La stagione della speranza: il cammino spirituale estivo che ci accompagna al Giubileo 2025
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Con l’adorazione consegniamo a Dio le redini della vita
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Circuito della carità operosa: il GRAZIE a tutti voi benefattori
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La verità della vita è che siamo amati
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Grido di umanità, pace e speranza: la rivista racconta la festa di Santa Rita 2024
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A Padre Rocco Ronzani il Papa affida l’Archivio Apostolico Vaticano
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Perdoniamo allenandoci in umiltà
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Perché Dio permette la morte?
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“Non abbiate paura, imitate Santa Rita”. L’invito di Padre Farrell durante la Messa in diretta su Rai1
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“Portare l’abbraccio e la voce di Santa Rita che grida alla pace”. La Priora sulla Messa su Rai 1 da Cascia
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Parte la prossima settimana il nostro viaggio spirituale estivo offerto a tutti voi e dedicato quest’anno alla riscoperta della speranza.
A pochi mesi dal Giubileo 2025 che sarà fondato sulla ‘speranza che non delude‘ desideriamo offrire a tutti coloro che vorranno partire con noi per questo cammino speciale dei momenti di riflessione, avvicinamento al Signore e conoscenza di noi stessi.
Unisciti a noi! Esploreremo, insieme e grazie a Suor Maria Rosa Bernardinis, Priora del Monastero Santa Rita e all’agostiniano Padre Pasquale Cormio, il significato profondo della speranza cristiana, rinnovando il nostro Spirito e rafforzando la nostra fede.
E’ il momento giusto per rigenerarci
L’estate, con i suoi giorni luminosi e le sue notti serene, è per eccellenza una stagione di speranza. È il tempo in cui la natura si mostra al culmine della sua bellezza, ricordandoci che, proprio come la terra si rinnova e fiorisce, anche noi possiamo rigenerare il nostro Spirito.
E la speranza è una delle nostre più grande alleate in questo, perché alimenta in noi la fede, la fiducia e la forza interiore. Essa ci offre una visione positiva del futuro, orientato alla Salvezza eterna, infonde coraggio nei momenti di avversità e ci sprona a perseverare nonostante le difficoltà.
Attraverso la speranza, troviamo il sostegno necessario per rialzarci, per rinnovare le nostre energie e per affrontare le sfide della vita con rinnovato vigore e serenità.
Lo testimonia anche la nostra Santa Rita,che ha incarnato la speranza nelle situazioni più difficili, affrontate sempre con fede incrollabile. La sua vita ci insegna che, anche nelle circostanze più oscure, la speranza può fiorire e portare nuova luce, perché quando si è ancorati al Signore nulla è impossibile.
5 tappe verso la speranza
Saranno 5 gli appuntamenti, uno ogni settimana fino alla fine di agosto, all’interno dei quali vi proporremo diversi temi su cui riflettere.
Partiremo chiedendoci cosa davvero si intende per speranza, poi andremo a scoprirne le radici.
Andando ancora avanti, arriveremo a fronteggiare i casi in cui possiamo perdere la speranza, ma anche a fissare bene come poterla riacquistare.
E, infine, approfondiremo cosa vuol dire possedere la speranza ed esserne testimoni. Questo è il compito a cui ognuno di noi cristiani è chiamato con la propria vita e le proprie azioni quotidiane.
Vi aspettiamo il 31 luglio per la partenza di questo nostro viaggio speciale!
L’agostiniana Suor M. Lucia Solera, nel suo ultimo articolo sulla rivista Dalle Api alle Rose, continua il cammino lungo l’anno della preghiera e verso il Giubileo 2025, parlando della preghiera di adorazione.
Adorare è ciò che proviamo di fronte al mistero di Dio
Sant’Agostino inizia la sua opera più celebre, le Confessioni, con una meravigliosa espressione di adorazione: «Tu sei grande, Signore, e degno di altissima lode (…) E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato… Sei tu che lo risvegli al piacere di cantare le tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te». Di fronte alla grandezza di Dio, Agostino è come se dicesse: “Signore, tu sei. Io sono piccolo, anzi non sono, per dir meglio, perché così carico di debolezza. Ma Tu sei, e questo mi basta; il tuo essere mi fa esistere”.
Adorare è quel sentimento che prende corpo quando ci ritroviamo di fronte al mistero di Dio: avvertiamo che è sempre al di là di quello che possiamo cogliere di lui.
