Eccoci alla seconda tappa del nostro viaggio spirituale estivo, alla riscoperta della speranza, per esplorarla anche in vista del Giubileo 2025!
La scorsa settimana abbiamo parlato di cosa intendiamo per speranza crsitiana e abbiamo capito che non si tratta di qualcosa da attendere ma di una certezza che abbiamo racchiusa dentro noi, la certezza dell’Amore di Dio!
Questa settimana, sempre insieme alle riflessioni di Suor Maria Rosa Bernardinis, Priora del Monastero Santa Rita e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, ci proponiamo di scoprire il vero fondamento della speranza. Vieni con noi!
Siamo barche alla deriva: dove trovare stabilità?
Spesso proviamo la sensazione di vivere come in mezzo ad una tempesta, per le prove e le difficoltà da affrontare. Il pericolo che si avverte è quello di non avere punti di riferimento: vi è instabilità nelle relazioni, incertezza nella fede o nella pratica della virtù, ansia nell’educazione dei giovani, paura per la situazione internazionale, diffidenza nell’uso indiscriminato della tecnologia…
Allo stesso tempo, nella vita personale, si possono attraversare situazioni di difficoltà economica, familiari, spirituali…
In questa situazione così fluttuante, occorre domandarsi: a cosa è ancorata la mia vita? Dove trovare quella stabilità che il mondo non è capace di assicurarmi?
La Parola di Dio ci orienta nella ricerca
Questa speranza la teniamo come un’àncora dell’anima, sicura e ferma, che penetra oltre la cortina, dove Gesù è entrato per noi quale precursore, essendo diventato sommo sacerdote in eterno (Eb 6, 19ss).
Siamo nella stagione adatta per un giro in barca o per vedere in un porto una nave ormeggiata. E affinché l’imbarcazione goda di stabilità e fermezza, occorre gettare l’àncora. Nella Lettera agli Ebrei l’àncora rappresenta la speranza cristiana, che dà all’anima del credente sicurezza e stabilità, in quanto è connessa alla resurrezione di Cristo. Tutto sarebbe vano e falso se Cristo non avesse vinto la morte, se non fosse presente in mezzo a noi: nella nostra vita non sarebbe posta la sua realtà di vita e di resurrezione.
L’àncora della speranza non affonda nei fondali del mondo, ma è gettata nei cieli, oltre la cortina, dove Gesù Risorto vive, dove Egli, come sommo sacerdote, prega per tutti noi e ci attende per condividere la sua stessa vita divina.
Come ricorda Agostino, Cristo «intercede per noi, altrimenti dispererei. Avremmo potuto credere che la tua Parola fosse lontana dal contatto dell’uomo e disperare di noi, se questa Parola non si fosse fatta carne e non avesse abitato in mezzo a noi» (conf. X, 43.69).
Una speranza piena di immortalità ed eternità
La speranza cristiana è ben diversa da quella umana, per l’aspettativa che dischiude: annuncia il più totale e completo coinvolgimento di Dio nella storia umana e la certezza che Dio ha preparato per noi un’eredità nei cieli. La speranza – se non vuole sfumare in una semplice illusione o in una cieca utopia – deve essere fondata sull’amore, e sull’Amore definitivo: Solo se c’è in te una grande speranza potrai dare senso alla vita e amare al di là di ogni misura di stanchezza.
La fede nella resurrezione e nella vita eterna sono il fondamento della speranza cristiana. Aver disatteso questo orientamento, ci ha rinchiusi in una ricerca di speranze limitate solo al nostro “oggi”. Nel momento in cui si attenua o scompare questa disposizione del cuore all’eternità di Dio, subisce una trasformazione anche il nostro modo di pensare e di agire: subentra un attaccamento alla vita presente, che è di per sé un bene, ma quando non ha un orizzonte “oltre” da perseguire si riduce talvolta ad un susseguirsi di fatica e di contraddizioni senza un senso ultimo.
Le scelte che noi oggi compiamo in ordine al bene, alla verità, alla giustizia, all’amore hanno un valore eterno, ci preparano all’incontro con Dio, sono le nostre “buone credenziali” per essere accolti nel regno dei cieli. Sperare è credere che Dio ci rende capaci di atti eterni e che l’amore seminato e raccolto è una finestra aperta sull’eternità.
La nostra speranza “è piena d’immortalità” (Cfr Sir 3,4b), perché si basa sulla fedeltà di Dio che non viene mai meno.
Lasciamoci trascinare verso la felicità
Lo scrittore francese Charles Péguy paragona le tre virtù teologali: fede, speranza e carità, a tre sorelle. La speranza è la più piccola, ma è quella che trascina le altre due. Dove le trascina? A una felicità piena e duratura, che Dio ha preparato da sempre e che l’uomo, pur smarrito e fuggitivo, porta impressa nel suo cuore. Ma, è necessario trovare la via per raggiungerla e possederla, e questa via si chiama Gesù di Nazareth, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, che ha detto infatti: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14, 6).
San Paolo poi scriverà ai Romani: “Giustificati per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di Lui abbiamo anche, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato“ (Rm 5,1-5;).
Se speriamo nel futuro dell’eternità di Dio, possiamo cambiare il presente
Se possediamo questa speranza, noi possiamo apprezzare meglio la nostra libertà di figli anche di fronte a ciò che ci preoccupa o suscita paura e insicurezza. Gesù risorto ha vinto i nostri due nemici più tenaci da affrontare: il peccato e la morte, e la sua resurrezione è per noi primizia di quel dono che ci è stato preparato: la comunione con Dio, il nostro essere con Cristo per sempre. Noi siamo in cammino verso l’Amore che non ha fine, verso la Vita vera ed eterna.
Allora possiamo dire ogni giorno questa preghiera della colletta della XVII domenica del Tempo Ordinario: “O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo, effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni”.
Con questa forza trainante possiamo raggiungere la pienezza della vita che è solo in Dio.