Oltre la disabilità: la storia di Gennaro e sua mamma Eleonora
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Davanti alla crisi occorre dialogo sincero reciproco: i consigli della Priora
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Servire e amare erano la forza di Suor Antonia
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In barca per superare i pregiudizi sulla disabilità: la storia di Lorenzo
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Con Santa Rita “Il futuro è rosa”: a Natale doniamo speranza alle persone con disabilità intellettiva e autismo
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La Beata Fasce segnò la storia fino alla fine: tra malattia, guerra e voto alle donne
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La santità non nasce nel Cielo ma sulla terra
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Con il Cioccolario il Natale è ancora più dolce
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Tutta la vita del cristiano è un santo desiderio
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“Aiutami a Pregare”, il libro delle monache di Santa Rita per riscoprire la preghiera
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Quando è nato, Gennaro, detto Joy, era un bambino con ipotonia muscolare, che era stato abbandonato in ospedale. Ma, a un anno e mezzo, la sua storia cambia grazie all’amore dei suoi genitori adottivi, che lo accolgono nella loro famiglia a Napoli.
Oggi, che ha 25 anni, Joy ha trasformato l’amore ricevuto in forza e la sua disabilità in opportunità, andando oltre ogni pregiudizio sociale.
Perchè la vera fragilità è nel nostro sguardo… uno sguardo che insieme possiamo cambiare. Joy, con la sua storia ci invita a farlo…
“Un puzzle perfetto”
Così descrive Eleonora, Nori, la mamma di Joy la loro famiglia. “Io e mio marito eravamo innamoratissimi e desideravamo molto un figlio. E da allora, guai a chi ce lo tocca!”.
La disabilità di Joy, scoperta dopo l’adozione, non è mai stata un ostacolo, ma una strada da percorrere insieme. Con ritardo cognitivo medio-grave, Joy non legge né scrive e non conosce il tempo. Eppure, è autonomo, atletico, socievole, pratica tanto sport, che per Nori ha un grande valore formativo. “È piacevolissimo stare con lui”, sorride Nori. “Perché ha un’anima serena, probabilmente perché è cresciuto in un ambiente familiare altrettanto sereno”.
Joy è stato accompagnato in un lungo percorso di sostegno di 15-16 anni presso centri riabilitativi con logopedia, ippoterapia, terapia occupazionale. Soprattutto dopo la morte del padre, nel 2007, quando Joy aveva solo 9 anni. “Intanto lui cresceva – ricorda Nori pensando a quel periodo molto difficile – e io sceglievo per lui le scuole migliori con cognizione, in quanto non volevo che venisse ‘parcheggiato’, bensì accolto e formato, prendendosi cura delle sue fragilità. In questo sono stata fortunata, sono molto soddisfatta del suo percorso”.
La svolta: l’incontro con l’Accademia del Remo che dà valore alla disabilità
Dopo aver praticato nuoto per 10 anni, Joy incontra la barca. “E’ felicissimo di frequentare l’Accademia – dice Nori – una realtà educativa anche in senso più ampio, in quanto tutto è fatto in maniera seria e diventa per i ragazzi un punto di riferimento anche dal punto di vista amicale. La nostra società, nella realtà, non è strutturata per l’integrazione, per cui, concluso il percorso scolastico, i ragazzi con disabilità rischiano di restare soli. L’Accademia rappresenta un’opportunità di socializzazione, anche per i genitori, un momento di confronto e scambio”.
L’Accademia del Remo, guidata da Giuseppe Del Gaudio, due volte campione del mondo della disciplina, oggi fisioterapista e osteopata, è un’associazione sportiva di Napoli che promuove il canottaggio come una terapia complementare per giovani con disabilità intellettiva, integrando l’allenamento con la terapia comportamentale.
“A Napoli esistono circoli nautici storici che dispongono delle strutture necessarie, ma rimangono avulsi dal mondo della disabilità. Non vogliono i giovani con disabilità perché il Circolo potrebbe sfigurare”, commenta Nori in un misto di tristezza e indignazione.
