Si terrà sabato 31 agosto il raduno regionale dei gruppi del centro Italia della Pia Unione Primaria Santa Rita, la grande famiglia di devoti ritiani che è presente in tutto il Paese e anche all’estero.
A Gallicano nel Lazio, provincia di Roma, si ritroveranno tanti gruppi da tutte le regioni centrali d’Italia, pronti a vivere un giorno di grande emozione e unione, nel nome di Rita!
Tanti saranno gli iscritti, ma puoi partecipare anche tu che desideri saperne di più su questa famiglia agostiniana e ritiana!
Partecipa anche tu: ecco il programma
Ore 8.30 – 9.00
Arrivo, registrazione ed accoglienza in piazza della Rocca
Ore 10.00 – Chiesa di Sant’Andrea ap.
Conferenza a cura di Padre Ludovico Maria Centra, assistente spirituale della PUP
Ore 11.00
Santa Messa
Ore 12.00
Processione con il simulacro di Santa Rita con l’accompagnamento della Banda parrocchiale
Ore 13.30
Pranzo presso l’agriturismo I casali di San Pastore
A conclusione, saluti e congedo
Per informazioni è possibile telefonare direttamente ai responsabili della PUP locale: 3348341132
Eccoci alla seconda tappa del nostro viaggio spirituale estivo, alla riscoperta della speranza, per esplorarla anche in vista del Giubileo 2025!
La scorsa settimana abbiamo parlato di cosa intendiamo per speranza crsitiana e abbiamo capito che non si tratta di qualcosa da attendere ma di una certezza che abbiamo racchiusa dentro noi, la certezza dell’Amore di Dio!
Questa settimana, sempre insieme alle riflessioni di Suor Maria Rosa Bernardinis, Priora del Monastero Santa Rita e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, ci proponiamo di scoprire il vero fondamento della speranza. Vieni con noi!
Siamo barche alla deriva: dove trovare stabilità?
Spesso proviamo la sensazione di vivere come in mezzo ad una tempesta, per le prove e le difficoltà da affrontare. Il pericolo che si avverte è quello di non avere punti di riferimento: vi è instabilità nelle relazioni, incertezza nella fede o nella pratica della virtù, ansia nell’educazione dei giovani, paura per la situazione internazionale, diffidenza nell’uso indiscriminato della tecnologia…
Allo stesso tempo, nella vita personale, si possono attraversare situazioni di difficoltà economica, familiari, spirituali…
In questa situazione così fluttuante, occorre domandarsi: a cosa è ancorata la mia vita? Dove trovare quella stabilità che il mondo non è capace di assicurarmi?
La Parola di Dio ci orienta nella ricerca
Questa
speranza la teniamo come un’àncora dell’anima, sicura e ferma, che penetra
oltre la cortina, dove Gesù è entrato per noi quale precursore, essendo
diventato sommo sacerdote in eterno (Eb 6,
19ss).
Siamo nella stagione adatta per un giro in barca o per vedere in un porto una nave ormeggiata. E affinché l’imbarcazione goda di stabilità e fermezza, occorre gettare l’àncora. Nella Lettera agli Ebrei l’àncora rappresenta la speranza cristiana, che dà all’anima del credente sicurezza e stabilità, in quanto è connessa alla resurrezione di Cristo. Tutto sarebbe vano e falso se Cristo non avesse vinto la morte, se non fosse presente in mezzo a noi: nella nostra vita non sarebbe posta la sua realtà di vita e di resurrezione.
L’àncora della speranza non affonda nei fondali del mondo, ma è gettata nei cieli, oltre la cortina, dove Gesù Risorto vive, dove Egli, come sommo sacerdote, prega per tutti noi e ci attende per condividere la sua stessa vita divina.
Come ricorda Agostino, Cristo «intercede per noi, altrimenti dispererei. Avremmo potuto credere che la tua Parola fosse lontana dal contatto dell’uomo e disperare di noi, se questa Parola non si fosse fatta carne e non avesse abitato in mezzo a noi» (conf. X, 43.69).
Una speranza piena di immortalità ed eternità
La speranza cristiana è ben diversa da quella umana, per l’aspettativa che dischiude: annuncia il più totale e completo coinvolgimento di Dio nella storia umana e la certezza che Dio ha preparato per noi un’eredità nei cieli. La speranza – se non vuole sfumare in una semplice illusione o in una cieca utopia – deve essere fondata sull’amore, e sull’Amore definitivo: Solo se c’è in te una grande speranza potrai dare senso alla vita e amare al di là di ogni misura di stanchezza.
La fede nella resurrezione e nella vita eterna sono il fondamento della speranza cristiana. Aver disatteso questo orientamento, ci ha rinchiusi in una ricerca di speranze limitate solo al nostro “oggi”. Nel momento in cui si attenua o scompare questa disposizione del cuore all’eternità di Dio, subisce una trasformazione anche il nostro modo di pensare e di agire: subentra un attaccamento alla vita presente, che è di per sé un bene, ma quando non ha un orizzonte “oltre” da perseguire si riduce talvolta ad un susseguirsi di fatica e di contraddizioni senza un senso ultimo.
