Con Suor M. Giacomina Stuani scopriamo il significato profondo della carità, riportando l’articolo pubblicato nella rivista n°1 Dalle Api alle Rose del 2025.
La perfetta carità non ha né la cupidigia del secolo, né il timore del secolo, cioè né la cupidigia per accaparrarsi le cose temporali, né il timore di perderle. Attraverso queste due porte entra e regna il nemico, il quale deve essere cacciato prima col timore di Dio e poi con la carità.
Dobbiamo pertanto desiderare una chiarissima ed evidentissima conoscenza della verità tanto più ardentemente, quanto più ci accorgiamo di progredire nella carità e avere il cuore purificato dalla sua semplicità, in quanto proprio attraverso l’occhio interiore si vede la verità: Beati i puri di cuore, dice il Signore, perché essi vedranno Dio.
Lasciamoci guidare dall’amore
Una delle condizioni, che in sé è anche virtù, perché ogni altra virtù possa crescere ed essere esercitata in ciascuno di noi, è l’amore. La virtù dell’amore cesella Cristo in noi e lasciandoci guidare da Lui, Maestro interiore, rinunciamo a noi stessi, al nostro egoismo, ai vizi che possono scaturire da una chiusura in noi stessi.
Il nostro completo attaccamento a Dio, nostro Fine ultimo, ci aiuta a vivere una vita virtuosa e di quella carità che può salvare il mondo. L’anima cerca, attraverso “l’ordine dell’amore”, di vivere unita a Lui, anche se solo nella vita eterna otterrà la perfetta unione con il suo Creatore, poiché in questo mondo siamo attratti dall’amore di noi stessi e dall’orgoglio. Per Agostino la carità è la vera essenza della vita cristiana e il fine ultimo è la contemplazione di Dio.
Misericordia: sintesi di carità e santità cristiana
Uno dei sinonimi dell’amore è la misericordia. Il Patriarca di Costantinopoli, Geremia II, vissuto alla fine del secolo XVI, sottolineava l’importanza della virtù della misericordia, come vera sintesi di carità e santità cristiana:
“Cibo senza sale, parole senza verità, opere senza fede, principio senza fine, e virtù senza misericordia, son tutte cose morte. Come nessun vivente cammina con un piede solo, e nessun uccello vola con una sola ala, e nessuna nave naviga con una sola fiancata e nessuna casa è coperta da un solo muro, così nessuno degli eletti si salva, se non unisce alle altre virtù la misericordia. Questa infatti è tale che punisce per la sua mancanza e se viene messa in pratica salva per la sua presenza”.
Dio è amore e l’anima ritorna a Dio nell’amore per mezzo della virtù. “Ama e fa’ ciò che vuoi… Sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene”, concluderebbe Agostino…
Ogni anno, in occasione del 22 maggio, Cascia unisce la sua voce a quella di una città del mondo in cui è presente la devozione a Santa Rita, per divulgare insieme il messaggio di pace e dialogo incarnato dalla santa degli impossibili. Per celebrare questo legame, che quest’anno unirà Cascia con Piacenza, da venerdì 14 a domenica 16 marzo, sarà ospite nella città la delegazione formata dalla nostra famiglia agostiniana di Santa Rita, guidata da Padre Giustino Casciano Rettore della nostra basilica; dalla Diocesi con il parroco di Cascia Don Davide Travagli; dall’amministrazione comunale con a capo il sindaco Mario De Carolis e dal “Comitato Cascia per Santa Rita”.
È con questo intento che il 16 marzo avverrà la solenne accensione della Fiaccola della Pace e del Perdono, simbolo dei festeggiamenti in onore della nostra santa del 22 maggio e del suo messaggio sempre attuale, a nel Santuario di Santa Rita a Piacenza, considerando la sua antica e forte devozione alla taumaturga umbra.