Noi monache con la Fondazione Santa Rita da Cascia vogliamo sostenere questo punto di riferimento speciale, che è l’Accademia del Remo. La quale non offre ai ragazzi con disabilità intellettiva una semplice attività sportiva. Per Joy e per i suoi compagni e compagne di squadra rappresenta una vera e propria via per l’autonomia e una vita piena!
Lo testimonia anche Nori: “I fondi della Fondazione Santa Rita da Cascia per l’Accademia sono preziosi, in quanto è tutto autofinanziato. Da una parte vanno a coprire la retribuzione dei collaboratori. Questo è importante perché oggi Accademia conta circa 25-30 ragazzi e Peppe non riesce più a gestire il gruppo. Inoltre copriranno anche il costo per l’acquisto di un van, che servirà non solo per le trasferte per le gare, ma anche per accompagnare i ragazzi agli allenamenti al lago Patria”.
Su Dalle Api alle Rose di novembre-dicembre, la Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, Suor Maria Rosa Bernardinis, con la sua rubrica dedicata all’essere famiglia tocca il tema della crisi. Un argomento tanto delicato quanto importate, che la Madre affronta a cuore aperto!
Scopriamo insieme i suoi consigli, orientati al dialogo!
La nostra Alleanza con Dio
Nella Bibbia il rapporto di Dio con il suo popolo è presentato spesso come un matrimonio, un patto di alleanza, infranto dall’infedeltà umana, ma sempre ripresentato da Dio, che non viene meno alle sue promesse. “Dio è amore. Chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”. È la più alta definizione di Dio nella Sacra Scrittura (1 Gv, 4,15b-16): “Chiunque ama, è stato generato da Dio e conosce Dio…
In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo suo figlio Unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui”. Così nella nuova ed eterna alleanza, realizzata dal Verbo del Padre che si fece carne, avviene il connubio dell’umanità con la divinità. È lui lo Sposo che attira a sé la sua Sposa che è la Chiesa. Questo mistero è grande! Chi si sposa, ha la consapevolezza di essere sacramento visibile di una realtà invisibile?
..uscire da se per diventare per l’altro dono..
Dio che è fedele, assiste e dona la sua grazia, perché l’uomo e la donna che si sposano crescano, ogni giorno di più, nell’amore reciproco. Il rapporto di coppia deve trasformarsi nel tempo da eros in agape; uscire da se per diventare per l’altro dono; per crescere ed edificare nella comunione. Non cercare nell’altro quello che manca ma, colmato dell’amore divino che guarisce le ferite, donare all’altro ciò che gli manca. Questo lo possiamo perché Gesù ci ha fatto dono del suo Spirito.
Il progetto di Dio sulla coppia umana era di compagnia e utilità reciproche. Regnava l’armonia in essa, perché tutto era orientato e considerato alla luce di Dio; era un amore ordinato. Il peccato di ribellione dei nostri progenitori ha infranto questo equilibrio tra Dio, l’altro e l’altra, portando nell’umanità ferita sfiducia, invidia, gelosia, risentimento, colpevolizzando l’altro o l’altra delle frustrazioni subite.
..anche quando si avverte la crisi
Quando si avverte la crisi nella relazione, (che di per sé non è male perché provoca a una presa di posizione), va riconosciuta e occorre dialogo sincero reciproco, per trovare insieme le cause e le soluzioni, anche con l’aiuto di esperti, se fosse necessario. È importante pregare insieme, oltre a trovare momenti personali con il Signore. “La carità, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Si nutre dell’umiltà, della pazienza, della magnanimità, della mitezza. “Dammi un cuore che ama, e capirà ciò che dico”.
Dalle pagine della Rivista Dalle Api alle Rose, oggi ricordiamo con voi la nostra Suor Antonia. Lo facciamo, tramite l’articolo scritto dalla direttrice editoriale Suor Giacomina Stuani, nell’ultimo numero del 2024. Per scoprire anche la sua forte vocazione!