Un silenzio che si esprime
Le parole a poco a poco diminuiscono, fino a tacere: e sì, ci ritroviamo a “metterci una mano sulla bocca”, come letteralmente la parola adorazione suggerisce (etimologicamente si riferisce al gesto di mettere la mano alla bocca come segno di stupore davanti al divino, ndr)
Chi di noi, di fronte a un evento straordinariamente bello, non ha sentito inadeguate le parole ad esprimerlo? O chi di noi non si è trovato ad affrontare momenti estremamente faticosi, dove l’unica voce che affiora dal cuore è il silenzio?Sono, questi, momenti di adorazione.
Santa Rita ha messo il Signore al primo posto
Come avrà alimentato Rita il senso dell’adorazione? In maniera molto semplice: lasciando a Dio il primo posto nelle sue scelte, nei passi da compiere, nelle cose anche piccole di ogni giorno. E così Rita cresce sentendo che la sua storia è cara a Dio e che lo sguardo amorevole del Padre è su di lei. Un reciproco appartenersi.
Cerchiamo di avvicinarci a Rita nel tempo della sua desolazione, quando si ritrova vedova e senza più figli. Come avrà vissuto quel periodo senz’altro irrigato da tante lacrime? Ancora l’adorazione le sarà venuta in aiuto: con il cuore gravido di silenzio, ritrovarsi davanti a Dio e così dirgli unicamente: “Tu sei. Io sono così povera, ma Tu sei. Di nuovo e ancora, come la povera vedova del Vangelo (cf Lc 21, 4), getto in Te tutta la vita che ho”.
Quando si adora, si arriva a consegnare a Dio le redini della propria vita, con una disponibilità spoglia di tante cose non necessarie. Rita vive proprio questo.
La preghiera
Rita, donna del silenzio adorante, guardando a te riconosco che anche per me l’adorazione è necessità vitale: stare con l’umile Gesù e sentire che la sua presenza è la più vera, la più buona, la più importante. Ottienimi di camminare nell’adorazione come hai fatto tu, fino a mettere nelle mani di Dio, con piena disponibilità, tutta la mia vita.
Il cuore dell’omelia del 22 maggio, per la Celebrazione Eucaristica dedicata ai benefattori, diPadre Mario De Santis, Rettore della Basilica di Santa Rita da Cascia, è un grande GRAZIE a tutti voi che sostenete il Santuario. Come si legge nell’articolo che ne riporta un estratto, pubblicato sull’ultimo numero della Rivista Dalle Api alle Rose.
Un bene che produce amore
È doveroso nel giorno celebrativo di Santa Rita fare memoria di quanti Le hanno voluto bene, ricordare quanti per questo bene le hanno costruito questo bel Tempio e hanno sostenuto e tuttora sostengono le molteplici opere sorte accanto al Santuario e al Monastero.
Tra queste eccelle l’Alveare di Santa Rita (progetto delle monache che a Cascia, dal 1938, accompagna minori nel loro percorso di crescita), dove “l’ape regina” non produce miele ma amore, carità, solidarietà, spalmando questi meravigliosi valori umani e morali, su vite umane, curando, educando e sostenendo queste vite che crescono e si proiettano verso un avvenire che vogliamo sperare roseo e decoroso.
La prima benefattrice: la Beata Fasce
“L’apre regina” è la Beata Maria Teresa Fasce (storica Badessa del Monastero), prima grande benefattrice del Santuario, l’artefice dell’Alveare, la promotrice “in pectore” di tutte le opere ritiane e del culto di Rita in Italia e nel mondo. Fu Lei, “la Madre”, come solevano chiamarla le sue consorelle, che confidando su quel bel detto di Gesù, “senza di me non potete far nulla” e affidandosi ciecamente alla Divina Provvidenza, seppe erigere alla sua Rita questo bel Tempio, che permette a noi e ai tanti suoi devoti, di raccogliersi in preghiera e lodare e magnificare Dio, la Madonna Santissima e tanti Santi Agostiniani.
Ma non sarebbe stato possibile a Madre Teresa giungere a tanto, se non avesse usufruito della carità e solidarietà di tanti devoti di Rita, che chiamiamo benefattori.
Vi abbracciamo tutti
Oggi è la loro esaltazione. Questa celebrazione è per loro, sia che essi vivano ora in cielo, sia che ancora camminino come pellegrini verso il cielo. Oggi li abbracciamo tutti. Oggi li ringraziamo tutti nel nome di Rita e della Beata Teresa e a tutti auguriamo pace in cielo e vita beata e bella in terra.