Programma celebrazioni
Venerdì 14 marzo, ore 18.30, presso il Duomo di Piacenza, presieduta dal Padre Rettore p.Giustino Casciano
Sabato 15 marzo, ore 18.30, presso la Chiesa di San Pietro in Ciel D’Oro -Pavia, presieduta da p.Giustino Casciano
Domenica 16 marzo, ore 9.00, presso il Santuario di Santa Rita – Piacenza presieduta da S.E.Mons.Adriano Cevolotto con l’Accensione della fiaccola della pace e del perdono.
Procediamo il cammino dei 15 Giovedì di Santa Rita, che quest’anno si svolge nel cuore del Giubileo e ci condurrà alla Festa del 22 maggio.
Con le riflessioni delle monache del Monastero Santa Rita da Cascia e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, ti invitiamo a partecipare alla nostra missione. Porta la Speranza insieme a Santa Rita!
5° tappa: pellegrini di speranza
Il Giubileo è un’occasione per programmare un pellegrinaggio a Roma o in qualsiasi altra chiesa locale, così da sperimentare un incontro vivo e personale con il Signore ed esserne testimoni in prima persona. Il mettersi in movimento è uno dei momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza. Papa Francesco ha voluto qualificare i pellegrini dell’Anno Santo con il titolo di pellegrini di speranza ed anche nel messaggio per la Quaresima ha voluto riprendere questo aspetto per il tempo di grazia e di conversione inaugurato ieri con il Mercoledì delle Ceneri.
… camminare insieme nella speranza
Vogliamo partire da questo titolo per raccogliere qualche indicazione che ci accompagni non solo per il cammino quaresimale, ma per la nostra vita di fede. Il verbo “camminare” descrive bene la nostra condizione; siamo, infatti, in viaggio, seguiamo una strada rivolti ad una meta: la promessa di vivere in eterno con il Signore. Agostino definisce l’uomo come viandante (viator), che si muove seguendo Cristo, nostra via, e orientando i passi secondo la verità del Vangelo, per giungere a godere della vita con il Risorto. I nostri giorni sono caratterizzati anche da un movimento del cuore, che indichiamo con il nome di “conversione”, volendo esprimere l’idea di un cambiamento che deve coinvolgere la mente, il cuore, la volontà nel prendere decisioni illuminate dai valori del Vangelo.
Ed ecco le domande che Papa Francesco ci lascia in eredità per un buon esame di coscienza mentre siamo nel cammino della vita: “Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità? Cerco percorsi di liberazione dalle situazioni di peccato e di mancanza di dignità?”.
Nel cammino verso Dio nessuno è solo
Questo itinerario della fede non ci deve spaventare, perché non va compiuto in solitaria, ma insieme a tanti altri fratelli con cui condividiamo la grazia del battesimo. Verso Dio si va in compagnia, senza chiuderci in noi stessi e agli altri. Il logo del Giubileo, che ritroviamo in ogni Basilica, su ogni manifesto o volantino, fissa in un’immagine questo insegnamento: quattro figure stilizzate indicano i popoli di diverso colore o nazionalità o cultura, che si muovono dai quattro angoli della terra, l’uno abbracciato all’altro, per esprimere legami di solidarietà, di comunione, di fratellanza. Noi siamo inseriti in una dimensione comunitaria ed ecclesiale: “Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune dignità di figli di Dio; significa procedere fianco a fianco, senza calpestare o sopraffare l’altro, senza covare invidia o ipocrisia, senza lasciare che qualcuno rimanga indietro o si senta escluso”.
Nel tempo della quaresima ci fa bene verificare nella concretezza se camminiamo insieme agli altri, se vinciamo la tentazione di pensare solo ai nostri bisogni, se avviciniamo con gesti concreti quanti sono lontani da noi o ai margini della società.
Infine si cammina insieme sospinti dal vento comune della speranza. Questa virtù non è un concetto né una semplice pratica morale: è l’annuncio della Pasqua, è il segno della vittoria di Cristo sul male e sulla morte: “Gesù, nostro amore e nostra speranza, è risorto e vive e regna glorioso. La morte è stata trasformata in vittoria e qui sta la fede e la grande speranza dei cristiani: nella risurrezione di Cristo”. Il cammino del pellegrino è aperto dalla Croce e tende alla Resurrezione.
