Nella sua prima lettera alle sorelle, Marietta Fasce parlava del monastero come di un paradiso anticipato. Ma la realtà, appena varcata la soglia di Cascia, fu ben diversa. Quel luogo tanto desiderato si rivelò invece un purgatorio, un tempo di prova che l’avrebbe segnata profondamente per i successivi quattro anni.
La giovane Fasce si trovò immersa in una vita monastica segnata da tensioni e da un clima ben diverso da quello sognato: a Cascia erano arrivate alcune monache da Visso, dopo le soppressioni di altri monasteri, e la vita comunitaria ne risultava appesantita e poco armoniosa. Del paradiso immaginato restava solo l’eco lontana. E così, anche dopo aver ricevuto l’abito nella notte di Natale del 1906 e aver pronunciato la professione semplice l’anno successivo, Marietta non riusciva a trovare pace: si affacciavano in lei prima la delusione, poi il dubbio profondo. Era davvero quella la vita che Dio aveva pensato per lei?
Il tempo del discernimento
Nel 1910, sentendo crescere in sé la necessità di fare chiarezza, chiese ai superiori dell’Ordine agostiniano il permesso di trascorrere un anno fuori dal monastero: fu così che visse 11 mesi nella casa di famiglia, come una reclusa, accompagnata dal discernimento del confessore, nella preghiera costante e profonda, chiedendo luce allo Spirito Santo e a Santa Rita. Fu questo il momento decisivo della sua vita.
Alla fine di quel cammino interiore, Marietta scelse di tornare a Cascia. Lo fece nel maggio del 1911 con una consapevolezza nuova, pronta ad abbracciare definitivamente la vita religiosa. Il 22 maggio 1912, nella festa della sua santa patrona, pronunciò la professione solenne. Da allora, il suo sguardo sul monastero cambiò: nacque in lei il desiderio profondo di rinnovare quella comunità che l’aveva tanto ferita. E, con il tempo, riuscì a farlo, diventando Madre e guida spirituale di una realtà completamente trasformata.
Quando il fallimento si trasforma in grazia
Ma ciò che colpisce davvero in questa vicenda non è solo la difficoltà attraversata, quanto il modo in cui la Fasce seppe affrontarla. Aveva sognato un’oasi di pace e si era trovata in una realtà dura, eppure non fuggì. Si fermò, si interrogò, accettò il dolore e il dubbio come strumenti di crescita, trovando dentro di sé la risposta.
Il suo esempio parla ancora oggi a ciascuno di noi. Quando i sogni si scontrano con la realtà, quando sembra che tutto crolli, Madre Fasce ci insegna a non disperare. A non buttare via tutto alla prima delusione. A non confondere un fallimento con la fine. A trovare nel dolore una possibilità nuova. Quella che sembrava una sconfitta divenne per lei l’inizio di una missione. Il luogo che inizialmente l’aveva fatta sentire smarrita si trasformò nel cuore della sua vocazione, da cui nacquero progetti concreti e gesti d’amore, come l’opera Dalle Api alle Rose e le raccolte fondi per sostenere la comunità
Madre Maria Teresa Fasce ci lascia una lezione semplice e potente: non bisogna rinunciare ai sogni, ma imparare a rileggere la vita alla luce della speranza, trasformando ogni crisi in occasione per rinascere