Dentro questo grande circuito d’amore desideriamo inserire anche tutti gli operatori del Monastero e della Basilica e di tutte le opere ritiane, così come tutti i casciani. Il sogno di Santa Rita e della Beata Fasce è che a Cascia si viva e si operi, si agisca e si lavori in armonia e unità, per accogliere e servire il pellegrino o il turista dello spirito con religiosità e vera umanità.
Ad aprirle lo Speciale dedicato alla Festa di Santa Rita di quest’anno, sulla Rivista Dalle Api alle Rose di luglio-agosto, è un estratto dell’omelia di Padre Alejandro Moral Antón, Priore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino.
Padre Moral, in occasione della Celebrazione Eucaristica degli Agostiniani del 21 maggio 2024, parlando di Rita ha focalizzato la sua riflessione sull’amore: quello che Rita sperimentò e che riversa su tutti noi, per Grazia di Dio. Il nostro compito è farci ambasciatori di questo amore che riceviamo!
Santa Rita ci spinge ad amare Dio e il prossimo
Essa visse nell’umiltà e nella carità, nella preghiera e nella penitenza e, soprattutto, nell’amore che viene da Dio. Santa Rita è stata la donna saggia, unita a Dio e guidata dallo Spirito.
Ha portato a termine le parole di Gesù che riporta la lettera di San Paolo ai Romani: “detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello Spirito”.
Annunciate il Vangelo, la Misericordia e l’Amore di Dio, la Fraternità e la Pace…
… questa è la missione che Gesù ha chiesto di portare a termine ai suoi discepoli (e oggi anche a noi). Per questo ci ha inviato lo Spirito Santo che ci guida nelle nuove situazioni esistenziali con uno sguardo rivolto a Gesù. Egli ci aiuta a camminare nella storia saldamente radicati nel Vangelo.
Proprio nel Vangelo il Signore ci invita a rimanere uniti alla vite vera che è lui per avere la vita, cioè, l’amore di Dio (lo Spirito Santo) che guiderà i nostri cuori e ci porterà a dare frutti di questo suo amore, a vivere nella carità. Il Signore dice di sé stesso di essere la vite, volendo mostrare la necessità che noi siamo radicati nel suo amore, e il vantaggio che a noi proviene dall’essere uniti a lui. Coloro che gli sono uniti li paragona ai tralci. E sono resi partecipi della sua stessa natura, mediante la comunicazione dello Spirito Santo.
Edificati su Cristo
Il modo con il quale noi siamo in Cristo ed egli in noi, ce lo spiega San Giovanni: “Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito” (1 Gv 4, 13). Come la radice comunica ai tralci le qualità e la condizione della sua natura, così l’unigenito Verbo di Dio conferisce agli uomini, e soprattutto a quelli che gli sono uniti per mezzo della fede, il suo Spirito. Concede loro ogni genere di santità, conferisce l’affinità e la parentela con la natura sua e del Padre, alimenta l’amore e procura la scienza di ogni virtù e bontà.
Questo è il nostro valore: siamo amati
Il Vangelo ci ricorda la verità della vita: siamo amati. Come per Santa Rita, così anche per noi, la santità è anzitutto lasciarsi trasfigurare dalla potenza dell’amore di Dio. Sant’Agostino ci insegna che Dio ha effuso su di noi il suo Spirito come anticipazione del dono che ha preparato per noi: la vita eterna insieme al suo amore. Dice: “Lo Spirito Santo è il nostro cammino, la nostra guida e il nostro incoraggiamento affinché non ci perdiamo lungo il cammino e raggiungiamo la meta: vivere eternamente del suo amore.
Santa Rita, degna figlia di Agostino, ci invita a vivere la nostra fede in umiltà: “Siate umili perché l’umiltà è un riflesso dell’amore di Dio”.
E’ stata davvero un grido, silenzioso e radioso, la festa di Santa Rita di quest’anno. Così la descrive Suor Giacomina Stuani, Economa del Monastero e Direttore della Rivista Dalle Api alle Rose, nell’editoriale dell’ultimo numero.
La Rivista di luglio-agosto, che a breve arriverà nelle vostre case, in Italia e in tutto il mondo, è storicamente quella che contiene il racconto dei festeggiamenti di maggio, dedicati alla nostra amata Santa Rita. E, così, sfogliandone le pagine, torniamo al 22 maggio e nel cuore tornano ancor più vivi i sentimenti di fede, umanità e speranza!