…l’esempio di Santa Rita
Santa Rita ha vissuto in modo eroico questa virtù. Non si è lasciata schiacciare dalla sofferenza, dall’odio dei parenti e dalle incomprensioni. Ha saputo vivere imitando il Figlio di Dio, nella pratica del perdono, nell’amore verso i nemici, nel donare la sua vita per il bene dei fratelli, entrando in monastero. Ha sempre avuta chiara la meta della sua vita.
In questo senso la speranza è come un’àncora di salvezza sicura e salda, cui aggrapparci nei tempi in cui è facile disperare piuttosto che avere certezze. Nella speranza io leggo e interpreto gli eventi della storia e della mia vita nella prospettiva di Dio e del suo amore che non viene mai meno.
Ed ecco ancora un orientamento del Papa: “Vivo concretamente la speranza che mi aiuta a leggere gli eventi della storia e mi spinge all’impegno per la giustizia, alla fraternità, alla cura della casa comune, facendo in modo che nessuno sia lasciato indietro?”.
Possa l’esempio di Santa Rita aiutarci ad accogliere quello che la vita ci offre nella speranza, che è certezza, che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”.
Con il Mercoledì delle Ceneri inizia il pellegrinaggio annuale della santa Quaresima, nella fede e nella speranza. L’invito di Papa Francesco è quello di prepararci a celebrare con grande gioia il trionfo pasquale di Cristo, il Signore, sul peccato e sulla morte, come esclamava San Paolo:
«La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» .
(1Cor15,54-55)
In questa Quaresima, arricchita dalla grazia dell’Anno Giubilare, riflettiamo su cosa significa camminare insieme nella speranza.
Prima di tutto, camminare. Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza” fa pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa, narrato nel libro dell’Esodo: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà, voluto e guidato dal Signore, che ama il suo popolo e sempre gli è fedele.
Qui sorge un primo richiamo alla conversione, perché siamo tutti pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità? Rispondere a questa domanda potrebbe essere un buon “esame” per il viandante.
Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi.
In secondo luogo, facciamo questo viaggio insieme. Camminare insieme, essere sinodali, questa è la vocazione della Chiesa. I cristiani sono chiamati a fare strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi. Andiamo nella stessa direzione, verso la stessa meta, ascoltandoci gli uni gli altri con amore e pazienza.
In terzo luogo, compiamo questo cammino insieme nella speranza di una promessa. La speranza che non delude (cfrRm5,5), messaggio centrale del Giubileo, sia per noi l’orizzonte del cammino quaresimale verso la vittoria pasquale. Ecco la terza chiamata alla conversione: quella della speranza, della fiducia in Dio e nella sua grande promessa, la vita eterna. Dobbiamo chiederci: ho in me la convinzione che Dio perdona i miei peccati? Oppure mi comporto come se potessi salvarmi da solo?
La speranza è “l’ancora dell’anima”, sicura e salda.
Santa Rita interceda per noi e ci accompagni nel cammino quaresimale.
Lo voglio benché costi, lo voglio perché costa, lo voglio a qualunque costo
Beata Madre Maria Teresa Fasce
Parte da questa citazione della Beata Fasce, storica Abbadessa del Monastero Santa Rita da Cascia, che nel 1900 ha scritto una pagina di storia, l’articolo di Mauro Papalini, nel numero di gennaio-febbraio della Rivista Dalle Api alle Rose.
Lo storico agostinianista, vuole dare voce alla Beata, presentandone di volta in volta un aspetto, capace di essere modello ed esempio per ciascuno di noi!
… operava solo per gli altri…
Ogni persona che arriva a Cascia si rende subito conto che tutto parla di Santa Rita, tante opere sono sorte nel suo nome; tutto ciò si deve all’attività instancabile della Beata Maria Teresa Fasce. Pur riferendosi al contesto spirituale, le sue parole che riportiamo sopra, richiamano la perseveranza, il coraggio e la tenacia con cui si è impegnata nell’edificazione della nuova Basilica, favorendo tutte le opere di contorno che hanno interessato l’intera città: alberghi, strutture di accoglienza per i pellegrini, strade migliori per raggiungere Cascia.
