Nel nostro viaggio spirituale estivo alla riscoperta della speranza, anche in vista del Giubileo 2025, giungiamo alla quarta tappa del percorso.
Suor Maria Rosa Bernardinis, Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, e l’agostiniano Padre Pasquale Cormio, al timone di questo viaggio, nei precedenti appuntamenti hanno riflettuto sulla vera speranza, fondata sulla fede nella resurrezione e ci hanno messo in guardia dai comportamenti che ci posso portare, invece, a disperare.
Oggi, insieme a loro, vediamo come fare di nuovo nostra la speranza se l’abbiamo persa.
La preghiera è una delle nostre alleate
Tutto parte dal presupposto che riconoscere di aver perso la speranza, rendersi conto che è la forza intrinseca della vita, e desiderare di riacquistarla, è già un dono della grazia di Dio.
Papa Benedetto XVI ha presentato alcuni “luoghi” di apprendimento e di sviluppo della speranza. Il primo è la preghiera: “Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora. Se non posso più parlare con nessuno, più nessuno invocare, a Dio posso sempre parlare” (Spe salvi 32).
La preghiera genera speranza: anche la solitudine umana può essere colmata dalla certezza che Dio ascolta ed esaudisce. Chi prega, non è mai totalmente solo. Ci spogliamo di tanti desideri e speranze, non sempre fondamentali, per imparare a chiedere a Dio che cosa a Lui è gradito, così da diventare capaci di servire i fratelli e le sorelle. Se siamo a corto di speranza, una semplice invocazione di aiuto: Signore, aiutami! Signore, salvami! Signore, ti prego per questa circostanza… diviene esercizio necessario.
La sofferenza è la seconda via
Il secondo “luogo” di apprendimento della speranza è la sofferenza. Non è “la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore” (Spe salvi 37).
La sofferenza è parte dell’esistenza umana, non potrà mai essere eliminata dal mondo, ma può essere ridotta nel suo carico. Ma quale sofferenza ha la capacità di redimere ovvero liberare il cristiano? Dopo che Cristo è entrato nell’inferno della malvagità umana, e morendo sulla croce ha redento gli uomini, la sofferenza è redentrice per sé e per gli altri. Santa Rita e la Beata Teresa Fasce sono un esempio di chi ha accettato la propria sofferenza, trasformandola in un cammino di speranza che consola chi non riesce a trovare un senso al proprio dolore.
La giustizia e la salvezza di Dio ci chiamano alla responsabilità
Giungiamo al terzo “esercizio”: credere nel giudizio di Dio e nella vita eterna. L’immagine del Giudizio finale, come Michelangelo ha voluto rappresentarlo nella Cappella Sistina, non è di per sé volta a terrorizzare i fedeli, ma è essa stessa un segno di speranza ed un invito alla responsabilità: “Il Giudizio di Dio è speranza sia perché è giustizia, sia perché è grazia. Se fosse soltanto grazia che rende irrilevante tutto ciò che è terreno, Dio resterebbe a noi debitore della risposta alla domanda circa la giustizia” (Spe salvi 47).
La certezza che tutti gli uomini saranno sottoposti al giudizio divino ci rende responsabili del bene fatto o non fatto in questa vita e ci dice che la giustizia divina non è solo punitiva o retributiva, ma sovrabbonda di grazia, per quel desiderio di Dio di vivere per sempre con i suoi figli.
Il coraggio di rifiutare le false speranze
C’è un’ultima considerazione da fare: la speranza cristiana esige coraggio, ovvero quello di rinunciare alle false speranze. La speranza è la tensione che, partendo dal reale, pone a noi tutti una grande domanda: come posso trasformare la mia paura, il mio dolore o la sofferenza che provo, in un’opportunità per amare ancora e di più?
Dio non promette di togliere i motivi di stanchezza e di spossatezza, ma dona speranza, per camminare incontro a Lui senza stancarci.
L’Eucarestia è il Sole divino che dà forza a chi è stanco, e moltiplica, il vigore per chi è spossato… Attingiamo da questa fonte di vita la forza per camminare lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, condividendo le necessità dei fratelli e delle sorelle!