Le scelte che noi oggi compiamo in ordine al bene, alla verità, alla giustizia, all’amore hanno un valore eterno, ci preparano all’incontro con Dio, sono le nostre “buone credenziali” per essere accolti nel regno dei cieli. Sperare è credere che Dio ci rende capaci di atti eterni e che l’amore seminato e raccolto è una finestra aperta sull’eternità.
La nostra speranza “è piena d’immortalità” (Cfr Sir 3,4b), perché si basa sulla fedeltà di Dio che non viene mai meno.
Lasciamoci trascinare verso la felicità
Lo scrittore francese Charles Péguy paragona le tre virtù teologali: fede, speranza e carità, a tre sorelle. La speranza è la più piccola, ma è quella che trascina le altre due. Dove le trascina? A una felicità piena e duratura, che Dio ha preparato da sempre e che l’uomo, pur smarrito e fuggitivo, porta impressa nel suo cuore. Ma, è necessario trovare la via per raggiungerla e possederla, e questa via si chiama Gesù di Nazareth, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, che ha detto infatti: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14, 6).
San Paolo poi scriverà ai Romani: “Giustificati per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di Lui abbiamo anche, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato“ (Rm 5,1-5;).
Se speriamo nel futuro dell’eternità di Dio, possiamo cambiare il presente
Se possediamo questa speranza, noi possiamo apprezzare meglio la nostra libertà di figli anche di fronte a ciò che ci preoccupa o suscita paura e insicurezza. Gesù risorto ha vinto i nostri due nemici più tenaci da affrontare: il peccato e la morte, e la sua resurrezione è per noi primizia di quel dono che ci è stato preparato: la comunione con Dio, il nostro essere con Cristo per sempre. Noi siamo in cammino verso l’Amore che non ha fine, verso la Vita vera ed eterna.
Allora possiamo dire ogni giorno questa preghiera della colletta della XVII domenica del Tempo Ordinario: “O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo, effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni”.
Con questa forza trainante possiamo raggiungere la pienezza della vita che è solo in Dio.
In questo terzo appuntamento, del nostro viaggio spirituale estivo alla riscoperta della speranza, anche in vista del Giubileo 2025, Suor Maria Rosa Bernardinis, Priora del Monastero Santa Rita da Cascia,e l’agostiniano Padre Pasquale Cormio, ci aiutano a rispondere alla domanda: si può perdere la speranza?
Finora, infatti, abbiamo prima capito che la vera speranza non è un’attesa ma una certezza, quella dell’amore di Dio e quindi della nostra salvezza e felicità. E, poi, che il fondamento della speranza sta nella fede nella resurrezione e nella vita eterna.
Oggi, vediamo perché la speranza non è una cosa facile, ma neppure impossibile.
Alleniamoci a sperare per rinforzare i muscoli del cuore
Lo scrittore francese Charles Péguy, spiega bene come in noi è innata questa condizione: «Ma è sperare che è difficile. E la cosa facile e la tendenza è disperare, ed è la grande tentazione».
La speranza è presentata come una piccola bambina, una virtù umile che avanza tenuta per mano dalle due sorelle maggiori, la fede e la carità. Una bambina piccola e fragile, che rischia di perdersi se non è assistita dalle altre due virtù, che l’accompagnano e la sorreggono. Senza, è facile disperare, perché in noi attecchisce la tentazione di credere che Dio ci abbia abbandonati oppure sia indifferente alla nostra condizione.
Come ogni virtù, anche la speranza va coltivata, alimentata, attraverso la preghiera che mantiene viva la fede e ci mette in relazione con il Signore della vita. È importante imparare a riflettere sul senso delle cose che ci accadono, saper vedere la mano di Dio nella nostra quotidianità, per fare esperienza della sua presenza costante e amica, in particolare nei momenti duri, quando il dolore fa capolino. Se non facciamo questo allenamento, non ci rinforziamo bene i muscoli del cuore.
Vivere bene anche la sofferenza senza allontanarci da Dio
Quante volte di fronte al dolore ci chiudiamo e niente e nessuno può aiutarci a uscire dalla fossa che ci siamo scavati. La sofferenza, vissuta male, può spegnere la speranza che è in noi. La sofferenza non va subita ma accolta, valorizzata, in qualche modo compresa. Gesù ci insegna che ogni morte ha una rinascita. Apriamoci con fiducia anche all’inevitabile dolore.
Un altro rischio che corriamo è costruirci il futuro secondo il nostro progetto e portarlo avanti a tutti i costi, perché siamo convinti che il paradiso sia su questa terra ed è una nostra conquista. Prima o poi la vita ci porta a scontrarci con il fallimento e tutto crolla, ed entriamo nel sepolcro della delusione e della sfiducia, perché pensiamo che, se la vita non va come vogliamo noi, non vale la pena di essere vissuta. Questo pericolo è molto comune.
