100 anni di Dalle Api alle Rose: il 2000 anno storico

Si lavora alla Casa di Santa Rita

Rita ci parla anche nel momento della morte

Il 21 luglio Gen Verde in concerto a Cascia con i giovani agostiniani

Entriamo nella Parabola dell’amore

Basta guardare alla porta accanto

Incontrando Dio, incontriamo gli altri

Donarsi a Dio, per servire il prossimo

Cardinale Semeraro, Carità e Gioia l’hanno guidata

Ogni giorno vicina agli ultimi

All’interno dell’ultimo numero della Rivista Dalle Api alle Rose, che nel 2023 compie 100 anni, uno speciale di quattro pagine celebra questo importante anniversario.

La Rivista nel 2000: una copertina storica

Nel cammino che, in ogni numero della rivista, ripercorre le tappe più importanti, arriviamo all’anno 2000: Anno Santo e anche quello del Centenario della canonizzazione di Santa Rita.
Per l’occasione, la rivista si veste di una foto storica: per la prima volta l’Urna col corpo della santa lascia Cascia e raggiunge il sagrato di San Pietro a Roma, dove sarà accolta da Papa Giovanni Paolo II e oltre 70 mila devoti.

Carmela Mascio, nel suo articolo, parla di questo avvenimento con Monsignor Giovanni Scavino, agostiniano, che ha collaborato con la rivista.

Al passo coi tempi

La rivista, nel corso degli anni, è molto cambiata restando fedele a sé stessa ma adeguandosi ai tempi. Il suo dire semplice e chiaro, ma non per questo meno profondo, continua a interpretare perfettamente lo spirito per cui la Beata Maria Teresa Fasce la creò. Raggiungere Cascia, negli anni è stato il progetto di molti, ma in tanti, per innumerevoli motivi, non hanno potuto realizzare il loro sogno. Arriva quindi questo meraviglioso strumento che permette di essere nel cuore di Cascia.

Foto chiare, cronache degli eventi, memorie di appuntamenti importanti, spunti di preghiera e riflessione. Così facendo la rivista ha saputo crescere tanto quanto è cresciuta la fede nei devoti. Questo è il motivo per cui deve continuare il suo mandato ed essere strumento di una vera e propria catechesi esperienziale.

Un colloquio con Santa Rita

Santa Rita ha dimostrato al mondo che l’amore non cambia ma rimane anche nelle difficoltà. E, la sua rivista diventa quindi strumento di misericordia e rappresenta il dialogo costante di Santa Rita con i suoi fedeli. Sappiamo che Rita si preoccupava di sapere se i suoi figli erano stati capaci di perdonare. Oggi, allo stesso modo, ha premura di tutti noi. Così, ogni volta che un numero della rivista arriva tra le mani di un devoto, semplicemente e audacemente la sua catechesi arriva e guarisce attraverso la forza dello Spirito.

La missione della Rivista, ieri, oggi e sempre

Quando la Beata Fasce la creò lo scopo era quello di far conoscere una Santa che aveva saputo cambiare la sua vita per e con l’amore per Gesù Cristo. Questo ancora è il mandato della rivista: portare il Vangelo della vita nelle coscienze per tirarle fuori dalla tristezza e dallo sconforto in cui spesso si trovano.

Il 20 maggio del 2000, Giovanni Paolo II disse: “Santa Rita ha interpretato il genio femminile della maternità fisica e spirituale assimilandosi perfettamente a Cristo con umiltà e obbedienza portando a termine la sua missione di unità e fedeltà anche nei momenti di crisi e di difficoltà. È stata la santa della quotidianità”.
Per questo, sui passi di Santa Rita, la rivista non smette di guidare i lettori verso la novità mai scontata e mai superata del Vangelo!

Leggi la rivista di luglio-agosto

Finalmente in arrivo importanti novità sul progetto della Casa di Santa Rita, che prevede la ristrutturazione di un appartamento all’interno dell’attuale ospedale di Cascia, per ospitare gratuitamente i familiari dei pazienti ricoverati nella struttura adiacente che non possono permettersi di sostenere spese prolungate in albergo o in affitto. Un progetto per cui la nostra Fondazione Santa Rita da Cascia ets, su richiesta delle Monastero, ha raccolto 260mila euro, grazie al prezioso contributo di tanti donatori, soprattutto in occasione della Festa di Santa Rita 2022.