Una riflessione che parla, anzi grida
“La santità della nostra amata Rita passa per la sua umanità, come figlia, donna, moglie, madre e suora calata nel mondo e in relazione con l’altro. Voglio lanciare con forza un nuovo appello per la pace nel mondo, a partire dalle martoriate Ucraina e Terra Santa, ricordando che la pace dipende proprio dalla salvaguardia della nostra umanità.
Invito tutti a coltivare la cura dell’altro e il dialogo, con la consapevolezza che ogni vita è sacra. E che non esiste amore senza giustizia, né giustizia senza amore”.
Così la nostra Priora, Suor Maria Rosa Bernardinis, ha chiuso la Festa dedicata a Santa Rita qui a Cascia. Con le sue parole ho pensato di aprire questa rivista con la quale vi raccontiamo la bellezza che ci ha donato quest’anno il 22 maggio, che ha visto migliaia e migliaia di devoti riunirsi in Rita e accanto a Rita da tutta Italia e da tutto il mondo.
La riflessione di Suor Maria Rosa rappresenta il grido silenzioso e radioso di questa festa, fatto di umanità, pace e speranza.
Umanità, pace e speranza per ritrovarci e riscoprirci forti
L’umanità che Rita ha vissuto a pieno e che, in questo mondo disumano segnato da massacri indicibili, ci chiede di riscoprire per farne il nostro faro.
La pace che, persi nella violenza, nell’egoismo, nell’odio sembra lontana e che Rita invece ci indica come meta doverosa e sempre possibile, da conquistare con coraggio, riconciliazione e dialogo.
E, infine, la speranzache, ci dice Sant’Agostino “grida sempre a Dio” perché siamo stati fatti di speranza e Rita ci aiuta a trovarla in noi e in Lui, contro ogni circostanza.
Illuminati da questi valori, che squarciano ogni buio, fuori e dentro di noi, anche se ci sentiamo persi, ricordiamo chi siamo, figli e figlie fatti a immagine e somiglianza di Dio.
Ritroviamoci e riscopriamoci più forti, non con la violenza ma con la vita, l’unica vera potenza, e dono, che abbiamo.
La Famiglia Agostiniana di Cascia è molto felice di condividere la bellissima notizia della nomina, avvenuta venerdì 5 luglio da parte del Santo Padre Francesco, del nostro confratello Padre Rocco Ronzani a nuovo Prefetto dell’Archivio Apostolico Vaticano.
Un incarico prestigioso e importante, per il quale auguriamo a Padre Rocco ogni benedizione divina, anche attraverso l’intercessione della nostra Santa Rita, che il giorno dopo la nomina lo stesso Padre Rocco è venuto a salutare e ringraziare qui a Cascia!
Padre Rocco: da 20 anni nella famiglia agostiniana
Nato a Roma il 21 febbraio 1978, Padre Rocco ha fatto ingresso nell’Ordine di Sant’Agostino nel 1997, con la professione solenne il 1° novembre 2002. È stato ordinato presbitero il 27 giugno 2004 e nel 2010 ha conseguito il dottorato in Teologia e Scienze Patristiche al Pontificio Istituto Patristico Augustinianum a Roma, dove attualmente insegna Patrologia Fondamentale.
È consultore del Dicastero delle Cause dei Santi, direttore dell’Archivio Storico della Provincia Agostiniana d’Italia e docente della Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense a Roma.
Per diversi anni ha collaborato anche con la rivista del Monastero Santa Rita da Cascia, Dalle Api alle Rose.
L’Archivio dei Papi
Oltre 1000 anni di storia, racchiusi in più di 85 km di scaffali, per 400 anni di attività. Questi sono i numeri dell’Archivio Apostolico Vaticano, l’archivio centrale della Santa Sede e tra i più prestigiosi centri di ricerca storica, dove sono conservate milioni di carte e pergamene a cui possono accedere studiosi di ogni confessione religiosa.
In uno degli ultimi articoli della sua rubrica su Dalle Api alle Rose, la Rivista del Monastero Santa Rita da Cascia, la Priora Madre Maria Rosa Bernardinis, tocca un argomento fondamentale per la vita e il messaggio di Santa Rita, il perdono. Essenziale, più che mai, anche oggi, come capacità da allenare.