Poi, anche il peccato, ci porta a perdere la speranza. Perché ci allontana da Dio che è la nostra Speranza. È come se sbagliassimo bersaglio: non riusciamo a fare centro nella vita perché prendiamo la mira sbagliata, guardiamo da un’altra parte.
Se sei triste cerca rifugio in un Santuario e ricarica la speranza
Teniamoci stretti alla Speranza che non delude, che dona gioia perché ci indica la strada della vita che non finirà, della pace che niente e nessuno potrà mai toglierci.
I Santuari sono un rifugio per chi è dominato dalla tristezza e dalla fatica di aprirsi a nuove prospettive. La presenza di un Santo, come nel nostro caso di Santa Rita, è l’occasione per riprendere fiducia in un cambiamento, per ridestare una speranza che ci sostenga nell’affrontare conflitti o esperienze scomode. I santi ci ricordano che la speranza non è come il semplice “confidare” che tutto andrà bene, ma un atto di affidamento a Gesù, che ha la forza di liberare e rinnovare la vita.
In tensione ma per lo Spirito Santo
Il nostro compito è non stancarci nel richiedere a Dio la speranza.
Una riflessione di Papa Francesco può aiutarci nel nostro cammino di fede: «Non è facile vivere in speranza, ma io direi che dovrebbe essere l’aria che respira un cristiano, aria di speranza; al contrario, non potrà camminare, non potrà andare avanti perché non saprà dove andare. Se tu speri, non sarai deluso. Bisogna aprirsi a quella promessa del Signore, protesi verso quella promessa, ma sapendo che c’è lo Spirito che lavora in noi. Che il Signore ci dia, a tutti noi, questa grazia di vivere in tensione, in tensione ma non per i nervi, i problemi, no: in tensione per lo Spirito Santo che ci getta verso l’altra riva e ci mantiene in speranza».
La devozione per i santi è parte di una spiritualità popolare fatta di gesti, segni, riti. I pellegrinaggi ne sono parte, perché con il pellegrinaggio il devoto esce da sé per cercare un contatto con il sacro, nutrire la propria fede e darne testimonianza.
Madre Maria Teresa Fasce, da Badessa del Monastero, ne comprende l’importanza e desidera portare i pellegrini a Cascia, da Santa Rita. Eppure, l’impresa non è facile, perché mancano molte cose. Da dove partire? Da quello che c’è: Santa Rita e il suo Bollettino, oggi la Rivista Dalle Api alle Rose, che la stessa Fasce, adesso Beata, ha fatto nascere.
Questo aspetto è stato messo in luce grazie all’esposizione “Dalle Api alle Rose: 100 anni in mostra (1923-2023)”, che lo scorso anno ha ripercorso e riscoperto i 100 anni della rivista.
Si parte dal desiderio
Dalle pagine del Bollettino, descrivendo e mostrando anche in foto i luoghi di Santa Rita, la Fasce accresce nei devoti il desiderio di pellegrinaggio.
Ad alcuni pellegrini chiede di condividere l’esperienza. Ciò si rivelerà cruciale anche per lo sviluppo della città, che troverà nel turismo religioso uno straordinario generatore di valore, con la creazione di attività, progetti e opportunità di lavoro.
Il 1° pellegrinaggio organizzato è del 1925
Un secondo passo è la proposta di un pellegrinaggio organizzato. Il primo, con partenza da Roma, si svolge dal 20 al 22 giugno 1925.
Il programma prevede le celebrazioni, la visita all’Urna, al chiostro e ad altri luoghi del Monastero, una visita a Roccaporena e una speciale benedizione finale. L’iniziativa è promossa sul Bollettino e diventerà un appuntamento annuale.
Aperture straordinarie e tutte le informazioni utili
Nell’intento di offrire di più ai pellegrini, vengono calendarizzate delle aperture straordinarie di alcuni luoghi del Monastero significativi nella vita della Santa. Le date (sempre di giovedì) sono comunicate sul Bollettino.
Il Bollettino, inoltre, diventa un vero e proprio punto di riferimento per i pellegrini e si preoccupa di metterli nelle condizioni di arrivare agevolmente a Cascia. Così, pubblica le informazioni sugli orari della ferrovia a trazione elettrica Spoleto-Norcia, che collegava il territorio con una pregiata opera di ingegneria ferroviaria.
Per ospitare i pellegrini, poi, occorreva una struttura adeguata, in grado di “dare ai devoti una assistenza confortevole, cordiale, serenante”. Nasce così la Casa del Pellegrino. Presentata in anteprima su Dalle Api alle Rose, aprirà ufficialmente il 24 aprile 1955, per diventare l’attuale Hotel delle Rose.
L’accoglienza del pellegrino, infine, passa anche da una rassicurazione sulle condizioni meteo, perchè in una zona di montagna anche questo è fondamentale!
Oggi, con l’aumento dei pellegrinaggi a Cascia, il Monastero ha identificato due strumenti informativi più adatti e mirati: l’Ufficio Informazioni, con personale dedicato e situato lungo il Viale della Basilica, e questo sito Internet.