Come riporta l’ultimo numero della rivista “Dalle Api alle Rose”, dopo diversi rallentamenti burocratici che hanno fatto slittare l’inizio dei lavori, finalmente è iniziata l’installazione della scala esterna.

Il progetto

Questa è l’opera più complessa dell’intero progetto perché garantisce agli ospiti un accesso indipendente e separato dall’ospedale, senza interferire col normale svolgimento delle attività sanitarie.

Una volta terminata l’installazione della scala, seguiranno i lavori per trasformare i 237 metri quadrati della struttura in una seconda casa per tante persone. Un luogo dove sentirsi accolti e dove avere l’opportunità di assistere con la forza dell’amore i propri cari, in totale serenità. Verranno realizzate 7 camere con bagno privato, una sala da pranzo comune con angolo cottura, una lavanderia e un ripostiglio.

Presto ci saranno nuovi aggiornamenti.

Rivivendo la festa di Santa Rita, tramite le pagine dell’ultimo numero della Rivista Dalle Api alle Rose, questa settimana approfondiamo l’articolo di Suor M. Lucia Solera sulla morte di Rita, una morte che ci parla.

Ciò che ha da dirci si trova nelle sue mani: il Crocifisso

“In punta di piedi Rita lascia questo mondo: un transito, il suo, che avviene senza clamori”. Inizia così l’articolo dell’agostiniana, che continua: “Silenziosa e mite così come si era dispiegata la sua esistenza. Senza lasciare nulla di scritto, nemmeno un testamento spirituale, una parola di commiato.

Tutto quanto ha da comunicarci di più prezioso si trova fra le sue mani: il Crocifisso. A Rita ben si addicono le parole di S. Paolo: ‘Quanto a me non ci sia altro vanto che nella Croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo’ (Galati, 6, 4)”.

Accoglilo e ascoltalo

“Dalla beatitudine del Cielo, Rita non dimentica il soffrire della Terra e, silenziosamente, ci porge ancora oggi il Crocifisso e sembra dirci: ‘Accoglilo, guardalo, contemplalo; racconta a lui i tuoi drammi, ma mettiti anche in ascolto di ciò che lui ha da dirti. Egli ti vuole prendere per mano e accompagnarti lungo la via stretta che stai percorrendo, per insegnarti il passo da tenere: non arrabbiato, né rassegnato, ma il passo della consegna, dolce e fiduciosa.

Non cercare vie di fuga o facili soluzioni, quei rimedi mondani che servono solo a circondarsi di rumore e apparenza’. E come sgranando un rosario, Rita continua a sussurrarci le parole che in lei han preso carne grazie al tempo dedicato a rimanere in silenziosa contemplazione della Croce: mitezza – pace – perdono – perseveranza – fiducia – nascondimento – carità – dolcezza – fedeltà – misericordia. Un distillato di Vangelo”.

Dio solo può darci nuove strade da percorrere

“Lui, l’umile Gesù, sa dissodare sentieri con l’aratro della sua Croce, lì dove noi pensavamo che non ci fosse più alcuna strada da percorrere. Stringersi a Lui apre possibilità nuove, ulteriori, impensate.
Aspettavamo le consolazioni di Dio, credevamo che fosse da concentrare in esse tutta la nostra speranza; con meraviglia scopriamo di aver trovato molto di più: il Dio delle consolazioni, che riapre a noi l’orizzonte della vita e lo espande in vastità“.

La preghiera

Santa Rita, Sorella nostra,
continua a confidarci il tuo segreto:
abbracciare la vita anche quando si fa dura;
ottienici di riconoscere
che proprio nel concreto della nostra realtà
ci attende l’umile Gesù, per riversare in noi
tutta l’abbondanza della sua presenza consolatrice.

Leggi la rivista di luglio-agosto

Appuntamento venerdì 21 luglio alle ore 21, in piazza S. Francesco a Cascia, con il concerto del Gen Verde International Performing Arts, gruppo di 19 artiste di 14 paesi diversi, insieme a 150 giovani agostiniani provenienti da tutta Italia e da Malta, che la prossima settimana parteciperanno allo Start Now workshop. È un evento che vede collaborare le due comunità agostiniane di Cascia, i Frati e le monache del Monastero Santa Rita, questa volta al servizio dei giovani.