Le sue mani, insieme alle labbra e al cuore, non si staccavano mai dal Rosario
Nel giorno dedicato al Signore, la prima domenica di settembre, ci ha lasciati per il Cielo Suor Antonia. Una vocazione adulta la sua, un po’ come gli operai dell’ultima ora che il padrone chiama a lavorare nella sua vigna alle 5 del pomeriggio… Lei però ha dedicato tutta la vita alla preghiera e al servizio.
Da anni stava nell’infermeria del monastero a causa di malattie varie. Quando il fisico ha cominciato a sentire i limiti dell’età togliendole la capacità di lavorare, le sue giornate erano colmate dalla preghiera continua. Le sue mani, insieme alle labbra e al cuore, non si staccavano mai dal Rosario. Quanti ne ha pregati per la comunità e per tutti! Sulle labbra il nome del Signore… “la sorgente della costituzione del tutto, la luce della verità che siamo chiamati a raggiungere e la fonte della felicità che siamo chiamati a bere” (S. Agostino, La Città di Dio, 8, 10, 2)
Servire e amare Gesù, il Dio dell’alleanza sponsale fatta di esclusività e dedizione tra lo Sposo e la sua sposa, servendo e avendo cura delle consorelle: ecco la vera forza per lei. Ha vissuto come le vergini sagge, senza mai far mancare l’olio alla sua lampada, con tanti sacrifici fatti con amore, serenità e felicità, non pensando mai a se stessa ma al bene degli altri.
Un cammino di fede e vigilanza illuminato dalla luce di Cristo, sorretto ogni giorno dalla sacralità della Parola, alimentato dal Pane di vita immortale, reso instancabile dalla forza di mani giunte nella preghiera, vero respiro della Bellezza. Grazie al Signore di te, cara sorella; con te vogliamo continuare a combattere la buona battaglia ed essere “più che vincitori per virtù di Colui che ci ama, Cristo Gesù, nostro Signore”, il Maestro che coglie i sospiri più nascosti del cuore. Deo gratias!
Oggi, vogliamo celebrare la Giornata internazionale delle persone con disabilità condividendo la storia di Lorenzo, di Napoli. Lo facciamo raccontandovi il “salto quantico” della sua vita, realizzato tramite il canottaggio.
Un vero campione di speranza
Alla nascita, a causa di un grave ritardo psico motorio e una malattia rara, per Lorenzo si prospettava una vita senza nemmeno la capacità di sorridere… Oggi, lui ha 30 anni e non solo non smette mai di ridere, ma è molto dinamico, socievole e pur parlando con difficoltà trova sempre il modo di comunicare, arrivando al cuore delle persone. Ed è arrivato anche al nostro, tramite suo padre Massimo.
Lorenzo è uno dei 30 ragazzi, tra i 12 e i 45 anni, che la Fondazione Santa Rita da Cascia ha voluto fortemente sostenere, tramite l‘Associazione Accademia del Remo di Napoli, che garantisce un’occasione unica e concreta di inclusione, crescita, autonomia e sviluppo attraverso lo sport del canottaggio.
È la nostra forza, il nostro sorriso
“Abbiamo sempre cercato di integrare Lorenzo nella società, di dargli autonomia e di permettergli di vivere una vita piena – ci ha detto Massimo, il papà – tuttavia, la realtà napoletana è difficile. Non esistono strutture pubbliche organizzate per sostenere ragazzi come Lorenzo, quindi la maggior parte degli interventi a suo favore sono stati supportati da noi, con grandi sacrifici economici e di tempo. Lorenzo ha provato a fare anche altri sport, poi, nel 2017, abbiamo conosciuto l’Accademia del Remo, che Lorenzo frequenta 2-3 volte alla settimana, in base al calendario delle gare, con risultati straordinari”.
