapporto con Dio e si sente pronto per affrontare i profeti di Baal e preso dallo zelo li stermina. La regina Gezabele viene a sapere di ciò, lo minaccia di morte; lui fugge nel deserto e cade in una profonda depressione da cui Dio stesso lo trarrà fuori e gli farà percorrere un cammino d’interiorità che lo porterà a scoprire la presenza del Signore, non nelle forze potenti e distruttive del fuoco, del terremoto, del vento impetuoso, ma nella brezza sussurrata. (Primo libro dei Re).
Un esempio luminoso lo troviamo poi in Gesù. Lui, perfetto uomo e Dio, non aveva bisogno di purificare la memoria, ma sicuramente nel silenzio delle notti, in preghiera con il Padre, trovava conforto per la missione per cui si era incarnato, di fronte alle delusioni dei suoi e dell’incalzare dell’ostilità degli avversari. Questa è la vera e feconda solitudine che rendepiena la vita.
Sabato 12 ottobrealle 17:15 nella Basilica inferiore del Santuario di Santa Rita a Cascia, torna l’appuntamento con il Premio “Madre Maria Teresa Fasce”. Badessa del monastero oggi beata che ha segnato la storia anche per il suo ‘fare imprenditoriale’, col Premio a lei intitolato le monache vogliono promuovere un’imprenditoria ispirata al Vangelo e un’economia solidale.
Alla seconda edizione, il riconoscimento 2024 sarà consegnato a Paola Veglio. Imprenditrice piemontese che attraverso la sua azienda punta tutto sulla crescita e sul benessere delle persone e sullo sviluppo del territorio.
La Priora: “In questo tempo lacerato dalle guerre, mettere le persone prima, vuol dire promuovere anche la pace”
“Il premio Madre Fasce è dedicato alle donne che scelgono di essere protagoniste della necessaria rivoluzione solidale dell’economia. Facendo impresa non solo per il profitto ma per generare impatto sociale e umano. In società segnate da crisi, conflitti e disuguaglianze, il modello di imprenditoria ispirato al Vangelo che la Fasce ci insegna è più attuale che mai. E richiama all’etica e alla sostenibilità. Lei è stata una vera ‘imprenditrice di Dio’, che nel 1900 ha costruito a Cascia, e da qui diffuso, un’impresa del bene, fondata sulla carità e sui valori cristiani incarnati da Santa Rita. In questo tempo sempre più lacerato dalle guerre, aprire il cuore agli altri in ogni ambito, sociale, economico e politico, mettendo le persone prima di ogni interesse personale e al centro di ogni azione, vuol dire promuovere anche la pace”.
Il messaggio di Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, Suor Maria Rosa Bernardinis.
Fare impresa può cambiare il mondo
Ricevere un premio è sempre una grande soddisfazione, perché ci si rende conto di aver fatto qualcosa di buono. Ricevere questo premio ha un valore per me enorme, perché, dopo aver letto la sua biografia, ho trovato in Madre Maria Teresa Fasce un mondo magnifico, fatto di testardaggine, dove si va contro tutto e tutti per assecondare il bisogno spasmodico di aiutare il prossimo. In Lei ho avuto la conferma che cerco da una vita. Cambiare il mondo è possibile, se solo lo vogliamo”.
Paola Veglio, Premio Madre Maria Teresa Fasce 2024
Paola Veglio
A Paola Veglio, donna, ingegnere e imprenditrice, per aver saputo far crescere la sua azienda mantenendo l’attenzione verso le persone e per aver guardato al territorio con progetti e azioni capaci di migliorare la qualità della vita della comunità. Questa la motivazione del 2° Premio “Madre Maria Teresa Fasce”.
Due donne unite dallo stesso sguardo verso gli altri
Tra Paola Veglio, amministratore delegato della Brovind di Cortemilia (Cuneo) che opera nel settore metalmeccanico, e la Beata Maria Teresa Fasce ci sono molte similitudini. A legarle è quello sguardo diretto oltre i confini del monastero e dell’azienda per una vera rivoluzione orientata all’umanità.
Dipinto della Beata Madre Maria Teresa Fasce
Le unisce la determinazione nel portare avanti le scelte. Dovendo lottare anche per affermarsi, da donne, in mondi diversi ma dove conquistare il proprio spazio non era e non è scontato. Contraddistingue entrambe l’umanità, l’attenzione e l’apertura agli altri. E la capacità di riconoscere i bisogni del territorio e l’impegno nel dare risposte concrete. La Fasce è stata fautrice dell’attuale Basilica di Santa Rita e dell’Alveare di Cascia che da 86 anni accoglie minori e li accompagna nella crescita. Mentre Paola Veglio ha rilanciato l’occupazione locale, ha lavorato sul welfare aziendale attraverso l’asilo, gli assistenti sociali, la mensa, che di sera si trasforma in ritrovo per cittadini e turisti.
Il Premio
Fisicamente il premio, opera d’arte unica che rappresenta la concretezza della carità,è una piramide dalla base esagonale sovrastata da un fiore i cui petali diventano fiamme e custodiscono il cuore infiammato agostiniano. E’ realizzato da Suor Elena Manganelli, artista e monaca agostiniana, che sulla parte frontale ha inserito delle piccole api. Richiamano la simbologia ritiana, l’operosità e le Apette dell’Alveare, così come la Fasce chiamò le bambine, allora orfane, accolte dalle monache.
GLI EVENTI A CASCIA. IL 12 OTTOBRE, ANCHE IN DIRETTA STREAMING
Gli eventi legati alla festa liturgica della Fasce, nel 27° anniversario della sua beatificazione, si uniscono a quelli del Premio che porta il suo nome.
Si parte dal Solenne Triduo, in programma dal 9 all’11 ottobre in Basilica Inferiore. Santa Messa tutti i giorni alle ore 18:00 celebrata dal nuovo Priore della comunità agostiniana di Cascia, Padre Juraj Pigula.
Ad aprire gli appuntamenti del Premio Fasce, venerdì 11 ottobre alle 11:00 presso la Sala della Pace, l’incontro riservato agli studenti del territorio. Conduce Cristiana Caricato, vaticanista di Tv2000, con Paola Veglio e Suor Giacomina Stuani, economa del monastero e direttrice editoriale della Rivista Dalle Api alle Rose, che la stessa Fasce creò nel 1923.
Infine, sabato 12 ottobre, dalle ore 16:00 in Basilica Inferiore che custodisce il corpo della Beata Fasce, Messa Solenne, presieduta dall’Arcivescovo di Spoleto-Norcia, Monsignor Renato Boccardo. E alle 17:15 incontro e premiazione, sempre con Cristiana Caricato: interverranno insieme alla premiata, Suor Maria Rosa Bernardinis e Suor Giacomina Stuani. Gli eventi di sabato pomeriggio saranno anche in diretta streaming.