Un dono del quale fare pratica quotidiana
Parlare di perdono vuol dire aprire un tema che sembra non toccare mai il fondo. Ho pensato così di scrivere a Santa Rita una lettera. Cara Rita, a te che sei esperta di questo messaggio chiedo aiuto, come allo Spirito Santo affinché io possa essere utile per chi si trova in difficoltà spirituali, umane e relazionali. Partendo dalla parola in sé, per-dono, considero il perdono un grande dono di Dio, da esercitare però ogni giorno nella convivenza familiare e sociale. Non possiamo dire che Egli sia parziale, se Gesù ha posto le condizioni per avere il perdono del Padre Celeste, nella misura con cui noi perdoniamo il prossimo.
Cara Sorella, Sant’Agostino nella Regola raccomanda: “Che non ci siano mai litigi (impossibile), ma se nascono, di troncarli al più presto (molto impegnativo) col perdono, affinché la pagliuzza (per un silenzio irritato e irritante) diventi una trave. Questo perché la preghiera (il Padre nostro) sia sincera e vera”.
Fare un passo verso l’altro con umiltà
Allora, come possiamo perdonare? Penso che dipenda da chi è più umile. Può essere l’offeso a compiere il primo passo, perché è nella disposizione migliore (lo dice anche Gesù). Potrebbe essere però anche chi ha offeso a cogliere l’opportunità per vincere l’amor proprio.
Sant’Agostino suggerisce una regola d’oro, per dare consistenza alla pace raggiunta: “Non state a discutere”. Ovvero, hai perdonato? Allora hai bruciato nella carità l’offesa ricevuta; non la ricordare più. È questo che fa Dio ogni volta che gli chiediamo perdono con sincera confessione! Alleniamoci a imitarlo.
Il perdono è come l’amore: gratuito e dà libertà
Cara Rita, nella tua vita hai avuto la grande capacità di perdonare chi ha distrutto la felicità raggiunta con il tuo sposo Paolo, hai provato a convincere anche i tuoi figli a perdonare chi aveva ucciso il loro padre, e poi hai trascorso quarant’anni qui in monastero per riconciliare marito, figli e assassino al Padre che è nei Cieli, trovando in Gesù Crocifisso il senso del tuo soffrire. Egli ha lasciato al Padre il giudizio (che appartiene a Dio) del perdono, ha giustificato l’operato di coloro che lo crocifiggevano e ha reso possibile la riconciliazione, con la sua morte e la risurrezione.
Tu Rita, hai fatto esperienza dell’Amore vero che ci ama per primo e sai che quell’Amore non viene mai meno, anche quando l’evidenza fa pensare il contrario. Tu sai che chi si sente più perdonato meglio risponde riamando senza attendere nulla in cambio, in questo modo è possibile raggiungere la pace vera, quella che ancora oggi cerca cuori amanti per colmarli di questo eterno amore.
Sì, amica mia, ci sono persone che per raggiungere la pace devono perdonare anche Dio, che a loro sembra sordo e assente: credendo che dietro all’incomprensibile c’è un disegno d’amore per ognuno ce la faranno. Tu ce l’hai fatta, Rita, col Suo aiuto, e sei un segno anche oggi, per noi. Grazie e shalom!
Quando perdiamo una persona cara ci chiudiamo nel dolore e, spesso, il primo che abbandoniamo è proprio Dio. C’è chi smette di credere alla sua esistenza, chi dubita, chi lo accusa. Così, smettendo di aver fiducia in Lui, finiamo per perdere anche la fiducia in noi stessi.
Questo è uno dei temi centrali trattati nel libriccino “Aiutami a superare il lutto” del Monastero Santa Rita da Cascia, edito da Tau editrice per la collanaRita Quotidiana, in cui le monache invitano a elaborare la perdita, guardando alla Resurrezione, andando oltre per rinascere, seguendo l’esempio di Santa Rita.
Il Vangelo ci insegna che non possiamo aggirare il dolore ma attraversarlo insieme al Signore.
Massimiliano si chiede, dov’è Dio davanti a un bambino che muore?
Sono un ragazzo di 23 anni. Da molto tempo ho dei problemi con la mia fede, e in questi ultimi tempi credo di aver raggiunto il fondo. Per quale ragione un bambino o peggio un neonato, che si è appena affacciato alla vita deve morire dinanzi agli occhi di sua madre impotente? Allora io mi chiedo dov’è Dio in tutto questo? Questi ragionamenti mi hanno portato a ritenere che in realtà noi e tutto ciò che ci circonda siamo solo il frutto del caso. Ma una parte di me si rifiuta di accettare questa condizione.