Si è trovata a gestire lavori, questioni economiche complicate e pastoie burocratiche nonché grosse somme di denaro. Ha dovuto trattare con persone non sempre oneste che hanno cercato di approfittarne; di questo ne soffriva moltissimo e in alcune sue lettere se ne usciva con espressioni del tipo: “Oh monsignore, quanto è brutto il mondo!” o “Questa mattina abbiamo mandato giù più lacrime che latte”. Allora si può dire che è stata un’imprenditrice? Forse sì, ma dobbiamo intenderci sul significato di questo termine. Gli imprenditori lavorano per proprio conto. Devono fare profitti per andare avanti, così possono dare lavoro ad altri e tutti ne traggono benefici (parliamo ovviamente degli imprenditori onesti).
Dio e Santa Rita erano i suoi “padroni”
Maria Teresa Fasce non era padrona di niente, avendo professato il voto di povertà, non lavorava per sé, ma solo per gli altri; poi aveva due ‘padroni’ molto esigenti: Dio e Santa Rita e questo lo rimarcava sempre. Tante volte nelle sue lettere, parlando delle varie fasi dei lavori affermava: “Lo vuole Santa Rita, Santa Rita ha scelto, etc.”. Il guadagno poi … le spese erano enormi e si era anche indebitata, ma i suoi ‘padroni’ sono stati generosi e tramite moltissimi devoti è riuscita a far fronte a tutte le spese, a costo di vivere in grande povertà, specialmente durante la guerra. Non ha guadagnato niente per sé, ma per i suoi ‘padroni’, e non soldi ma anime. Tutti i devoti di Santa Rita che lei aveva attirato erano anime per il Signore, il vero fine della devozione ai santi e alla Madonna; in questo Maria Teresa Fasce ne ha guadagnate moltissime!
Aveva un’etica imprenditoriale molto severa e che ha imposto a tutti quelli che hanno collaborato con lei: far lavorare prima i casciani, pagare sempre adeguatamente i lavoratori, usare i soldi che venivano dai devoti secondo le loro intenzioni, su questo era inflessibile.
Avendo lei amministrato le cose di Dio, di Santa Rita e degli altri, più che imprenditrice la potremmo definire una “direttrice delegata”, il Sergio Marchionne di Santa Rita! Ma contrariamente ai direttori delegati delle aziende che sono ben retribuiti per il loro lavoro, Maria Teresa Fasce ha ricevuto la sua retribuzione solo dopo aver lasciato questo mondo il 18 gennaio 1947, quando ha raggiunto i suoi ‘padroni’ in Paradiso.
Crediamo con buone ragioni che la Fasce oggi può e deve essere additata come modello per chiunque voglia fare impresa in modo corretto, basandosi su valori cristiani, avendo a cuore il bene degli altri più che il proprio guadagno, che ci deve essere naturalmente.
Procediamo il cammino dei 15 Giovedì di Santa Rita, che quest’anno si svolge nel cuore del Giubileo e ci condurrà alla Festa del 22 maggio.
Con le riflessioni delle monache del Monastero Santa Rita da Cascia e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, ti invitiamo a partecipare alla nostra missione. Porta la Speranza insieme a Santa Rita!
4° tappa: il perdono è medicina per le ferite del corpo e dell’anima…
Sin dal primo Giubileo del 1300, l’Anno Santo è stato contrassegnato dal messaggio del perdono dei peccati e della misericordia di Dio.
Ecco allora che il Giubileo è la festa del perdono di Dio, di una grazia per tutti ed illimitata, che attraverso la preghiera e le opere di misericordia raggiunge e trasforma il cuore. Il perdono non è solo un atto spirituale, ma una medicina per le ferite del corpo e dell’anima.
È l’espressione più alta dell’amore: frutto della misericordia di Dio che desidera per noi la conversione e la vita. Fin dalle prime pagine della Bibbia cogliamo la premura che Dio ha di ristabilire la pace tra l’uomo e la donna, dopo che con il loro peccato di disobbedienza i progenitori hanno infranto l’armonia con il Creatore e con loro stessi.