Massimo e Lorenzo
“Frequenta l’Accademia con grande gioia, non salta nemmeno un allenamento. Soprattutto è cambiato il suo essere, il suo modo di rapportarsi agli altri. Sente moltissimo il senso di squadra e di appartenenza. E poi interagisce di più anche con noi, ci racconta quello che gli succede… tutto questo è semplicemente straordinario!“.
“Il fatto di dover stare in una barca piccola impone parecchia disciplina ai ragazzi. La prima volta ho pensato che Lorenzo sarebbe caduto, invece sta in barca come gli altri ragazzi. Dover seguire la remata dei compagni, senza andare fuori tempo, gli ha insegnato la coordinazione e altre capacità. E queste impattano sulla vita anche fuori, infatti Lorenzo ha acquisito il senso dell’equilibrio, riesce a percepire meglio il suo corpo, cammina meglio. Ha addirittura imparato ad andare con la bicicletta, seppur con le rotelle”.
“Inoltre – conclude Massimo, parlandoci dei benefici del canottaggio come terapia – Giuseppe Del Gaudio (due volte campione del mondo di canottaggio, che è il fondatore dell’associazione e allenatore dei ragazzi, insieme a dei collaboratori, ndr), non si pone limiti, che in effetti Lorenzo ha dimostrato non avere, e questo è straordinario, in quanto è riuscito a fare cose che mai avrei pensato. È una gioia!”.
Un’isola in un mare di difficoltà
“L’unico dispiacere – ribadisce Massimo – è che nel sud Italia esistono poche realtà come questa. L’Accademia del Remo è un’isola. A Napoli, città di mare, i circoli nautici importanti non accolgono persone con disabilità“.
“L’Accademia del Remo, come Associazione, non ha una sede sul mare o sul lago. La sede è una palestra in un centro a Soccavo, un quartiere di Napoli, dove i ragazzi hanno iniziato ad allenarsi, attraverso attrezzi simili a dei vogatori e da poco vanno anche in barca, sul lago Patria, che è abbastanza lontano. Per noi genitori è uno sforzo accompagnare Lorenzo, in quanto lavoriamo entrambi. Ogni genitore accompagna il proprio figlio, a volte ci organizziamo in gruppo. Non è facile, però lo facciamo volentieri, è la nostra vita”.
Avere un van ci ha dato una speranza concreta
Il sostegno della Fondazione Santa Rita, che vuole offrire all’Associazione la possibilità di avere un van che accompagni i ragazzi nelle trasferte e la copertura dei costi per i collaboratori necessari alle attività, sarebbe “davvero un passo avanti enorme“, dice Massimo.
“L’Associazione è completamente autofinanziata e noi genitori collaboriamo in tutte le spese, ma per molti non è possibile partecipare a tutte le gare, che si svolgono soprattutto al nord, dove ci sono i circoli più belli. Inoltre, per Lorenzo, ma sono certo che questo valga anche per tutti gli altri, lo stare insieme, nello stesso mezzo di trasporto, vivere in simbiosi anche l’esperienza del viaggio, magari in autonomia e senza i genitori (per chi può) è un’esperienza straordinaria!”.
“Il vostro sostegno per questo Natale è il regalo più bello – ha concluso Massimo – Grazie a tutti coloro che doneranno”.
GRAZIE anche da parte nostra… sei tu la nostra speranza!!
Unisciti anche tu alla raccolta fondi natalizia della nostra Fondazione Santa Rita da Cascia in favore dei più fragili. In particolare sosterremo due innovativi progetti di ippoterapia (Ravenna) e canottaggio terapia(Napoli), che garantiscono inclusione, autonomia e normalità a 60 bambini, ragazzi e giovani adulti con disabilità intellettiva, tra cui l’autismo.
Donare speranza e un futuro rosa a chi ha bisogno d’aiuto. In particolare cambiando lo sguardo sulla disabilità intellettiva e l’autismo, per una reale inclusione attraverso lo sport.