Ma, Dalle Api alle Rose tiene sempre aperta la finestra sulle informazioni per i pellegrini anche ora, offrendo informazioni e consigli.
Giovedì 8 agosto, dalle ore 21.00, torna sul Sagrato della Basilica di Santa Rita da Cascia un’evento storico, “Notte sotto le stelle“, quest’anno ricco di novità. Sarà una serata di musica pensata per valorizzare l’umanità, nella vita e nello sport, grazie alla 1° edizione del Premio “Santa Rita arbitra di umanità”.
Voluto dal Monastero Santa Rita da Cascia e dal Comune di Cascia, il riconoscimento è un segno di vicinanza e incoraggiamento per l’Associazione Italiana Arbitri. I fischietti italiani sono per il secondo anno in ritiro precampionato in città.
Segui l’evento grazie alla diretta sui social del monastero, Facebook e Youtube
Il concerto del Maestro Stefano Mhanna, con l’Orchestra Novi Toni Comites, sarà occasione per ricordare Giacomo Persiani, organista della Basilica, e conferire lo speciale riconoscimento alla prima terna arbitrale femminile di Serie A.
L’augurio della Madre Priora: l’umanità vinca sempre in campo e fuori
“Santa Rita è stata simbolicamente una ‘arbitra di umanità’, affrontando le varie espressioni di violenza del suo tempo da testimone di pace, con la forza del dialogo e della riconciliazione. Oggi, come allora, gli scenari politici, sociali ma anche sportivi testimoniano quanto ci sia bisogno di figure a tutela dell’umanità.
Perciò, alla serata musicale da tempo dedicata alla memoria di Giacomo Persiani, la cui breve vita ha lasciato un segno di umanità indelebile a Cascia, affianchiamo quest’anno un premio speciale per l’Associazione Italiana Arbitri, che abbiamo deciso di consegnare alle tre donne che per prime e insieme hanno diretto una partita di Serie A, perché hanno costruito questo traguardo puntando su umanità, integrità e coraggio.
L’augurio è che il ruolo di mediatrice di Rita possa ispirare e guidare in campo ogni figura arbitrale, così come tifosi o tecnici e giocatori, perché le partite non siano più teatro di insulti, aggressioni e minacce, e affinché l’umanità, che ci caratterizza e unisce, sia l’unica a vincere sempre”.
Con queste parole Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, aprirà l’evento Notte sotto le stelle, appuntamento storico per la famiglia agostiniana e Cascia, dedicato al ricordo di Giacomo Persiani, giovane musicista e organista del Santuario che morì a causa di una malattia nel 1997.
Il calcio è sinonimo della vita: le parole del sindaco di Cascia
“È veramente straordinario poter parlare di
sport – sottolinea il Sindaco di Cascia
Mario De Carolis – in occasione della serata ‘Notte sotto le stelle’ in
onore di Giacomo Persiani, grande musicista e mio grande amico, fin dai tempi
delle scuole superiori, e insieme al maestro Mhanna. Il messaggio che si vuole
veicolare con questa iniziativa è la virtù di Santa Rita, cioè che dopo la
passione e il coinvolgimento, a volte anche sopra le righe, delle tifoserie delle
due squadre contrapposte, c’è sempre un momento di riconciliazione e di
chiusura di queste passioni, rappresentato dalla fine della partita che l’arbitro
sancisce con il triplice fischio finale.
La durata di una partita di calcio è in fondo
un esempio della vita e delle passioni umane, a volte anche cruente e non
facili da gestire dalle parti coinvolte, e cioè giocatori, pubblico e arbitro,
ma è davvero necessario ricordare (e Santa Rita ci aiuta in questo in maniera
determinante) che senza riconciliazione si perde troppo facilmente il senso e il
gusto del gioco stesso, perché nessuna partita di calcio può giocarsi senza
l’altro e, in fondo, nell’altro riusciamo a ritrovare noi stessi e la nostra
identità.
Per questi motivi, anche per questi motivi, ogni forma di rispetto va sempre mantenuta verso gli arbitri, gli avversari e i tifosi dell’altra squadra, perché è in questo modo che potremo giocare le partite migliori della nostra vita”.
“Qui ci sentiamo a casa, grazie per questa sorpresa speciale”: il commento del Presidente degli arbitri italiani
All’evento sarà presente il Presidente dell’AIA Carlo Pacifici, che ha dichiarato. “È con grande piacere che come Associazione Italiana Arbitri partecipiamo al concerto ‘Notte sotto le stelle’ presso il Sagrato della Basilica di Santa Rita da Cascia.
In Umbria, anche se è solo il secondo anno che organizziamo i raduni pre Campionato delle varie Commissioni nazionali, ci sentiamo a casa, grazie all’accoglienza ricevuta dalla comunità locale e dal Monastero stesso.