Ed è in Gesù Cristo la massima manifestazione dell’amore di Dio per ciascuno di noi. È nella misura con cui ci sentiamo amati e perdonati, che rispondiamo vincendo il male con il bene e perdoniamo chi ci ha offeso.
… e ci offre una nuova possibilità di vita
Nell’atto
del perdonare dobbiamo, però, saper distinguere un doppio movimento: si riceve
il perdono di un Dio misericordioso, pietoso e grande nell’amore, per essere
capaci di perdonare noi stessi e i nostri fratelli e sorelle. Nel Padre
nostro chiediamo al Signore di cancellare i nostri debiti, così come
noi siamo disposti a rimetterli ai nostri debitori, perché il perdono che
imploriamo è strettamente connesso al perdono che intendiamo concedere al
prossimo. Sant’Agostino ricordava ai suoi fedeli: “Noi prendiamo un impegno
solenne, facciamo un patto e un accordo con Dio. Dio tuo Signore ti dice:
Perdona tu e perdonerò anch’io” (serm. 56, 9.13).
Il perdono, così, è una nuova possibilità di vita; è un segno dell’amore divino che non ci abbandona nel male, ma ci dà una seconda possibilità di riscatto e poi una terza, e così via…; è un gesto che libera da tanti pesi e rimorsi che gravano sulla coscienza; è apertura al futuro e alla gioia; è un’opportunità che ci sprona ad agire secondo giustizia e compassione. Solo un cuore riconciliato con Dio ha la forza di condividere con gli altri i benefici ricevuti: accolgo il perdono, per vivere la riconciliazione con i miei fratelli e sorelle.
Perdonare è sempre difficile, ma non impossibile!
Rita, la santa dei casi impossibili, ci aiuta a riscoprire questa verità. Guardando il Crocifisso, ha trovato la forza di perdonare gli uccisori del marito Paolo e ha indicato ai figli la strada per non lasciarsi imbrigliare il cuore nel rancore e nella vendetta. Il perdono di Rita è il preludio di un’alba nuova per sé e per i suoi familiari. Il perdono consente sempre un cambiamento in meglio, non è una resa a chi sembra essere più forte.
Chi perdona manifesta una forza interiore straordinaria, perché sa vivere in modo diverso, senza rancore e vendetta, ma con la speranza che proviene dalla misericordia del Padre.
Chi perdona non può cambiare il passato, ma può vivere meglio ora e nel futuro
Affinché il Giubileo sia efficace, chiediamo al Signore la grazia di intraprendere un cammino di redenzione, se fossimo bloccati nel rancore o avvertissimo nel nostro cuore una resistenza al perdono.
Sant’Agostino ci ricorda che il perdono deve procedere dal profondo del cuore: “Perdonate nell’intimo vostro, ove penetra lo sguardo di Dio. Talora infatti l’uomo perdona con la bocca, ma conserva l’odio nel cuore. Rimettete veramente tutto ciò che avete ritenuto fino a questi giorni” (serm. 58, 6.7).
Tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare o qualcuno cui perdonare qualcosa: azzerare questi debiti sarà il segno di una conversione in atto nella nostra vita.
Con Suor Maria Lucia Solera, Superiora del Monastero Sant’Agostino a Rossano (Cosenza), celebriamo i 125 anni della Canonizzazione di Santa Rita rileggendo la sua vita come donna di speranza. Lo facciamo tra le pagine della Rivista del Monastero, Dalle Api alle Rose!
Sant’Agostino parla della speranza con parole che sembrano
dipingere un ritratto di Rita: “Sperare significa credere all’avventura
dell’amore, aver fiducia negli uomini, compiere il salto nell’incerto e
affidarsi completamente a Dio”.