Con questa missione la Fondazione Santa Rita da Cascia ha lanciato la sua campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi di Natale. “Il futuro è rosa”, per sostenere i fragili.
L’obiettivo è raccogliereoltre 170mila euro per due progetti in cui una pratica sportiva, ampiamente usata come terapia complementare, viene declinata in maniera diversa.
Presso il Villaggio Lakota di Ammonite, nella campagna ravennate, l’ippoterapia diventa equitazione integrata, in quanto non prevede la presenza di psicologi, fisioterapisti e medici, ma si basa unicamente sulla competenza dell’istruttrice, una sportiva che unisce la conoscenza della disabilità alla profonda esperienza del cavallo, ai fini dell’inclusione.
Presso la realtà dell’Accademia del Remo di Napoli, una pratica ludico-sportiva come il canottaggio diventa, con un approccio medico-scientifico, una vera terapia e uno sport praticato a livello agonistico.
Per te il Vademecum 2025, per un anno di speranza
Chi donerà speranza, sostenendo i più fragili e la disabilità, riceverà a sua volta speranza, con il Vademecum 2025, in un percorso per mantenerla viva durante tutto l’anno.
Si tratta di un prezioso strumento che potrà essere utile ogni giorno per annotare appuntamenti, riflessioni e propositi. Insieme a date importanti della comunità e messaggi ispiratori delle monache, che nel 2012 hanno creato la Fondazione per rendere più strutturata la solidarietà. La donazione minima richiesta per il vademecum è di 18 euro.
La Priora: “Rendiamo reale la speranza di Santa Rita, per riscoprirci più umani, aiutando gli altri”
“In attesa del Natale e del nuovo anno, nell’epoca di disumanizzazione che stiamo vivendo, vogliamo invitare tutti a vivere il 2025 coltivando ogni giorno la speranza, per sé e per gli altri, guardando così al futuro con occhi nuovi. Commenta Suor Maria Rosa Bernardinis, Presidente della Fondazione e Madre Priora del Monastero. “Chi dona permette alla Fondazione di rendere a sua volta reale la speranza che Santa Rita incarna, in sostegno dei più fragili, attraverso i suoi progetti di solidarietà. Una speranza che andrà a supportare in particolare bambini e giovani con disabilità intellettiva, tra cui l’autismo, permettendo loro una reale inclusione attraverso lo sport. Il vero problema sono i pregiudizi e l’incapacità di guardare oltre le etichette che persistono nella nostra società. Spesso, vediamo solo i loro limiti, senza considerarli come essere umani con la loro unicità e le loro potenzialità da rendere reali, offrendo loro le stesse opportunità dei loro coetanei, in modo che si sentano parte integrante e attiva della comunità”.
Lo sport è di tutti
I progetti testimoniano concretamente questo approccio, permettendo ai bambini e giovani adulti cui sono destinati di esprimersi, integrarsi e sviluppare nuove abilità, in contesti economici spesso difficili. Presso il Villaggio Lakota di Ammonite, l’ippoterapia ha già aiutato Elena, 16 anni, a superare la paura degli animali. E Filippo, 14 anni, a sviluppare consapevolezza e maggiore autocontrollo. Nel quartiere napoletano di Soccavo, presso la realtà unica dell’Accademia del Remo, Lorenzo, 30 anni, ha sperimentato un “salto quantico” nel suo sviluppo personale.
I fondi raccolti dalla Fondazione mirano a sostenere i costi delle lezioni e del tondino – la struttura coperta sotto cui svolgerle in caso di freddo e pioggia – per l’ippoterapia, per un contributo triennale di oltre 139mila euro. Ai ragazzi del canottaggio si vuole invece destinare un van, per favorire i loro spostamenti in caso di allenamenti e trasferte per le gare. Oltre a sostenere i costi dei collaboratori, per un totale di 31mila euro.