Il consiglio delle monache: leggi il dolore alla luce della Resurrezione
Magari anche tu ti stai facendo la stessa domanda di Massimiliano. Solo uniti a Gesù, nella contemplazione del suo mistero di passione, morte e risurrezione, possiamo trovare la risposta.
Dio non ci ha creati per il dolore o la morte, ma per la vita eterna. Il Libro della Sapienza ci dice che “Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece ad immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo” (Sap 2, 23-24).
Dio, però, che è Padre e ci ama di un amore infinito, ha mandato Gesù, perché come uomo potesse unirsi ad ogni uomo e ad ogni donna e assumere su di sé le sofferenze del mondo. Ha sofferto, è morto, ma è risorto. Impariamo a saper leggere gli avvenimenti della nostra vita, anche e soprattutto quelli dolorosi, nella luce della Risurrezione di Cristo. Il nostro cuore sarà abitato dalla speranza, dalla gioia, dall’amore.
Come ha fatto Santa Rita a continuare a vivere?
Così ha fatto la nostra Santa Rita, che anche nel dolore ha sperimentato sempre l’amore e la bontà di Dio. Ha perduto marito e figli, subito dopo: due strazianti sofferenze che le avranno lacerato l’anima. Come è andata avanti? Esattamente come puoi farlo tu, prendendo la mano che il Signore ti sta tendendo, proprio per consolarti e aiutarti.
Ti occorre avere fiducia e umiltà, perché solo riconoscendo i nostri limiti possiamo davvero superarli. Umiliarsi significa fare il primo passo nel percorso della ricerca del Signore e della sua consolazione, della sua forza, del suo amore.
“Il consiglio che Gesù ha dato con maggiore frequenza ai suoi seguaci durante il suo ministero pubblico è: Non abbiate paura (Non Temere). La lettura del Vangelo di oggi ne è un esempio. Gesù dice al capo della sinagoga: “Non temere, abbi fede”.
Questo l’inizio dell’omelia di Padre Joseph Farrell, Vicario Generale dell’Ordine di Sant’Agostino, durante la Santa Messa in diretta su Raiuno dalla nostra Basilica, domenica scorsa 30 giugno, in cui in seguito ha ricordato la fede di Santa Rita, portandola come esempio per superare le paure dei nostri tempi.
“Santa Rita, nella sua vita, ha certamente conosciuto la paura – ha commentato – La morte di suo marito, dei suoi figli, le stimmate che portava nella sua carne per partecipare alle sofferenze di Cristo e il momento in cui si avvicinava la sua stessa morte furono occasioni in cui la paura poteva prendere il sopravvento e abbattere ogni sicurezza. Tuttavia, Santa Rita conosceva qualcosa che è più forte della paura. Ella custodiva il prezioso dono della fede che aveva ricevuto dal Signore”.
Successo di ascolti, con il 21,5% di share
La Santa Messa in diretta ha fatto registrare ottimi ascolti, seguita da 1.306.000 spettatori, con il 21,5% di share, risultato superiore alla media.
Per l’occasione, le monache hanno vissuto eccezionalmente la Santa Messa in Basilica, insieme ai devoti presenti e in comunione con quanti l’hanno seguita da casa
La celebrazione, aperta alle 10:55 da un emozionante video che ha raccontato Cascia, i luoghi e l’eredità di Santa Rita, è stata presieduta da Padre Farrell, e animata dai canti della Corale Santa Rita di Cascia, diretta da Rita Narducci. La regia è stata di Padre Gianni Epifani e il commento liturgico di Orazio Coclite, con la sua voce inconfondibile.
Potete rivederla sul nostro canale YouTube, cliccandoqui.
“Non lasciate che i vostri cuori siano turbati”
“Non temere appare 70 volte nel Nuovo Testamento – ha continuato Padre Farrell nell’omelia – Ma anche in molti altri casi Gesù ha utilizzato espressioni simili, come “Coraggio”. Ad esempio quando voleva incoraggiare i Suoi discepoli, sollevandoli dalla paura, dopo aver camminato sulle acque del lago. E ancora. In un’altra variante, Gesù parla ai Suoi discepoli della Sua morte imminente: “Non lasciate che i vostri cuori siano turbati”.