Avventura è ciò che
avviene mentre vivi la vita di tutti i giorni
Vediamo come ciascuna di queste affermazioni ha preso corpo
nella vicenda di Santa Rita. Avventura non è qualcosa di sensazionale, che sta fuori
dalla piccola gittata della tua quotidianità. È avventura ciò che avviene mentre
vivi la vita di tutti i giorni: ti si fa
incontro una persona, e tu la accogli; c’è da prendere una decisione grave,
e tu ti dai il tempo di maturarla seriamente; c’è qualcuno che chiede il tuo
tempo, il tuo aiuto, il tuo ascolto, e tu ti fai trovare.
Per il cristiano, così come per Rita, ogni giorno, situazione, contesto, anche quello così abitudinario che
sembra non avere molto da offrirti, è
avventura: cioè, occasione per
accogliere l’umile Gesù che ti viene incontro; occasione per esercitare la
carità di marca evangelica doc.
Santa Rita ha detto
anche tanti NO nella sua esperienza, che oggi ci sono d’esempio
Noi crediamo che Rita sia la donna di gesti di amore perché
generativi nel loro sì: al perdono; alla riconciliazione; alla pace. Questo è senz’altro
vero. Ma è altrettanto vero che Rita è stata anche capace di alcuni no
potentemente generativi.
NO alla fuga: sarebbe
stato comprensibile, da parte sua, dopo tutto quello che le era successo: il
marito ammazzato, un’intera parentela che fa pressione perché la legge della
vendetta si compia. Avrebbe potuto, e a ragione, desiderare lei un po’ di pace
e allontanarsi da quella cittadina sanguinaria. Rita non lo fa. Sceglie di rimanere.
NO alla rassegnazione:
nessuna cronaca dà conto di quel tempo così duro, in cui Rita resta completamente
sola. Ma sappiamo come Rita ne riemerge: maturando la disponibilità alla
consacrazione. Rita non si ripiega sul
proprio dolore. Crede fermamente che ci sia un’alternativa al lamento che
sa produrre solo altro lamento.
NO al clamore, che
poi è un sì: al nascondimento; alla normalità; al silenzio. Oggi si sbandiera tutto, finendo per
diventare gente che vive come in una vetrina. Rita segue un sentiero diverso:
quello del silenzio; della piccolezza che non fa proclami.
Preghiamo
Rita per aiutarci ad acquisire questa speranza
Santa Rita, sorella nostra,
ottienici di apprezzare
le nostre piccole storie
e di considerarle
quali esse sono:
una grande avventura
di amore, perché la nostra
speranza si espanda
e prenda vigore.
Su Dalle Api alle Rose di gennaio-febbraio, l’Anno Santo che si unisce ai 125 anni dalla Canonizzazione di Santa Rita viene celebrato con uno speciale, dal nome “Pellegrini di speranza”.
Di queste pagine, condividiamo quelle con il messaggio di speranza che Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia (prima della neo eletta Badessa Madre Maria Grazia Cossu) ha scritto pensando agli anziani.
La fede è un dono che può essere trasmesso con l’attrazione: ecco la vostra missione
Che cosa spera un credente, uomo o donna ormai “sazio di giorni” (Giobbe 42,17), di lasciare alle generazioni future? La fede è un dono di Dio, che va alimentato perché porti frutto, altrimenti si disperde e muore.
Può essere, però, trasmessa… non con l’imposizione, ma con l’attrazione; l’esperienza personale che ciascuno fa con il Signore la rende viva ed efficace. E chi ha più esperienza di un anziano o un’anziana: ecco allora la vostra e nostra missione, specialmente in questo Anno Santo.
Sull’esempio dei Patriarchi e Gesù
Leggiamo dalle prime pagine della Bibbia che i grandi patriarchi hanno trasmesso ai discendenti non solo i beni materiali, espressione della benevolenza divina, ma anche l’esperienza mistica che hanno vissuto con Dio, aggiungendo ciascuno un tassello a quella conoscenza.