Il Gen Verde

È un gruppo musicale nato nel 1966 a Loppiano, in Toscana, fondato da Chiara Lubich, creatrice del Movimento dei Focolari. Il gruppo utilizza la musica e i talenti condivisi come strumenti per costruire ponti al posto dei muri, promuovere la pace e il dialogo. Da oltre 50 anni va in giro per il mondo, avendo all’attivo più di 1500 spettacoli e concerti, tra cui la partecipazione in numerosi eventi internazionali e interreligiosi.

Start Now workshop

È un progetto artistico e musicale che mira a educare i giovani alla pace e al dialogo. Attraverso workshop di canto, danza, teatro e percussioni, i partecipanti hanno l’opportunità di esplorare e sviluppare i propri talenti, superare le insicurezze e scoprire il coraggio di essere se stessi. È un’occasione per promuovere l’intelligenza culturale, l’apertura mentale e il rispetto per la diversità. A Cascia le 5 giornate, da lunedì 17 a venerdì 21 luglio, saranno animate dalle comunità agostiniane e da altri giovani.

Durante il concerto dei Gen Verde, i giovani agostiniani che hanno partecipato al workshop avranno l’opportunità di esibirsi insieme al gruppo. Sarà un momento emozionante in cui potranno mettere in pratica ciò che hanno imparato durante i giorni precedenti, levando da Cascia un nuovo appello per il dialogo e la pace.

All’interno della Festa di Santa Rita c’è una Santa Messa particolarmente sentita anche nel pomeriggio. Quella dedicata ai benefattori del Santuario. Quest’anno, a celebrarla è stato Padre Mario De Santis, Vice Rettore della Basilica di Santa Rita di Cascia.

La sua omelia è stata pubblicata sull’ultimo numero di Dalle Api alle Rose, la Rivista del Monastero.

La Basilica è fondata sulla generosità

Nelle sue parole del 22 maggio scorso, Padre Mario ha ricordato che la stessa Basilica è stata costruita proprio grazie ai devoti.
“Ogni anno il 18 maggio ricordiamo la Dedicazione della nostra Basilica a Santa Rita, avvenuta nel 1947. Basilica voluta, fortemente, dall’allora Abbadessa del Monastero, Madre Teresa Fasce, dichiarata Beata da Giovanni Paolo II nell’ottobre del 1997. Una Basilica alla cui realizzazione concorsero tantissimi devoti, sparsi in tutto il mondo, impegnati tutti in quella gara di solidarietà che ha permesso al Santuario di essere così capiente, accogliente, bello e funzionale. Almeno in quel tempo, ora forse non più per i tanti pellegrini che lo visitano; ecco perché accanto al Santuario è sorta anche la Sala della Pace per le grandi celebrazioni.

Costruiamo insieme anche il Tempio del cuore

L’agostiniano ha invitato tutti a costruire oggi un altro “tempio”, quello di cui abbiamo ancor più bisogno: “Mi domando: si poteva rendere così splendente e accogliente il nostro Santuario senza la fede nella Divina Provvidenza della Fasce e la carità di tanti benefattori? Direi di No!

Ma, credo che a Santa Rita e alla Beata Fasce interessi molto di più la costruzione di un altro Tempio, quello del nostro cuore e della nostra anima, dove veramente Dio vuole abitare e annidarsi per sempre in questo nostro cammino terreno. È questo il miracolo che la nostra santa e la nostra beata hanno in grande abbondanza elargito a tutti i benefattori del Santuario, rigenerati e riconciliati nello spirito del Signore rendendo il loro cuore vero Tempio di Dio, un cuore che altrimenti sarebbe stato inquieto, per dirla con Sant’Agostino.

Nel circuito dell’amore e della carità

In conclusione, Padre Mario ha sottolineato l’importanza di testimoniare in concreto la propria fede, attraverso la carità. “È in questa Parabola dell’amore che i nostri benefattori trovano la giusta collocazione nel presentarli all’attenzione anzitutto del Signore, di Santa Rita e della Beata Fasce, affinché siano ricompensati per il tanto bene che hanno compiuto in vita e siano tra quei ‘Benedetti del Padre mio’, preconizzati da Gesù.