Il conferimento a Maria Sole, Francesca e Tiziana del Premio ‘Santa Rita arbitra di umanità’ è stata poi una sorpresa speciale. Le nostre ragazze, protagoniste pochi mesi fa della prima terna interamente femminile nella storia della Serie A, rappresentano infatti un movimento fatto di oltre 2300 associate che operano ad ogni livello ed in ogni ruolo. Ringraziando quindi per l’invito il Sindaco di Cascia Mario De Carolis e la Madre Priora Suor Maria Rosa Bernardinis, auguriamo a tutti una piacevole serata”.
Ad accompagnare il Presidente, una delegazione in rappresentanza della Commissione Arbitri Nazionale di serie A e B, guidata dal designatore e responsabile Gianluca Rocchi.
Il Premio nasce da un ex voto a Santa Rita
L’obiettivo dello speciale Premio, che sarà consegnato all’interno della serata dalla Priora e dal Sindaco, è quello di valorizzare e tutelare l’umanità, che accompagna la professionalità delle figure arbitrali ed è spesso messa a rischio, in campo e fuori.
Nel dettaglio sarà assegnato alla prima Terna Arbitrale Femminile di Serie A: l’arbitro Maria Sole Ferrieri Caputi e le assistenti Francesca Di Monte e Tiziana Trasciatti. Un primato unico e di grande significato il loro, per l’universo sportivo come per quello femminile, che le claustrali e l’amministrazione vogliono omaggiare.
Fisicamente, il Premio si presenta come un trofeo, personalizzato e dalla creazione unica che esalta due simboli della santità di Santa Rita. La rosa, simbolo ritiano per eccellenza, che spicca nella parte superiore e ricorda come sia possibile fiorire nonostante le spine della vita. L’anello nuziale, incastonato nella base in legno, costituito da due mani che si stringono, proprio come si fa nel campo da gioco, raffigurazione di rispetto, unione e pace.
Il riconoscimento, alla prima edizione, ha origini nel forte legame già esistente tra il mondo arbitrale e Santa Rita, rappresento da Massimiliano Grilli. Assistente arbitrale per 12 anni in serie A di cui 7 Internazionale, in questa stagione componente CRA Umbria Osservatori Arbitrali e coordinatore per l’Umbria Project Woman. Un legame, che ha abbracciato anche la comunità delle agostiniane, sancito dalla donazione di un ex voto a Santa Rita nel 2011. Tutt’ora è esposto nelle teche che circondano la Cappella nella Basilica che custodisce il corpo della santa. Si tratta della sua divisa del centenario dell’AIA che Grilli ha personalmente portato a Cascia come segno della grande devozione che nutre da bambino. Fin dagli inizi sui campi di calcio, Rita lo ha sempre accompagnato. Massimiliano ha custodito un’immagine della santa sul cuore all’interno del suo taccuino e da lei ha ricevuto forza, dolcezza e serenità. È stato il primo arbitro a testimoniare a Santa Rita quella profonda e vera umanità, che con il Premio il Comune e le monache vogliono valorizzare.
Il programma di giovedì 8 agosto
Saluti di benvenuto:
– Mario De Carolis, Sindaco di Cascia
– Padre Mario De Santis, Rettore della Basilica di Santa Rita da Cascia
– Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia
Programma
Niccolò
Paganini (1782-1840) Mosè Fantasia
Johann
Sebastian Bach (1685-1750) Aria dalla Suite n. 3
Antonio
Vivaldi (1678-1741) L’Inverno op. 8
1° intermezzo
Ricordo di Giacomo Persiani
Fritz
Kreisler (1875-1962) Preludio e Allegro nello stile di Pugnani Arrangiamento per
archi di Stefano Mhanna
Pablo De Sarasate (1844-1908) Zigeunerweisen (Gypsy
Air) op. 20
2° intermezzo
Premio “Santa Rita arbitra di umanità”
Riconoscimento del Comune di Cascia e del Monastero Santa Rita per l’Associazione Italiana Arbitri, assegnato alla prima terna arbitrale femminile di Serie A: Maria Sole Ferrieri Caputi, Francesca Di Monte e Tiziana Trasciatti
Introduce, Massimiliano Grilli,assistente
arbitrale per 12 anni in serie A di cui 7 Internazionale, componente CRA Umbria Osservatori Arbitrali.
Concludono, il Presidente dell’AIA Carlo Pacifici e Gianluca
Rocchi, designatore e responsabile
della Commissione Arbitri Nazionale di Serie A e B.
Niccolò Paganini (1782-1840) Moto Perpetuo, op. 11
Antonio Vivaldi (1678-1741) L’Estate op. 8
Intervento finale del Maestro Stefano Mhanna
Presentano: Anna Simoni e Fabrizio Amadio
Nella rubrica Cara Santa Rita, Maurizia Di Curzio, assistente al servizio di ascolto del Monastero Santa Rita da Cascia, sulle pagine della Rivista Dalle Api alle Rose confida alla santa le vostre Grazie.
Nel numero di luglio-agosto, Maurizia ci racconta la storia di Giulia, una giovane ragazza, a cui le prove della vita non sono mancate. Eppure lei guarda avanti con speranza, forte dell’esempio di Santa Rita che segue come tanti giovani seguono oggi i mille influencer che il mondo digitale ci offre.
