Siamo parole di Dio, semi chiamati a portare vita: intervista al nuovo Provinciale degli Agostiniani

Come vi abbiamo già anticipato la scorsa settimana, il numero di settembre-ottobre della Rivista Dalle Api alle Rose del Monastero Santa Rita da Cascia, che è in arrivo nelle vostre case, è dedicato al tema della maturazione.
L’articolo centrale, in particolare, riporta la bella intervista di Rita Gentili a Padre Gabriele Pedicino, neo Priore della Provincia Agostiniana d’Italia. Scopriamola in anteprima!

Cos’è la maturazione?

Padre Gabriele immagina la maturazione come qualcosa che evolve e che accompagna tutta l’esistenza. “Credo ci sia un momento in cui ti accorgi che c’è una maturazione che dice che il bambino, l’adolescente, è diventato adulto, in cui si raggiunge una maturità che ti permette di vivere anche una stabilità propria dell’età adulta. Ma dire di aver raggiunto personalmente, qui e ora, una definitività e maturità, che invece hanno bisogno di essere riviste, di vivere nuove sfide, nuove avventure, anche delle nuove morti per delle nuove rinascite no, direi di no”.

Anche la mano del Signore ci accompagna

Nei primi passi credo che un ruolo importantissimo lo abbia la famiglia, i genitori. Ecco perché è così delicata oggi la questione famiglia ed è importante che i bambini crescano in un contesto dove sperimentino l’affetto, la benevolenza che gli fa sviluppare anche una sicurezza di sé, che nasce dall’essere voluti e amati.

Ma non è solo la famiglia. C’è la mano del Signore, che ci plasma ancora prima che noi veniamo al mondo, mettendoci intorno tutte le esperienze e le persone che possono favorire e promuovere e far crescere quel seme. Anche nella fede: il fare l’esperienza di Chiesa da bambini, avere a fianco testimoni consacrati, catechisti che hanno incontrato il Signore, certamente favoriscono, insieme alla famiglia, quel processo di maturazione.

Impariamo dal contadino

Noi non andiamo lontano o rischiamo di fare tanti danni se non impariamo a vivere questa maturazione come il contadino, che a volte deve molto attendere, fermarsi, non fare nulla. La preghiera, la riflessione, l’introspezione sono fondamentali per non fare danni e per far sì che la propria vita sia compiuta e completa.

Un messaggio per chi è anziano: non si finisce mai di dare frutto

Proprio perché ho detto che non si finisce mai di maturare, ugualmente non si finisce mai di dare frutto. Non c’è luogo, non c’è esperienza, non c’è tempo in cui non è possibile per la nostra vita essere generatori di vita, perché non c’è un tempo in cui la nostra esistenza non è interpellata a essere feconda. Si può essere anziani, si può essere infermi, ci si può riconoscere sempre più bisognosi dell’altro, ma credo che fino all’ultimo istante, fino all’ultimo respiro possiamo essere strumenti nelle mani di Dio, possiamo essere una parola di Dio.

E per i giovani: vivete senza fretta e paura

La fretta minaccia la vita dei più giovani. Ai tanti ragazzi che ho accompagnato ho sempre detto che c’è un tempo per vivere le relazioni e viverle in una certa maniera, per investire nel campo del lavoro. Non fare le cose troppo in fretta, non voler diventare subito adulti, non voler fare subito tutte le esperienze, imparare che quello era il tempo del gioco, della leggerezza, il tempo per lasciarci prendere dallo stupore.

Perché poi, a volte, ci accorgiamo di vivere con adulti che sono rimasti acerbi perché il frutto è stato raccolto troppo presto e non c’è stata quella maturazione che passa attraverso le delusioni, i fallimenti, l’attesa, tutte cose che ci fanno una gran paura e che sono invece il segreto perché il frutto sia a giusta maturazione.

Gli ingredienti della maturità

Il Signore ha assunto un corpo, ha voluto assumere la natura umana: ha avuto fame, sete, sonno, ha pianto per la morte di un amico. Questa umanizzazione della nostra fede credo sia importantissima oggi, come strumento per aiutare tutti, giovani e meno giovani, a vivere gli ingredienti che garantiscono la maturità di cui abbiamo parlato.

Primo, la pazienza, e chi meglio dell’uomo di fede sa attendere; poi, il saper scorgere nell’esperienza e nei segni del tempo un insegnamento, e chi meglio dell’uomo di fede deve fare tutto questo interpretando quel che gli accade non come il caso ma come il disegno di Dio; infine, il saper scorgere nell’altro una parola del Signore per la propria vita, da cui poter sempre imparare qualcosa e chi meglio dell’uomo di fede riconosce nell’altro un
messaggero, un profeta, una pagina di Vangelo che Dio ci dona.

Credo che la fede, se vissuta in maniera matura, se è un interrogarsi continuamente sulla volontà di Dio, sul dove sta passando la volontà di Dio in ciò che mi accade, su come mi sta parlando il Signore, non solo aiuti l’uomo a crescere nella fede ma formi veramente l’uomo e lo fa diventare un uomo maturo.

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