“Gli ultimi anni della vita della Fasce furono molto difficili: oppressa da tanti mali, una pesantissima croce che lei amò fino in fondo, imitando Colui che l’aveva portata e vi era morto per amore nostro”.
In Dalle Api alle Rose di novembre-dicembre, Mauro Papalini, storico del mondo agostiniano, conclude il suo racconto sulla figura della Beata Madre Maria Teresa Fasce riletta nel quadro storico e sociale del suo tempo, focalizzando quando la monaca sia stata protagonista e attrice attiva della sua storia, quanto della storia del 1900… fino alla fine dei suoi giorni…
Tra le sofferenze della malattia e della guerra, nasce una speranza
Il tumore che la affliggeva da 25 anni divenne ancora più pericoloso e si pensò ad un terzo intervento, ma il suo cuore ormai affaticato non lo avrebbe sopportato. Ella ebbe modo di mettere in pratica quelle frasi con cui ammaestrava le sue monache: “Chi non soffre non ama: le anime elette devono somigliare a Gesù Crocifisso”. Oppure: “Il nostro stemma è la croce e siamo ben liete di abbracciarla, specie quando è impressa in noi”.
Anche allora la grande storia entrò nel monastero e nella sua vita. Durante la II Guerra Mondiale la comunità monastica soffrì la scarsità di cibo, eppure ella non rinunciò a tenere le Apette, le allora orfane che dal 1938 aveva deciso di accogliere tra le monache, mentre alcuni le avevano consigliato di rimandarle fuori. Nel 1944, durante l’occupazione tedesca, le S.S. visitarono due volte il monastero facendo anche danni, ma la forte Abbadessa seppe respingerli con dolcezza e decisione che non ammettevano repliche.
Prima di tutto la dignità
Il 2 giugno 1946 la Madre volle partecipare al referendum istituzionale tra monarchia e repubblica (prima volta del voto alle donne) nonostante le sue critiche condizioni di salute (morirà il 18 gennaio 1947).
Non le sfuggì la portata storica di quel voto: la dignità della donna fu sempre una sua preoccupazione. Quel giorno fu un trionfo popolare che suggellava quarant’anni di vita religiosa della Fasce, la quale, con le sue iniziative per diffondere il culto a Santa Rita, cambiò radicalmente il volto di Cascia.
Cara Santa Rita, siamo al termine di questo anno. L’abbiamo trascorso attraversando varie storie, racconti, testimonianze, vite. Abbiamo avuto occasione di riflettere e di sperare. Tramite le testimonianze dei Tuoi devoti abbiamo ricevuto le ‘istruzioni’, ora sta a noi la decisione; arrivare nel ‘porto’ o naufragare?
Maurizia Di Curzio, assistente al servizio di ascolto del Monastero Santa Rita da Cascia, apre così l’ultimo numero della sua rubrica, Cara Santa Rita, sulla Rivista Dalle Api alle Rose di novembre-dicembre.
La storia di Giovanna che è tornata a credere e a sperare
Giovanna ha scelto, l’hai riportata Tu a casa, come dice lei: la casa di noi tutti, la Chiesa dalla quale mancava da decenni. Ha saputo tornare a sperare e a credere, ha sentito che Tu camminavi al suo fianco e, tenendola per mano, donavi al suo cuore la forza per affrontare un grande problema che sua sorella gemella stava vivendo.
La realtà di Dio, a volte, ci appare distante; sono così tante le preoccupazioni che abbiamo su questa sponda della vita, che pensare alla presenza di Dio ci pare inutile; una perdita di tempo. Per Giovanna sei stata il ponte tra la terra e il cielo. I ponti sono strutture affascinanti, che con un balzo accorciano distanze e tempi, rendendo le due sponde comunicanti: anche se non vedo la sponda dall’altra parte, so che c’è. Allora, anche nelle durezze della vita e nella nebbia della fede, la sponda di Dio non è irraggiungibile e non scompare. Il ponte diventa così un segno di speranza.