Chi vuole amare Rita e servirla dev’essere dentro questo meraviglioso circuito d’amore, carità e solidarietà. A quanti ora godono la pace eterna e la giusta ricompensa perché in vita sono stati dentro questo circuito, rendiamo onore e gloria, nella speranza che tanti altri possano ripercorrere questo meraviglioso cammino di amore.

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Continuiamo il nostro viaggio attraverso l’ultimo numero della rivista Dalle Api alle Rose, raccontando la storia della terza e ultima donna a ricevere il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2023, Franca Pedrini, nata tra i monti Lessini della provincia di Verona, dove vive nel comune di Sommacampagna.

Come riporta la motivazione, Franca è stata premiata “per aver accettato con fede i tanti lutti vissuti in famiglia, dal padre scomparso prematuramente al figlio Luca. Con la fede ha saputo trasformare questi laceranti dolori in occasioni per amare il prossimo nelle sue fragilità impegnandosi senza riserve nella sua parrocchia e in un centro di ascolto e sostegno Caritas nella sua città, in RSA e infine come presidente della cooperativa sociale ‘I Piosi'”.

L’attenzione al prossimo

L’attenzione di Franca al prossimo nasce attraverso l’esempio della famiglia, dei genitori, della mamma Tarcisia che ha continuato ad aprire la porta di casa anche quando è rimasta vedova e con 7 figli da crescere. Questo esempio ha rappresentato per lei “una scuola gratuita su come mettersi al servizio del prossimo, grazie a persone che sono state esempi concreti e maestri di vita”, donandole  il benessere dato dal sapere di portare “sollievo a qualcuno, di accompagnare chi è in difficoltà”.

L’impegno in ambito civile e parrocchiale

Franca mette a frutto questo insegnamento e nella vita farà l’infermiera, l’assistente sanitaria sul territorio, la catechista, la consigliera comunale con delega agli anziani per l’assistenza e l’attività ricreativa, la volontaria in un centro di ascolto Caritas, la consigliera prima e presidente poi di una casa di riposo e, ora che è in pensione, è presidente della cooperativa sociale “I Piosi”, che fornisce assistenza e supporto all’inserimento lavorativo a persone con disabilità.

C’è sempre qualcuno che ha bisogno

Ma c’è anche dell’altro. La vita di Franca è stata colpita da gravi lutti: il papà, un figlio, una sorella. “In questi dolorosi momenti – spiega Franca – la mia famiglia è sempre stata confortata, aiutata da tutto il paese; c’è stata una solidarietà grandissima che, se prima ero impegnata, mi ha portato a esserlo ancora di più, quasi a dire grazie”. Ma se si chiede a Franca cosa ciascuno di noi può fare per esser di aiuto al prossimo, lei risponde che “non serve avere ruoli a livello pubblico; basta guardare alla porta accanto, avere gli occhi aperti, ascoltare, accogliere, perché c’è sempre qualcuno che ha bisogno”.

La stupefacente normalità dell’esistenza quotidiana

Eppure, Franca si stupisce del Riconoscimento Santa Rita che le è stato conferito: “È stata una sorpresa, che accolgo come dono, una grande emozione. Ho trascorso una vita semplice dedicandomi a situazioni ordinarie, che percepivo utili per la comunità, senza pensare a qualcosa di così eclatante o particolare”, come se non fosse proprio la “stupefacente normalità dell’esistenza quotidiana” la ragione per cui, come scrisse Papa Giovanni Paolo II, “Rita è santa”.

Prosegue il nostro viaggio all’interno della Festa di Santa Rita tramite l’ultimo numero di Dalle Api alle Rose, la rivista del Monastero. 
Oggi riflettiamo insieme a voi sull’omelia di Padre Alejandro Moral Antón, Priore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino, per la Celebrazione Eucaristica degli Agostiniani del 21 maggio.

Viviamo nel presente la nostra missione

al centro, Padre Moral. Cascia, 21 maggio 2023.