La mia storia è un viaggio attraverso le tenebre della malattia e verso la luce della fede e della guarigione
A dicembre 2020 la mia vita è stata sconvolta dall’inatteso: il linfoma di Hodgkin ha fatto il suo ingresso nella mia esistenza, gettando ombre di paura e incertezza sul mio futuro.
Prima di conoscere la natura della mia malattia, ho fatto un sogno, un incontro che ha cambiato tutto: una figura avvolta nella luce mi ha rassicurato dicendo che sarebbe andato tutto bene, ma sarei dovuta entrare 4 volte in ospedale, dettaglio legato ai cicli di terapia. La stessa figura mi invita a recarmi in una chiesa dedicata a Santa Rita e pregare per lei. Capisco così che ci sei tu dietro quella luce e quella voce.
Entrando per la prima volta nella chiesa un dolce odore di rose mi accoglie e avvicinandomi alla cappella, vedo la statua di Santa Rita avvolta in una luce intensa; la stessa luce del sogno. La chiesa di Santa Rita diventa il mio rifugio, nei momenti di sconforto e di bisogno.
Quando finalmente arriva la guarigione, il viaggio a Cascia per ringraziarti di cuore per la tua presenza costante e il tuo amore infinito. Attraverso la preghiera ho imparato che non sono mai sola e che la luce della speranza brilla sempre nel buio.
Prendete la vita tra le mani, non sciupatela
Freschezza, innocenza e purezza trasmette Giulia, una giovane ragazza che testimonia la potenza della fede e della grazia divina. Invita i suoi coetanei ad andare controcorrente, a prendere la vita tra le mani, a non sprecarsi, a non sciupare le proprie risorse; le doti, il tempo, le energie. La vita è eterna. È meravigliosa.
Il cuore non ha un confine, più amore ci metti dentro e più si allarga. Allora, regaliamo gesti d’amore, abbracci, baci, strette di mano, sorrisi, incontriamo le persone, non isoliamoci.
Giulia fa eco a Papa Francesco che invita i giovani “a stare in piedi di fronte alla vita, non seduto sul divano a diventar professionista del digitare compulsivo. Alzati e vai!”.
In un mondo di influencer che condizionano i comportamenti e le scelte di molti, Giulia ne segue solo una; chi le ha mostrato dove risiede la vera bellezza, ovvero nella forza interiore, nella fiducia nella fede divina. La nostra santa non ha altro fine.
Partiamo oggi per il nostro viaggio spirituale estivo, alla riscoperta della speranza, per esplorarla anche in vista del Giubileo 2025!
Unisciti a noi! Insieme a Suor Maria Rosa Bernardinis, Priora del Monastero Santa Rita e all’agostiniano Padre Pasquale Cormio, ci proponiamo di ritrovare il significato profondo della speranza cristiana, rinnovando il nostro Spirito e rafforzando la nostra fede.
Siamo fatti per sperare, come per sognare
Tutti coltiviamo motivi di speranza: essere felici, trovare un lavoro, godere un meritato riposo, sistemarci economicamente… In noi è racchiusa la speranza come attesa di un bene, che ci auguriamo si concretizzi nel futuro più immediato. Possiamo paragonarla ai sogni che portiamo nel cuore e che desideriamo diventino realtà. E, sognare è doveroso, così come non spegnere mai i sogni degli altri, soprattutto dei giovani, che hanno tutta una vita davanti.
Eppure, nonostante questa disposizione interiore alla speranza, spesso avvertiamo una forma di sfiducia e di disperazione. Tanto più che quanto accade nel mondo e le notizie che, ogni giorno, riceviamo dai media, tra guerre, femminicidi, gesti di disperazione, incidenti, non aiutano in questo senso.
Abbiamo sete di infinito
Se ci guardiamo intorno, infatti, ci viene da affermare che oggi ci troviamo in un presente che ha perso la speranza. Essa però è essenziale perché ci aiuta ad avere occhi aperti sul futuro, ci dona la forza di essere propositivi, creativi, ci inietta energia. Quando, invece, lasciamo spazio alla disperazione tutto diventa pesante, insostenibile e nei casi estremi si perde la voglia di vivere, di lottare, di costruire. Ci vuole una speranza solida.
E, capiamo allora, che la speranza umana non è sufficiente. Avvertiamo, dunque, il bisogno di una speranza che vada oltre le ristrettezze del nostro tempo, una speranza che si apra a qualcosa di infinito, che non passa. Ogni felicità umana reca con sé il marchio della fine, mentre nel cuore sentiamo una sete di infinito che non possiamo dissetare da soli. Questo infinito, solo il Signore ce lo può donare e solo chi ha saputo accogliere e alimentare la fede nell’amore misericordioso di Dio sa che c’è una speranza che non è come quella del mondo, ma ci viene donata dall’alto.
La vera speranza è ancorata nel Signore
La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino. Ecco perché questa speranza non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita.