Giovanna Ti scrive mentre si trova bloccata per un’alluvione nel paesino dove si era recata per il lavoro stagionale estivo. Riaperte le strade, perso il lavoro, tornerà nella sua città, ma è contenta per essere stata ascoltata da Te; sua sorella ha ricevuto il Tuo aiuto.
Impariamo ad essere dei ponti tra Cielo e Terra
Anche Giovanna ora sarà ponte tra chi cerca Dio e Dio stesso; è il compito difficile di ogni cristiano, per questo Lui ci fa dono dello Spirito Santo, così da poter essere ponti viventi. La santità è per tutti. Santi non si nasce si diventa. La santità non nasce lassù nel cielo, ma quaggiù sulla terra. Assumiamo la figura di ponti non solo con chi ci sta vicino, ma con chiunque incontriamo. D’altronde siamo alle soglie dell’anno giubilare; siamo “Pellegrini di Speranza”.
Quest’anno, rendi ancora più dolce il tuo Natale e quello dei tuoi cari, aggiungendo alle feste il gusto unico della solidarietà, con il Cioccolario, la tavoletta di cioccolato, al latte e fondente, che si trasforma in un calendario!
"Fare del bene non è mai stato così buono!"
Scegliendo il Cioccolario, infatti, con un contributo minimo di 9 euro per ogni tavoletta, puoi sostenere i progetti della Fondazione Santa Rita da Cascia dedicati ai più fragili, in particolare, al sostegno delle persone con disabilità intellettiva attraverso lo sport.
Cerca il Cioccolario sabato 30 novembre e domenica 1° dicembre
Il Cioccolario è il gadget solidale dell’evento di raccolta fondi di Natale della Fondazione Santa Rita da Cascia, che vedrà impegnati tanti volontari e volontarie, con banchetti solidali allestiti presso piazze e parrocchie d’Italia.
Grazie alla loro preziosa presenza e alla tua generosità, la Fondazione, voluta e creata dalle monache di Cascia per trasformare i valori ritiani in progetti concreti di solidarietà, sarà in grado di sostenere tanti progetti per i più fragili in Italia e nel mondo, come le persone con disabilità intellettiva!
Ippoterapia e canottaggio terapia per persone con disabilità intellettiva
Tra i progetti sostenuti, in particolare ci sono quelli dedicati al supporto alle persone con disabilità attraverso lo sport: si tratta di due progetti, ippoterapia a Ravenna e canottaggio terapia a Napoli, che permetteranno in totale a 60 bambini, ragazzi e giovani adulti con disabilità intellettiva di vario tipo, tra cui l’autismo, di sentirsi inclusi, sviluppare autonomie e maggiore autostima.
A Ravenna, nella frazione di Ammonite, sosteniamo il progetto di ippoterapia dell’associazione Villagio Lakota. Qui, l’equitazione è un mezzo per garantire inclusione sociale, benessere e fiducia in se stessi.
A Napoli, nel quartiere periferico di Soccavo, sosteniamo l’Accademia del Remo, che attraverso il canottaggio porta tutti i benefici dello sport, come autostima, autonomia e sviluppo psicomotorio.
Perché lo sport è davvero per tutti e migliora la vita! A loro e anche a te!!
Su Dalle Api alle Rose di novembre-dicembre, Suor Lucia Solera, monaca agostiniana del Monastero di Rossano in Calabria, ha scelto di chiudere la rubrica Tracce di Rita, incentrata sulla preghiera in chiave ritiana, con una domanda…
Rita, Sorella nostra, cosa ti ha sostenuto nelle tue vicende? Insomma: quale succo ci consegni da tutta la tua storia?
Forse Rita ci risponderebbe così: “Da una parte c’erano le mie aspettative, i valori in cui credevo: la famiglia, la concordia, la pace, la fede, la consacrazione a Cristo. Dall’altra, la presa di contatto con i miei limiti: la desolazione, la solitudine, l’incomprensione, la fatica del ricominciare dopo ogni lutto. Ma sotto a tutto questo, ho percepito che andava prendendo forma un desiderio costante, come lo scorrere di un ruscello carsico di acque dolci e fresche”.
