Chiara Castellani è una dottoressa missionaria, specializzata in ginecologia e ostetricia, che ha fatto della sua professione e della sua vita un servizio al prossimo, prima in America Latina e poi in Africa.
Ha ricevuto il Riconoscimento Internazionale Santa Rita, per aver donato tutta la sua vita ai piccoli e ai dimenticati del mondo.
Con fede e coraggio, attraverso la sua storia ci insegna la ricchezza di dedicarsi a chi è nel bisogno, piuttosto che praticare l’indifferenza o l’astio.
Missionari laici: la donazione di sé come vocazione
Di solito il termine missionario viene associato a quelle figure religiose, uomini e donne consacrati, inviate dalle proprie congregazioni o da un’autorità ecclesiastica in territori in cui la Chiesa locale ha bisogno di essere sostenuta per l’apostolato, anche con opere sociali e caritatevoli.
A questi negli anni si sono aggiunte persone definite laiche, cioè non appartenenti allo stato clericale, che con sacrificio e dedizione offrono il loro tempo e la loro qualifica professionale in favore dei bisognosi. Generalmente queste persone si trovano ad operare in quei posti del pianeta, in cui la povertà e le malattie affettano ancora la maggior parte della popolazione.
Dottoressa della misericordia
Nata a Parma nel 1956, laureata in medicina e chirurgia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, specializzatasi in ginecologia e ostetricia, e in malattie tropicali, la dottoressa Chiara Castellani dal 1983, anno della sua prima missione in Nicaragua come medico volontario, è una paladina del diritto alla salute per tutti. Dall’America Latina all’Africa, ovunque c’erano conflitti si è trovata ad effettuare interventi chirurgici e ortopedici, ma soprattutto nella sua lunga carriera si è dedicata a programmi di assistenza per gestanti e partorienti delle zone povere di questi Paesi.
La sua più che una professione è una missione
Oggi vive e lavora nella Repubblica Democratica del Congo, dove da più di 30 anni dirige l’Ospedale di Kimbau. “Mi sento una missionaria laica – dice – infatti legalmente sono un fidei donum (dono di fede) della Diocesi di Verona a quella di Kenge”. L’ufficio che si occupa delle opere mediche (BDOM), l’ha chiamata a dirigere le 29 strutture sanitarie della Diocesi di Kenge. In Congo dice, “per i ricchi c’è una medicina di standard elevato, invece la salute dei poveri è legata alle strutture sanitarie religiose”.
Come ginecologa e ostetrica assiste soprattutto le partorienti. Le levatrici dei villaggi non hanno la possibilità di studiare, per questo si è prodigata per aprire dei centri per l’assistenza al parto e alla gestazione e per la formazione del personale socio-sanitario locale. Ma si è spesa anche per l’accesso gratuito a farmaci essenziali, tipo per l’Aids o per contrastare l’epidemia da Ebola. Il diritto alla salute, dice, “passa anche attraverso una sala operatoria pulita e piastrellata come qui a Kimbau: un segno, che si può coniugare accessibilità e qualità dell’esistenza”.
A proposito di segni, dopo aver saputo del Riconoscimento, la dottoressa si è trovata ad affidarsi a Santa Rita: “Qui in Congo il culto è diffusissimo, dei gruppi in Diocesi si ispirano a lei. Ho implorato la sua protezione per un bambino gravissimo, che solo con le mie competenze sarebbe stato impossibile salvare”.