Con l’ascesa al cielo di Gesù termina la sua missione terrena e ha inizio quella della Chiesa guidata dalla presenza dello Spirito Santo e iniziata il giorno di Pentecoste. La missione di Gesù è durata solo pochi anni. La missione della Chiesa, invece, durerà fino al ritorno glorioso del Signore e fino alla costituzione del Regno di Dio, alla fine dei tempi. Noi cristiani, discepoli di Gesù, dobbiamo vivere nel presente, impegnandoci a compiere la missione che il Signore ha lasciato a ciascuno di noi. Vivere nel presente significa vivere in un mondo meraviglioso e affascinante ma dove anche il potere del male e delle tenebre e la sua presenza ci fanno dubitare di molte cose. Dubitiamo della possibilità di comunione fra tutti noi uomini, della possibilità della pace.

Il bene esiste

Spesso non crediamo più nella giustizia e nel progetto di fare del nostro mondo una vera casa comune della famiglia umana. Questa situazione ci porta a dubitare dell’amore di Dio verso gli uomini, suoi figli. Ma non è così! Il bene esiste! La presenza di Dio si fa vedere e sentire in tante cose e nelle persone che ogni giorno danno la loro vita per gli altri, sia con la preghiera che con il lavoro concreto delle loro mani. Lo Spirito Santo continua a guidare le nostre vite e, grazie alla vita, passione e morte di Gesù, insieme alla sua risurrezione, l’esistenza degli esseri umani nel nostro mondo è veramente una vita di speranza e piena di senso.

Torniamo a incontrare Dio

Una cosa però è vera: sta succedendo, soprattutto a noi religiosi, di trascurare la vita spirituale. Parlo dell’incontro personale con Dio. L’incontro personale, intimo, in dialogo e contemplazione con Dio, che è il tesoro e il bene più grande che possiamo incontrare già in questo mondo. Tutti noi dobbiamo imparare bene questo: mai si è potuto vivere nel passato, non si può vivere nel presente e non si potrà vivere nel futuro senza la fede in Dio incarnato nel suo Figlio e senza il suo amore attraverso la presenza del suo Spirito… senza Dio non c’è vita!

Mettiamo Cristo al centro

In questo senso nel Vangelo di oggi Gesù dice: “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Più chiaro di così non si potrebbe dire. Questo testo sottolinea la centralità che deve avere Cristo nella nostra vita. Chi è conscio che la sua vita dipende dall’amore di Dio e non dal proprio orgoglio trova la vera via, perché non sono i criteri del mondo che devono guidare la nostra vita di credenti: il criterio per le nostre azioni e opzioni deve essere sempre il Vangelo.

L’esempio di Rita

Santa Rita ha bevuto da questa fonte, nell’incontro personale, in silenzio, prolungato, con Dio. Ha avvertito l’amore che viene da Dio e per questo la sua vita è stata una vita di sofferenza, perdono e amore. Che significa per noi questo esempio? Lasciamoci illuminare dal Vangelo: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore… questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.

Questo è il testamento che Cristo ci ha lasciato, il criterio fondamentale per vivere e che Rita ha abbracciato come una mamma che abbraccia il proprio figlio appena nato. Preghiamo perché questo atteggiamento ci aiuti a confrontarci con noi stessi e a entrare di più nella radicalità del Vangelo, ad amare e a voler imitare ancora di più Rita, a conoscere meglio il nostro cuore e a sentire il grande bisogno che avvertiamo di cambiarlo per un cuore più umano e fraterno, e a renderci conto della nostra assoluta debolezza e del bisogno di Dio.

LEGGI ORA LA RIVISTA

La seconda Donna a ricevere il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2023, così come viene raccontato nel nostro ultimo numero della rivista Dalle Api alle Rose, è stata Antonella Dirella.

In particolare, si legge nella motivazione, Antonella è stata premiata “per essersi saputa affidare a Dio ogni volta che la vita l’ha messa alla prova. Sempre in cerca di un Amore più grande, ha accolto la malattia del marito, ha adottato un bambino con problemi di salute, ha parlato di un Padre buono a generazioni di bambini e ora vive la sua vocazione in un percorso di consacrazione dell’associazione San Giuseppe”.

“Dovrò dire solo ‘Sì’, il resto lo farà il Signore”.

