La Beata Fasce, paladina della dignità femminile

“Rifiutava l’immagine della donna sottomessa, un po’ civettuola e si arrabbiava quando le donne si comportavano così”. Questa la concezione della donna secondo la Beata Maria Teresa Fasce, così come apprendiamo da Mauro Papalini, storico agostinianista, nel numero di maggio-giugno di Dalle Api alle Rose, all’interno della sua rubrica dedicata alla storica abbadessa.

Madre Fasce: “la Beata del 1900”, così si chiama la rubrica , che racconta la figura e l’azione della Beata contestualizzata nel quadro storico e sociale del 1900 e di cui riportiamo il secondo articolo.

La Madre Fasce fu sempre consapevole della sua dignità di donna e pretendeva il rispetto da tutti sia per lei che per le monache. Durante gli anni di abbadessa dovette confrontarsi sempre solo con uomini: sacerdoti, vescovi, superiori agostiniani, per non dire degli uomini implicati nella costruzione del nuovo santuario. Nei suoi rapporti con essi, pur rispettandone l’autorità e i ruoli, tuttavia non arretrò mai, assumendo a volte atteggiamenti forti, impensabili allora per una donna. Lei aveva una concezione ben precisa delle donne, anche religiose. Voleva che le sue monache fossero donne laboriose e forti.

Da Santa Rita apprende il coraggio dell’amore e la dignità

Papalini sottolinea come nel periodo in cui nacque Marietta Fasce (1881) la condizione femminile era molto difficile: studiavano solo le donne ricche, la maggior parte lavorava in casa o nei campi. La famiglia Fasce era benestante, quindi le figlie frequentarono le scuole, Marietta iniziò anche la scuola media, un buon grado di istruzione per una donna. Poi ci fu l’incontro con la ‘donna della sua vita’: Santa Rita; da lei apprese tra l’altro il coraggio dell’amore e la dignità.

Un evento fondamentale per la storia delle donne fu la prima guerra mondiale: gli uomini abili al lavoro andavano al fronte lasciando scoperti i posti nelle fabbriche, per questo le industrie assunsero molte donne per sostituirli. Ciò fece prendere coscienza a esse del loro ruolo attivo nella società e di avere anche loro diritti. Poi la guerra finì con la vittoria italiana e i reduci dal fronte reclamarono i loro vecchi posti di lavoro, quindi le donne furono licenziate e rimandate alle loro attività domestiche. In pratica dovettero fare un passo indietro, mentre suor Maria Teresa Fasce nel monastero di Cascia fece non uno, ma due passi avanti: nel 1917 vicaria e tre anni dopo abbadessa.

Una figura molto vicina a Maria Montessori

Papalini aggiunge come nel 1922 iniziò il regime fascista, che pensava la donna come l’angelo del focolare, pronta a fare figli per la patria e a non occuparsi di altro. In pratica, una concezione totalmente distante da ciò che pensava la Madre Fasce.

“Gesù non ama le bambole”, diceva, quindi era molto esigente nella formazione delle sue religiose.

Se dovessimo avvicinare la Madre Fasce a qualche altra donna sua contemporanea, la figura che le somigliava per carattere e atteggiamenti è Maria Montessori molto lontana dalla Fasce per stile di vita, ma la stessa forza e determinazione, la stessa concezione della donna, in fondo anche Maria Teresa Fasce era un’educatrice sia delle sue monache, poi delle bambine orfane che accolse dal 1938.

Conclude Papalini: “Anche al termine della sua vita la Madre Fasce, ormai molto malata, tuttavia volle dare un segno solidale con tutte le donne: il 2 giugno 1946, in occasione del referendum istituzionale e l’elezione dell’assemblea costituente, le donne italiane conquistarono il diritto di voto che lei volle esercitare, portata in trionfo dai casciani. Maria Teresa Fasce: una donna vera fino in fondo!”  

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