Su Dalle Api alle Rose di novembre-dicembre, Suor Lucia Solera, monaca agostiniana del Monastero di Rossano in Calabria, ha scelto di chiudere la rubrica Tracce di Rita, incentrata sulla preghiera in chiave ritiana, con una domanda…
Rita, Sorella nostra, cosa ti ha sostenuto nelle tue vicende? Insomma: quale succo ci consegni da tutta la tua storia?
Forse Rita ci risponderebbe così: “Da una parte c’erano le mie aspettative, i valori in cui credevo: la famiglia, la concordia, la pace, la fede, la consacrazione a Cristo. Dall’altra, la presa di contatto con i miei limiti: la desolazione, la solitudine, l’incomprensione, la fatica del ricominciare dopo ogni lutto. Ma sotto a tutto questo, ho percepito che andava prendendo forma un desiderio costante, come lo scorrere di un ruscello carsico di acque dolci e fresche”.
Tutti i desideri in Uno, Dio
“Ad esso davo nomi diversi, a seconda dell’età: da bambina era l’amore dei miei genitori; da giovane, il desiderio di una famiglia buona. Da vedova, il desiderio che tutto ciò che avevo vissuto e che ormai non c’era più avesse un senso. Da monaca, il desiderio di una configurazione piena all’umile Gesù. A poco a poco ho imparato a raccoglierli tutti in un unico desiderio: la comunione con Dio, la sua amicizia.
L’eternità è questa amicizia pregustata come familiare sin da quaggiù. Mi ritrovo tanto in un’affermazione di Sant’Agostino: ‘L’intera vita di un cristiano buono è un santo desiderio’ (Comm. a 1Gv 4,6). Se vuoi pregare, non hai che da fare spazio a questo desiderio: coltivalo, come faresti con un fiore delicato; da parte tua, cerca di fargli spazio dentro di te togliendo tutto ciò che può impedirlo. Esso ti condurrà a godere pienamente della bellezza dell’Eterno”.