Antonella, insegnante, nasce a Santa Croce di Magliano e oggi risiede a Termoli, sempre nella provincia di Campobasso. Da giovane non si sente pienamente amata dalla mamma, così si mette alla ricerca di un amore più grande, quello di Dio, a cui dedica tutta la sua vita, sperimentando tutte le fasi della vita di una donna, come Rita: figlia, fidanzata, moglie, madre, vedova e consacrata.

Conosce Pinuccio in giovane età. A soli 22 anni al ragazzo viene diagnosticato un carcinoma ai testicoli, che lo renderà sterile e lo costringerà a una vita difficile tra cure e ospedali. Nel 1989, nonostante i pareri contrastanti dei familiari, i due si dicono quel Sì che li unirà per l’eternità davanti a Cristo e nella vita. A chi le dice che può ripensarci, Antonella risponde: “Dovrò dire solo ‘Sì’, il resto lo farà il Signore”.

“L’ultima parola non è dell’uomo, ma di Dio”

I primi anni di matrimonio, gli sposi aprono la porta della loro casa ai bambini profughi della guerra in Bosnia Erzegovina e Romania. Nel ‘94, la famiglia si arricchisce della presenza di Gianclaudio, un bambino che nessuno aspettava e che adottano quando ha solo 29 giorni: altri lo avevano rifiutato perché aveva problemi di salute. L’unione di Antonella e Pinuccio è durata 23 anni, nei quali hanno lottato contro 6 tumori. Pinuccio ha chiuso gli occhi sulla terra, per riaprirli alla presenza di Dio quando ha 47 anni e 11 mesi, dopo una vita di combattimento contro la malattia, ma vissuta sempre con fede.

“Ogni volta che la malattia si è ripresentata l’abbiamo sempre affrontata, sapendo che tra noi c’era il Signore e l’incessante preghiera delle persone a noi care – racconta Antonella – La crescita insieme nella fede grazie a Comunione e Liberazione ci ha portato a questo livello di consapevolezza. Non mi sono mai sentita tradita da Dio, perché il suo amore è immenso. Il nostro matrimonio poteva durare un anno, invece il Signore ci ha concesso molti più anni. Tante volte i medici ci hanno tolte le speranze, ma Pinuccio ha continuato a vivere. Perché l’ultima parola non è dell’uomo, ma di Dio”.

La vita è un dono così come si presenta

Rimasta sola dopo la morte di Pinuccio e la lontananza del figlio per motivi di studio, Antonella si è trovata a vivere in una casa piena di ricordi. “Ho capito che dovevo continuare a mettermi al servizio dell’altro – spiega – Il mio Amore doveva trasformarsi ancora. Oggi vivo donandomi tutta a Dio, in cammino di consacrazione con la fraternità San Giuseppe di Comunione e Liberazione”.

Questa decisione è nata anche dal desiderio di vivere la vita come gli ha insegnato Pinuccio: guardandola con bellezza, nonostante ciò che arriva, perché è un dono così come si presenta. Perché per un cristiano la morte che cos’è se non un seme che morendo germoglia e dà frutto?

Continuiamo a rivivere la Festa di Santa Rita 2023 attraverso gli articoli dell’ultimo numero della rivista “Dalle Api alle Rose”, in questo caso attraverso l’omelia del cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, che ha  presieduto il Solenne Pontificale, seguito dalla Supplica e dalla Benedizione delle rose.

Un’omelia, preparata prendendo dall’Archivio del Dicastero il volume della “Positio super virtutibus” stampata nel 1897 per la canonizzazione della santa, in cui ha ricordato come la taumaturga umbra abbia rappresentato un modello di Carità e Gioia, nonostante una vita segnata dalla sofferenza.

Un amore modellato sulla Carità di Gesù Cristo

«Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla»

Gv 15,4-5

Rifacendosi a questo brano del Vangelo, letto durante la celebrazione, Semeraro ha citato dal testo della Positio:  “Essa (Santa Rita, ndr) attingeva la carità verso il prossimo dal cuore di Gesù, cui voleva assomigliarsi in tutto”. E ancora: “L’amore di Dio della nostra Beata non era ozioso, ma operativo e modellato sulla carità di Gesù Cristo”.