“Se si consulta un thesaurus per trovare sinonimi della parola “paura”, si trovano termini come: terrore, orrore, allarme, panico, trepidazione, timore, angoscia e preoccupazione. Nel Vangelo di oggi Gesù ci dà l’antidoto per tutti questi sentimenti. Non solo incoraggia il capo della sinagoga a non avere paura, ma anche lo invita ad avere fede. Le due cose vanno di pari passo. La fede, come sappiamo, è un dono di Dio, e Sant’Agostino ci mette in guardia dal non darla per scontata. Guai a . . . un [cristiano] se il Signore non custodisce la sua fede. (Enarr. in Ps. 120.2)”
Come superare le paure dei nostri tempi
“Nel 21° secolo, abbiamo qualcosa in comune con il capo della sinagoga, con Santa Rita, e con Sant’Agostino? – si è chiesto il padre – Certo che sì. Anche noi temiamo la morte dei nostri cari. Temiamo anche la guerra, le rivolte, i saccheggi, i cambiamenti climatici, le pandemie, condizioni economiche incerte, gli incendi, gli tsunami – la lista può continuare ad infinitum”
“Possiamo fare qualcosa per placare le nostre paure di questi tempi?”
“Sì – ha concluso – Lo facciamo ad ogni Messa quando, dopo aver finito di proclamare il Padre Nostro, il celebrante, a nome di tutti, dice “Liberaci, oSignore,datutti imali, concedi la pace ai nostrigiorni”. D’ora in poi, ricordiamoci durante ogni Messa tutti questi sinonimi di paura e impegniamoci a riflettere sull’esperienza di fede del capo della sinagoga. Egli ovviamente fece ciò che Gesù gli disse di fare, e anche noi dovremmo fare così. È così che anche nella nostra vita possono avvenire i miracoli che ci conducono a superare i momenti di paura per giungere ad esperienze meravigliose di fede”.
“La Santa Messa su Rai 1 dalla Basilica di Santa Rita è un momento prezioso per unire persone dall’Italia e dal mondo e portare l’abbraccio e la voce di Santa Rita che, mai come oggi, grida alla pace.
A poco più di un mese dalla festa solenne del 22 maggio, è una nuova occasione per pregare come popolo di Dio per la fine delle guerre, in Ucraina e in Terra Santa e in ogni altro luogo di orrori disumani, perché la pace, come ci ricorda Rita col suo esempio, è sempre possibile, con coraggio e speranza.
Riscopriamo la nostra forza, non con la violenza ma con la vita, unica vera potenza, e dono, che abbiamo”.
Con questo appello alla pace Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, accompagna la notizia della Santa Messa su Rai 1 di domenica 30 giugno dalla Basilica della Santa degli Impossibili a Cascia, appuntamento storico e sempre molto seguito.
Per l’occasione, le monache vivranno eccezionalmente la Santa Messa in Basilica insieme ai devoti presenti e in comunione con quanti la seguiranno da casa.
Appuntamento domenica 30 giungo alle 10:55 su Rai 1
La celebrazione, aperta alle 10:55 da un video che racconterà Cascia, i luoghi e l’eredità di Santa Rita, sarà presieduta da Padre Joseph Farrell, Vicario Generale dell’Ordine di Sant’Agostino, e animata dai canti della Corale Santa Rita di Cascia, diretta da Rita Narducci.
Regia di Padre Gianni Epifani e commento liturgico di Orazio Coclite.
La Santa Messa potrà essere seguita o rivista anche tramite Raiplay
PER I PELLEGRINI CHE SARANNO A CASCIA DAL 28 AL 30 GIUGNO
Venerdì 28 e sabato 29 giugno, per consentire il montaggio delle attrezzature tecniche della Rai, nella Basilica di Santa Rita saranno celebrate le Sante Messe delle 7.30 (nella Cappellina interna) e delle 18.00. Mentre le celebrazioni eucaristiche delle 10.30, 12.00 e 16.00 avranno luogo nella Cappellina interna alla Basilica oppure nella Basilica Inferiore.
Domenica 30 giugno la Basilica sarà aperta fino alle 10.30 e poi riaprirà alle 12.00, per garantire la preghiera davanti all’Urna che custodisce il corpo di Santa Rita. Infine, le Sante Messe domenicali delle ore 10.30 e 12.00 saranno celebrate alla Sala della Pace del Santuario ritiano.
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