“Attraverso l’intercessione Rita vive il suo profondo, totale essere per gli altri, interessarsi concretamente e avere a cuore tutti, a immagine della cura di Dio per ognuno di noi. Rita dedica la vita al ministero dell’intercessione per tutti i suoi fratelli e sorelle, spinta dal desiderio che essi vivano secondo la volontà di Dio”.
Così scrive Suor M. Lucia Solera nel consueto appuntamento con la sua rubrica dedicata a Santa Rita, contenuta nel numero maggio-giugno della rivista Dalle Api alle Rose. Scopriamo insieme come intercedere significhi “farsi carico dell’altro che si rivolge a noi”, ospitandolo nel cuore ma anche nel corpo.
I Santi si fanno nostri portavoce presso Dio
«Diglielo tu!». Quante volte, spinti a domandare aiuto a qualcuno, ci siamo rivolti a una terza persona perché si facesse lei portavoce verso il nostro destinatario, trovasse lei le parole giuste da dire.
Nella rubrica leggiamo come il ricorso a questa pratica sia una forma di intercessione; e, se questo è valido nel campo delle relazioni interpersonali, lo è ancor più quando si tratta di rivolgersi a Dio. Molto spesso davanti a Dio ci sentiamo incapaci di esprimere ciò che ci pesa dentro, oppure ci ritroviamo equipaggiati unicamente di una povertà molto vicina alla miseria… Ecco allora il ricorso ai santi, come coloro che non solo si fanno portavoce presso Dio di ciò che intendiamo a lui presentare, ma che, prima ancora, si prendono a cuore la nostra situazione, la nostra pena.
Rita visse due forme di intercessione
Suor Lucia Solera spiega come Rita visse entrambe queste forme di intercessione. Prima di entrare in monastero, quella fatta di ascolto e disponibilità a oltranza verso quanti si rivolgevano a lei in forza del suo ruolo di paciera all’interno della città di Cascia: una sorta di missionimpossible che richiedeva pazienza a tutta prova, capacità di comprensione e una costante serie di piccoli gesti per rammendare relazioni lacerate tra famiglie e clan.
Divenuta monaca, la pratica dell’intercessione divenne per Rita ancor più impegnativa: stare davanti al Signore per tanti.
Intercedere significa farsi carico dell’altro
Un episodio nel Vangelo esprime plasticamente il senso della preghiera di intercessione: il paralitico portato da quattro persone, calato giù da un tetto e posto davanti a Gesù (Marco 2, 1 ss).
Immagine stupenda, come evidenzia la monaca: intercedere significa farsi carico dell’altro che si rivolge a noi, ospitarlo nel cuore fino a provarne dolore e presentarlo a Gesù, deporlo davanti a lui. Intercedere, infatti, richiede non solo la fatica del cuore, ma anche del corpo: come non pensare a quelle piccole rinunce, o a quei piccoli, silenziosi gesti di carità che sappiamo compiere proprio per corroborare la nostra preghiera!