Tutti i desideri in Uno, Dio
“Ad esso davo nomi diversi, a seconda dell’età: da bambina era l’amore dei miei genitori; da giovane, il desiderio di una famiglia buona. Da vedova, il desiderio che tutto ciò che avevo vissuto e che ormai non c’era più avesse un senso. Da monaca, il desiderio di una configurazione piena all’umile Gesù. A poco a poco ho imparato a raccoglierli tutti in un unico desiderio: la comunione con Dio, la sua amicizia.
L’eternità è questa amicizia pregustata come familiare sin da quaggiù. Mi ritrovo tanto in un’affermazione di Sant’Agostino: ‘L’intera vita di un cristiano buono è un santo desiderio’ (Comm. a 1Gv 4,6). Se vuoi pregare, non hai che da fare spazio a questo desiderio: coltivalo, come faresti con un fiore delicato; da parte tua, cerca di fargli spazio dentro di te togliendo tutto ciò che può impedirlo. Esso ti condurrà a godere pienamente della bellezza dell’Eterno”.
… non esiste strumento tecnologico, come invece la preghiera, che possa metterci in contatto con noi stessi e riempire quel vuoto a volte presente nel nostro cuore, che solo Dio può colmare…
Scrive così, Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, nell’introduzione al libro “Aiutami a pregare”, creato dalle claustrali come strumento per riscoprire la preghiera, nella vita personale e comunitaria.
Il volume, da lunedì 11 novembre nelle librerie d’Italia e online, è in anteprima esclusiva già disponibile sul nostro SITO, CLICCANDO QUI!
La preghiera è una bussola per ritrovarci, anche nella modernità
Come testimoniano coloro che le monache accolgono ogni giorno, molte persone, pur sentendone il bisogno e desiderandolo fare, non sanno come pregare. Ecco allora che, dal prezioso servizio di ascolto delle claustrali e in accoglimento all’invito di Papa Francesco che ha voluto il 2024 anno della preghiera, nasce “Aiutami a pregare”, libro con cui le agostiniane offrono un percorso spirituale, tra riflessioni e testimonianze vere.
Si parla del valore che ha la preghiera nella quotidianità, come bussola per ritrovarsi. Di come sia necessario predisporsi alla preghiera, non una tecnica ma mezzo per vivere a pieno la nostra umanità, fatta anche di infinito. Le monache rispondono anche alla domanda: perché sembra che a volte Dio non ci ascolti? Infine, la preghiera è presentata come sostegno tanto nella sofferenza quanto nella gioia, centrale per aiutare noi stessi ma anche gli altri, come in famiglia.
E’ il terzo volume della collana “Rita Quotidiana”, una guida del cuore
Con “Aiutami a pregare”, giunge a tre volumi la collana “Rita Quotidiana” del Monastero, con consigli di vita concreta ispirati a Santa Rita. La santa, tramite i suoi valori universali, diventa così un’amica sempre a disposizione, una ‘guida del cuore’ attraverso gioie e dolori della quotidianità.
La collana in formato tascabile, curata da Tau Editrice, ha preso vita a ottobre 2023, con l’uscita del primo libriccino sulla maternità, dal titolo “Aiutami a essere madre”, per accompagnare le madri e coloro che vogliono diventarlo.
A marzo 2024, poi, è stato pubblicato “Aiutami a superare il lutto”, in cui le monache invitano a elaborare la mancanza, guardando alla Resurrezione, che porta tutti – credenti o meno – a fare i conti con la morte e la possibilità di andare oltre e rinascere.
Per il 2025, la collana è destinata a crescere con un quarto volume sul tema della speranza, grande valore del 2025, grazie al Giubileo. La volontà delle monache è continuare il percorso parlando di malattia, famiglia, carità e solitudine.