Sant’Agostino ci ricorda che “in qualunque genere di vita, non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare“ (sermone 198 augm., 2).
L’Amore è nostra garanzia
L’amore di Dio è per noi la garanzia di traguardi di vita e non di morte, è la resistenza ad ogni forma di scoraggiamento, di delusione, di disperazione. Perché, come ci dice San Paolo, niente ci potrà separare dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nemmeno il peccato, nemmeno la morte, nemmeno il dolore, la disperazione; perché l’amore di Dio è infinito, immenso, è un amore che è sorgente di vita inesauribile.
Se viviamo di questa certezza siamo donne e uomini risorti e liberi dalla paura della morte, perché ogni giorno sperimentiamo che Dio è Padre, e se anche dovessimo camminare in una valle oscura, non temeremmo alcun male, perché lui è sempre con noi.
Questa, è la speranza che dobbiamo cercare, accogliere, custodire, alimentare. Nessun insuccesso te la potrà togliere, nessun fallimento umano la saprà offuscare.
Don Tonino Bello con queste sue parole ci aiuta a scoprire i tratti della speranza cristiana: “Nonostante tutto; nonostante la malattia, nonostante la sofferenza, nonostante il pianto. Annunciare la speranza significa anche giudicare gli avvenimenti alla luce della Parola di Dio, e non semplicemente avallarli alla fioca lucerna dei calcoli umani. La comunione con Gesù Cristo, la comunione con i fratelli, il servizio e la convivialità, e infine, la gioia Pasquale: sono questi i segni della speranza”.
Parte la prossima settimana il nostro viaggio spirituale estivo offerto a tutti voi e dedicato quest’anno alla riscoperta della speranza.
A pochi mesi dal Giubileo 2025 che sarà fondato sulla ‘speranza che non delude‘ desideriamo offrire a tutti coloro che vorranno partire con noi per questo cammino speciale dei momenti di riflessione, avvicinamento al Signore e conoscenza di noi stessi.
Unisciti a noi! Esploreremo, insieme e grazie a Suor Maria Rosa Bernardinis, Priora del Monastero Santa Rita e all’agostiniano Padre Pasquale Cormio, il significato profondo della speranza cristiana, rinnovando il nostro Spirito e rafforzando la nostra fede.
E’ il momento giusto per rigenerarci
L’estate, con i suoi giorni luminosi e le sue notti serene, è per eccellenza una stagione di speranza. È il tempo in cui la natura si mostra al culmine della sua bellezza, ricordandoci che, proprio come la terra si rinnova e fiorisce, anche noi possiamo rigenerare il nostro Spirito.
E la speranza è una delle nostre più grande alleate in questo, perché alimenta in noi la fede, la fiducia e la forza interiore. Essa ci offre una visione positiva del futuro, orientato alla Salvezza eterna, infonde coraggio nei momenti di avversità e ci sprona a perseverare nonostante le difficoltà.
Attraverso la speranza, troviamo il sostegno necessario per rialzarci, per rinnovare le nostre energie e per affrontare le sfide della vita con rinnovato vigore e serenità.
Lo testimonia anche la nostra Santa Rita, che ha incarnato la speranza nelle situazioni più difficili, affrontate sempre con fede incrollabile. La sua vita ci insegna che, anche nelle circostanze più oscure, la speranza può fiorire e portare nuova luce, perché quando si è ancorati al Signore nulla è impossibile.
5 tappe verso la speranza
Saranno 5 gli appuntamenti, uno ogni settimana fino alla fine di agosto, all’interno dei quali vi proporremo diversi temi su cui riflettere.
Partiremo chiedendoci cosa davvero si intende per speranza, poi andremo a scoprirne le radici.
Andando ancora avanti, arriveremo a fronteggiare i casi in cui possiamo perdere la speranza, ma anche a fissare bene come poterla riacquistare.
E, infine, approfondiremo cosa vuol dire possedere la speranza ed esserne testimoni. Questo è il compito a cui ognuno di noi cristiani è chiamato con la propria vita e le proprie azioni quotidiane.
Vi aspettiamo il 31 luglio per la partenza di questo nostro viaggio speciale!
L’agostiniana Suor M. Lucia Solera, nel suo ultimo articolo sulla rivista Dalle Api alle Rose, continua il cammino lungo l’anno della preghiera
e verso il Giubileo 2025, parlando della preghiera di adorazione.
Adorare è ciò che proviamo di fronte al mistero di Dio
Sant’Agostino inizia la sua opera più celebre, le Confessioni, con una meravigliosa espressione di adorazione: «Tu sei grande, Signore, e degno di altissima lode (…) E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato… Sei tu che lo risvegli al piacere di cantare le tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te». Di fronte alla grandezza di Dio, Agostino è come se dicesse: “Signore, tu sei. Io sono piccolo, anzi non sono, per dir meglio, perché così carico di debolezza. Ma Tu sei, e questo mi basta; il tuo essere mi fa esistere”.
Adorare è quel sentimento che prende corpo quando ci ritroviamo di fronte al mistero di Dio: avvertiamo che è sempre al di là di quello che possiamo cogliere di lui.
