In questo terzo appuntamento, del nostro viaggio spirituale estivo alla riscoperta della speranza, anche in vista del Giubileo 2025, Suor Maria Rosa Bernardinis, Priora del Monastero Santa Rita da Cascia,e l’agostiniano Padre Pasquale Cormio, ci aiutano a rispondere alla domanda: si può perdere la speranza?
Finora, infatti, abbiamo prima capito che la vera speranza non è un’attesa ma una certezza, quella dell’amore di Dio e quindi della nostra salvezza e felicità. E, poi, che il fondamento della speranza sta nella fede nella resurrezione e nella vita eterna.
Oggi, vediamo perché la speranza non è una cosa facile, ma neppure impossibile.
Alleniamoci a sperare per rinforzare i muscoli del cuore
Lo scrittore francese Charles Péguy, spiega bene come in noi è innata questa condizione: «Ma è sperare che è difficile. E la cosa facile e la tendenza è disperare, ed è la grande tentazione».
La speranza è presentata come una piccola bambina, una virtù umile che avanza tenuta per mano dalle due sorelle maggiori, la fede e la carità. Una bambina piccola e fragile, che rischia di perdersi se non è assistita dalle altre due virtù, che l’accompagnano e la sorreggono. Senza, è facile disperare, perché in noi attecchisce la tentazione di credere che Dio ci abbia abbandonati oppure sia indifferente alla nostra condizione.
Come ogni virtù, anche la speranza va coltivata, alimentata, attraverso la preghiera che mantiene viva la fede e ci mette in relazione con il Signore della vita. È importante imparare a riflettere sul senso delle cose che ci accadono, saper vedere la mano di Dio nella nostra quotidianità, per fare esperienza della sua presenza costante e amica, in particolare nei momenti duri, quando il dolore fa capolino. Se non facciamo questo allenamento, non ci rinforziamo bene i muscoli del cuore.
Vivere bene anche la sofferenza senza allontanarci da Dio
Quante volte di fronte al dolore ci chiudiamo e niente e nessuno può aiutarci a uscire dalla fossa che ci siamo scavati. La sofferenza, vissuta male, può spegnere la speranza che è in noi. La sofferenza non va subita ma accolta, valorizzata, in qualche modo compresa. Gesù ci insegna che ogni morte ha una rinascita. Apriamoci con fiducia anche all’inevitabile dolore.
Un altro rischio che corriamo è costruirci il futuro secondo il nostro progetto e portarlo avanti a tutti i costi, perché siamo convinti che il paradiso sia su questa terra ed è una nostra conquista. Prima o poi la vita ci porta a scontrarci con il fallimento e tutto crolla, ed entriamo nel sepolcro della delusione e della sfiducia, perché pensiamo che, se la vita non va come vogliamo noi, non vale la pena di essere vissuta. Questo pericolo è molto comune.
Poi, anche il peccato, ci porta a perdere la speranza. Perché ci allontana da Dio che è la nostra Speranza. È come se sbagliassimo bersaglio: non riusciamo a fare centro nella vita perché prendiamo la mira sbagliata, guardiamo da un’altra parte.
Se sei triste cerca rifugio in un Santuario e ricarica la speranza
Teniamoci stretti alla Speranza che non delude, che dona gioia perché ci indica la strada della vita che non finirà, della pace che niente e nessuno potrà mai toglierci.
I Santuari sono un rifugio per chi è dominato dalla tristezza e dalla fatica di aprirsi a nuove prospettive. La presenza di un Santo, come nel nostro caso di Santa Rita, è l’occasione per riprendere fiducia in un cambiamento, per ridestare una speranza che ci sostenga nell’affrontare conflitti o esperienze scomode. I santi ci ricordano che la speranza non è come il semplice “confidare” che tutto andrà bene, ma un atto di affidamento a Gesù, che ha la forza di liberare e rinnovare la vita.
In tensione ma per lo Spirito Santo
Il nostro compito è non stancarci nel richiedere a Dio la speranza.
Una riflessione di Papa Francesco può aiutarci nel nostro cammino di fede: «Non è facile vivere in speranza, ma io direi che dovrebbe essere l’aria che respira un cristiano, aria di speranza; al contrario, non potrà camminare, non potrà andare avanti perché non saprà dove andare. Se tu speri, non sarai deluso. Bisogna aprirsi a quella promessa del Signore, protesi verso quella promessa, ma sapendo che c’è lo Spirito che lavora in noi. Che il Signore ci dia, a tutti noi, questa grazia di vivere in tensione, in tensione ma non per i nervi, i problemi, no: in tensione per lo Spirito Santo che ci getta verso l’altra riva e ci mantiene in speranza».