Dio rivelandosi a Mosè sul Monte Sinai dice: “Dirai agli Israeliti, il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe mi ha mandato a voi” (Esodo 3,15). Gesù stesso ha scelto degli uomini che stessero con Lui perché dopo la sua morte, la sua risurrezione e l’ascensione, continuassero l’opera: far conoscere il Vangelo a tutti, sostenuti dalla forza del suo Spirito. Negli Atti degli Apostoli vediamo davvero l’attrazione che quest’annuncio ha esercitato su molte persone, fino al punto di morire per Cristo, pur di restargli fedeli.
Ma non solo uomini, anche donne. Pensiamo a quanta autorità esercitava la donna cristiana in quel tempo nell’ambito familiare! San Paolo nelle sue lettere presenta alcune di loro; noi abbiamo un esempio in Santa Monica, mamma di Sant’Agostino.
Sono certa anche oggi, possiamo attirare e attrarre le nuove generazioni alla fede, con la nostra testimonianza, facendo nostri i sentimenti e gli insegnamenti del Signore.
Per diventare punti di riferimento
Ricordo, anche con piacere, che per molti dei miei nipoti e pronipoti, gli insegnamenti dei nonni sono diventati dei punti di riferimento, di sensibilità umana e spirituale nelle loro scelte.
Un mio nipote, che allora aveva otto anni, alla domanda meravigliata del parroco, che l’aveva visto alla Messa della Veglia Pasquale e poi all’orario solito: “Perché non sei stato a dormire ancora, sarai stanco; c’è un’altra Messa più tardi”; ha risposto: “La nonna mi ha insegnato, che al Signore dobbiamo dare l’erba fresca, non il fieno”.
Io stessa, colgo tanto nell’esempio delle monache anziane del nostro monastero: serenità, pace, gratitudine, accettazione della fragilità crescente… frutti questi di un rapporto fedele con il Signore e di una preghiera silenziosa e continua per l’umanità.
Invito, allora, tutti gli anziani a dire con il Salmista: “Signore, insegnaci a contare i nostri giorni, e acquisteremo un cuore saggio” (Salmo 90,12).
Procediamo il cammino dei 15 Giovedì di Santa Rita, che quest’anno si svolge nel cuore del Giubileo e ci condurrà alla Festa del 22 maggio.
Con le riflessioni delle monache del Monastero Santa Rita da Cascia e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, ti invitiamo a partecipare alla nostra missione. Porta la Speranza insieme a Santa Rita!
3° tappa: il dono dell’Indulgenza
Parliamo oggi di un dono inestimabile che la Chiesa offre al popolo di Dio e che possiamo ricevere in questo Anno Santo: l’Indulgenza plenaria.
Per comprenderne il significato, partiamo dalla Confessione che risana il nostro cuore ed elimina ogni peccato, consentendo la riconciliazione con noi stessi, con Dio e con i fratelli. Ogni peccato, anche veniale, lascia però «nella nostra umanità debole e attratta dal male, dei “residui del peccato”», delle tracce negative, che necessitano di un’ulteriore purificazione sia nel tempo presente sia dopo la morte, nello stato del purgatorio: tali residui costituiscono la “pena temporale” del peccato. Se la confessione distrugge il peccato commesso, l’indulgenza giubilare agisce su tutti quei residui di male, cancella la pena temporale dovuta ai peccati.
La “pena temporale” non è un castigo che Dio riserva al peccatore, piuttosto è quella «impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri» (Papa Francesco), vale a dire cattive abitudini cattive, disordine degli affetti, debolezza della volontà, inclinazione a ricadere nel peccato, ma anche prepotenza, arroganza, egoismo, dipendenze…
L’Amore di Dio per ripulire il nostro cuore
Nella bolla dell’indizione del Giubileo, Papa Francesco afferma che “l’indulgenza permette di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio. Non è un caso che nell’antichità il termine “misericordia” fosse interscambiabile con quello di “indulgenza”, proprio perché esso intende esprimere la pienezza del perdono di Dio”.
Non possiamo mai dimenticare che al termine della vita saremo giudicati nell’amore dall’Amore di Dio che rimane giusto giudice. Alla sua luce non rimane nascosta la polvere, con l’indulgenza possiamo ripulire il cuore e ripartire nel cammino di santità al quale Lui ci chiama, come segno del suo amore.