Il Cardinale ha ricordato così la carità ritiana che le monache agostiniane del monastero di Cascia portano avanti con dedizione, rendendola quanto mai concreta, anche attraverso la Fondazione a lei intitolata e da loro creata nel 2012.

Spina spes gloriae

Semeraro ha aggiunto, inoltre, che secondo Padre Agostino Trapé la frase che sintetizza la vita di Rita è “Spina spes gloriae”. Tanto che nonostante i drammi e i dolori che accompagnarono le vicende della sua vita, Trapé ricorda come ella “ebbe nel cuore la gioia e la diffuse intorno a sé”

 “Questa medesima gioia, per sua intercessione – ha concluso – noi oggi la invochiamo per noi, per le nostre famiglie, per questa Comunità diocesana e per tutta la Santa Chiesa”.

Sabato 21 maggio, presso la Basilica Santa Rita di Cascia, Luciana Daqua è stata una delle tre Donne a ricevere il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2023, così come viene ricordato nell’ultimo numero della rivista “Dalle Api alle Rose”, edita dal nostro monastero.

Il bimestrale  apre con un approfondimento dedicato al premio che ogni anno, in occasione della Festa della Santa del 22 maggio, viene assegnato alle donne che ancora oggi incarnano nella quotidianità i valori ritiani, scegliendo per il 2023 di premiare quello di essere “servizio per il prossimo”

In particolare, si legge nella motivazione, Luciana è stata premiata “per aver fatto della sua professione e della sua famiglia un porto sicuro per gli emarginati della società del consumismo. Come assistente sociale e con l’appoggio del marito, scomparso prematuramente, ha accompagnato extracomunitari, prostitute, omossessuali a intravedere nel buio delle loro situazioni senza uscita una via di fuga verso un futuro migliore”.

Dio scrive dritto sulle righe storte

La storia di Luciana, nata a Monasterace (Reggio Calabria) nel settembre del 1955, primogenita di cinque figli, è semplice ma intensa, per certi versi incredibile. Racconta di una donna che, educata con forti valori da una famiglia profondamente cattolica, in nome di un amore più grande, rompe ogni schema sorprendendo tutti e testimoniando come Dio scrive dritto sulle righe storte. Luciana vuole andare in India e servire Dio insieme a Madre Teresa di Calcutta, ma la sua vita, spesa per amore, sarà tutt’altro!

Porte e cuore aperti alle fragilità

È una ragazza dalla bellezza disarmante, ma a lei interessa il contenuto e non la forma. Così fa saltare il fidanzamento con un ottimo partito e decide di dedicarsi agli ultimi che incrocia sulla sua strada. Incontra Enzo, si innamorano profondamente: con lui comincia un processo di libertà senza eguali. La porta di casa loro è sempre aperta e così il loro cuore. Arriveranno due figli: Loredana e Giuseppe, ma soprattutto arriverà un piccolo popolo di cui si prenderanno cura.

Santa Rita, uno specchio in cui riconoscersi

Il cuore di Luciana è pago. Ma il suo Enzo muore e lei rimane sola a quarant’anni con due figli. Tutto sembra crollare, il dolore però o ti schiaccia o ti fa entrare nel mistero e Luciana entra totalmente nell’Amore.

Come assistente sociale è riferimento di molti; insegna all’Università; raccoglie e nasconde in casa giovani prostitute; incontra oltre 1700 coppie; fonda diverse associazioni. Lotta contro la disperazione quando i suoi figli si ammalano di tumore. Consola chi non comprende il senso della vita, perdona chi la denigra. Luciana si sente prescelta dal dolore che feconda e genera vita.

Un giorno un suo studente vedendola preoccupata le si avvicina dicendole che sta pregando per lei Santa Rita: Luciana scopre Rita e trova uno specchio in cui riconoscersi. Anni dopo, sua figlia, che ad insaputa della madre frequenta Cascia, la porta a conoscere la santa e Luciana comprende ancor di più la sua vocazione.

Un premio per gli ultimi

Così, ogni giorno Luciana è punto di riferimento per tutto il territorio della Locride ma, soprattutto, per gli ultimi che predilige. E ci tiene a dedicare il suo premio a tutti i genitori che hanno perso dei figli e a quei giovani che, pur in vita, sperimentano la morte dell’anima, perché Santa Rita compia in loro il miracolo della rinascita.


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