Un silenzio che si esprime
Le parole a poco a poco diminuiscono, fino a tacere: e sì, ci ritroviamo a “metterci una mano sulla bocca”, come letteralmente la parola adorazione suggerisce (etimologicamente si riferisce al gesto di mettere la mano alla bocca come segno di stupore davanti al divino, ndr)
Chi di noi, di fronte a un evento straordinariamente bello, non ha sentito inadeguate le parole ad esprimerlo? O chi di noi non si è trovato ad affrontare momenti estremamente faticosi, dove l’unica voce che affiora dal cuore è il silenzio? Sono, questi, momenti di adorazione.
Santa Rita ha messo il Signore al primo posto
Come avrà alimentato Rita il senso dell’adorazione? In maniera molto semplice: lasciando a Dio il primo posto nelle sue scelte, nei passi da compiere, nelle cose anche piccole di ogni giorno. E così Rita cresce sentendo che la sua storia è cara a Dio e che lo sguardo amorevole del Padre è su di lei. Un reciproco appartenersi.
Cerchiamo di avvicinarci a Rita nel tempo della sua desolazione, quando si ritrova vedova e senza più figli. Come avrà vissuto quel periodo senz’altro irrigato da tante lacrime? Ancora l’adorazione le sarà venuta in aiuto: con il cuore gravido di silenzio, ritrovarsi davanti a Dio e così dirgli unicamente: “Tu sei. Io sono così povera, ma Tu sei. Di nuovo e ancora, come la povera vedova del Vangelo (cf Lc 21, 4), getto in Te tutta la vita che ho”.
Quando si adora, si arriva a consegnare a Dio le redini della propria vita, con una disponibilità spoglia di tante cose non necessarie. Rita vive proprio questo.
La preghiera
Rita, donna del silenzio adorante,
guardando a te
riconosco che anche per me l’adorazione
è necessità vitale:
stare con l’umile Gesù e sentire che la sua presenza
è la più vera, la più buona,
la più importante.
Ottienimi di camminare nell’adorazione come hai fatto tu,
fino a mettere nelle mani di Dio, con piena disponibilità,
tutta la mia vita.
Il cuore dell’omelia del 22 maggio, per la Celebrazione Eucaristica dedicata ai benefattori, di Padre Mario De Santis, Rettore della Basilica di Santa Rita da Cascia, è un grande GRAZIE a tutti voi che sostenete il Santuario. Come si legge nell’articolo che ne riporta un estratto, pubblicato sull’ultimo numero della Rivista Dalle Api alle Rose.
Un bene che produce amore
È doveroso nel giorno celebrativo di Santa Rita fare memoria di quanti Le hanno voluto bene, ricordare quanti per questo bene le hanno costruito questo bel Tempio e hanno sostenuto e tuttora sostengono le molteplici opere sorte accanto al Santuario e al Monastero.
Tra queste eccelle l’Alveare di Santa Rita (progetto delle monache che a Cascia, dal 1938, accompagna minori nel loro percorso di crescita), dove “l’ape regina” non produce miele ma amore, carità, solidarietà, spalmando questi meravigliosi valori umani e morali, su vite umane, curando, educando e sostenendo queste vite che crescono e si proiettano verso un avvenire che vogliamo sperare roseo e decoroso.
La prima benefattrice: la Beata Fasce
“L’apre regina” è la Beata Maria Teresa Fasce (storica Badessa del Monastero), prima grande benefattrice del Santuario, l’artefice dell’Alveare, la promotrice “in pectore” di tutte le opere ritiane e del culto di Rita in Italia e nel mondo. Fu Lei, “la Madre”, come solevano chiamarla le sue consorelle, che confidando su quel bel detto di Gesù, “senza di me non potete far nulla” e affidandosi ciecamente alla Divina Provvidenza, seppe erigere alla sua Rita questo bel Tempio, che permette a noi e ai tanti suoi devoti, di raccogliersi in preghiera e lodare e magnificare Dio, la Madonna Santissima e tanti Santi Agostiniani.
Ma non sarebbe stato possibile a Madre Teresa giungere a tanto, se non avesse usufruito della carità e solidarietà di tanti devoti di Rita, che chiamiamo benefattori.
Vi abbracciamo tutti
Oggi è la loro esaltazione. Questa celebrazione è per loro, sia che essi vivano ora in cielo, sia che ancora camminino come pellegrini verso il cielo. Oggi li abbracciamo tutti. Oggi li ringraziamo tutti nel nome di Rita e della Beata Teresa e a tutti auguriamo pace in cielo e vita beata e bella in terra.
Dentro questo grande circuito d’amore desideriamo inserire anche tutti gli operatori del Monastero e della Basilica e di tutte le opere ritiane, così come tutti i casciani. Il sogno di Santa Rita e della Beata Fasce è che a Cascia si viva e si operi, si agisca e si lavori in armonia e unità, per accogliere e servire il pellegrino o il turista dello spirito con religiosità e vera umanità.