Per noi e per i nostri defunti: accogliamo l’Indulgenza sull’esempio di Santa Rita
Santa Rita, partecipando al Giubileo del 1450, ha ottenuto l’indulgenza plenaria non solo per sé, ma anche per i suoi cari defunti, per liberarli dalle pene del purgatorio. Lei, infatti, portava nel cuore il timore che suo marito non avesse avuto modo di chiedere perdono, prima della morte, e che i suoi amati figli avessero sempre nel cuore il desiderio di vendetta.
Anche noi sull’esempio di Santa Rita accogliamo questo dono che la nostra Madre Chiesa vuole darci. Pensiamo, non solo a noi stessi, ma anche ai nostri defunti che hanno bisogno del nostro aiuto: possiamo donargli la gioia del Paradiso con la nostra preghiera.
Non basta attraversare la Porta Santa
L’Indulgenza non è un dono “automatico” che riceviamo. Bensì ci viene richiesto un impegno sincero e autentico di conversione che, attraverso questo segno del passaggio della Porta Santa, ci rimette in moto nel nostro cammino di fede e di rinascita. La Chiesa, dunque, con l’indulgenza ci offre un aiuto prezioso, sostenendo la debolezza del nostro percorso di fede segnato da ostacoli e guidandoci verso un’adesione all’amore non sempre facile né costante.
I passi da compiere, per ricevere l’Indulgenza plenaria sono:
• recarci ad almeno una delle quattro Basiliche Maggiori di Roma (San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura) o verso qualsiasi luogo giubilare, come la Basilica di Santa Rita a Cascia.
Durante la visita il nostro cuore è chiamato a manifestare un sincero pentimento dei peccati; Confessarci, per poi partecipate alla Santa Messa e ricevere la Comunione, sono passi essenziali, insieme alla recita del Credo e del Padre nostro. Infine, la preghiera, secondo le intenzioni del Papa.
• fare opere di misericordia e di penitenza, per es. visitando i fratelli infermi, carcerati, anziani o disabili…
• intraprendere iniziative di carattere penitenziale: astenendoci, almeno durante un giorno, da futili distrazioni (ad esempio dai media e dai social network) e da consumi superflui; sostenendo opere di carattere religioso o sociale; dedicando del tempo ad attività di volontariato per la comunità.
Accogliamo con gioia questa opportunità e impegniamoci in un serio cammino di rinascita.
Sabato 7 e domenica 8 giugno la Pia Unione Primaria Santa Rita, gruppo che unisce da quasi 20 anni i devoti ritiani in Italia e anche nel mondo, si ritrova eccezionalmente a Roma, per uno speciale appuntamento dedicato al Giubileo della Speranza.
Ecco il programma
7 giugno
Ore 10.00 – Santa Messa, Cappella Santa Monica c/o Curia Agostiniana (Via Paolo VI 25)
Ore 15.00 – Raduno Castel Sant’Angelo. Pellegrinaggio presso la tomba di Santa Monica, per un momento di preghiera
Dalle ore 18.00 alle 20.00 – Preveglia in Piazza San Pietro
Dalle ore 20.00 alle 21:00 – Veglia di Pentecoste, presieduta da Papa Francesco
8 giungo
Ore 9.30 – Santa Messa presieduta da Papa Francesco a Piazza San Pietro
Al termine, ritrovo accanto all’Ufficio Postale in Piazza San Pietro per foto di gruppo e recita preghiera a Santa Rita
Come partecipare: iscrizioni entro il 6 aprile
Ogni gruppo si organizza per proprio conto, anche per il passaggio della Porta Santa: info su www.iubilaeum2025.va
I capogruppi dovranno inviare tramite la mail [email protected] l’elenco dei partecipanti (nome e cognome) del gruppo, specificando “Partecipazione al Giubileo 7/8 Giugno Pia Unione Primaria Santa Rita (città di provenienza gruppo)”. Chiusura prenotazioni 6 aprile.
Per informazioni: [email protected]