Daria Bignardi risponde alle domande di Suor M. Giacomina Stuani
Santa Rita da Cascia è dovunque, anche dove non immagineremmo di trovarla. Ad esempio, in un piccolo libro scritto da Daria Bignardi, nota scrittrice e conduttrice televisiva che ha legato la sua immagine alla trasmissione “Le invasioni barbariche”, in onda su La7. Dopo aver letto il delicato racconto di Mila, la protagonista dell’ultima fatica dell’autrice, intitolata “Santa degli impossibili”, il direttore editoriale della rivista Dalle Api alle Rose, Suor M. Giacomina Stuani, l’ha intervistata per scoprire una delle tante strade che portano ad incontrare la santa più amata al mondo…
Daria, lei ha raccontato di aver impiegato cinque anni per finire di scrivere il suo ultimo libro. Un periodo insolitamente lungo per un romanzo così breve, rispetto ai suoi tempi abituali. Questo perché in qualche modo la stesura aveva subito un arresto. Un giorno, però, s’imbatte in… Rita da Cascia, o meglio, in una preghiera rivolta alla santa, che le ha fatto riraccontarci quest’episodio?
Ero a Monza, in visita ad alcuni amici e sono entrata con loro, per la prima volta, nella bellissima Cattedrale. La prima cosa che ho visto è stata una preghiera dentro una cornice, mi sono avvicinata e l’ho letta: mi ha colpito moltissimo e l’ho ricopiata. Alla sera, a casa, l’ho riletta: “O potente Santa Rita, Avvocata dei casi disperati, Soccorritrice dell’ultima ora, Rifugio e Scampo nel dolore, parlate, pregate, intercedete per me presso il Cuore Santissimo di Gesù…”. L’ho trovata estremamente potente ed evocativa e sono andata a leggermi la storia di Santa Rita, che non conoscevo, e l’ho trovata emozionante, fortissima e misteriosamente vicina a quella di Mila, la protagonista del racconto che avevo abbandonato. Vicina per contrasto: tanto Rita era stata determinata nel seguire la sua vocazione, quanto Mila era sofferente perché aveva perso la sua per strada – una vocazione non religiosa, ma esistenziale e civile.
“Santa degli impossibili”, infatti, non è un romanzo sulla devozione ritiana o sulla fede di tipo religioso, contrariamente a quanto il titolo possa suggerire. Ma c’è, appunto, qualcosa che unisce Mila, la protagonista, a Rita da Cascia, che ha a che fare con la “potenza femminile”, come lei l’ha definita…
Come dicevo, Mila è una donna, una moglie e una madre, come Rita, che ha perso il filo del suo destino, quindi della sua vocazione. Era stata una ragazza felice, ma aveva perso tutto: i genitori, la fede e soprattutto se stessa, le cose che la facevano sentire davvero se stessa, come aiutare i derelitti, gli ultimi, le persone in difficoltà. L’incontro con Rita le fa capire che non bisogna rinunciare alla nostra vocazione, al nostro destino, nemmeno per la famiglia.
«Pensavo che il mondo si dividesse in quelli a cui vengono gli herpes e tutti gli altri». Così, dice a sé stessa la protagonista del romanzo. Sulla soglia dei 40 anni, Mila non immaginava di fare parte del “gruppo di quelli che hanno l’herpes”, come non credeva di accantonare i suoi sogni, o meglio: la sua vocazione. Il corpo le sta dicendo ciò che lei non vuole o teme di sentire?
Sì, tutto comincia dal corpo. L’herpes è un segno, una stimmata sul suo viso. E poi l’incidente che la fa finire in ospedale dove incontra Annamaria, la donna che le parla di Santa Rita, anche quello parte da un impulso irrefrenabile che sembra dettato quasi più dal corpo che dalla mente. Il corpo sa sempre tutto, anche se a volte non lo ascoltiamo.
La personalità di Mila è raccontata da tre persone, per tre punti di vista: lei stessa, il marito Paolo (che ha lo stesso nome del marito di Santa Rita) e la figlia maggiore, Maddi. Questa scelta fa risaltare due tematiche: il rapporto uomo-donna nella relazione matrimoniale e quello madre-figlia. Sono questi legami che rappresentano la prigione in cui Mila si sente rinchiusa?
Sì. Nonostante Mila ami moltissimo i figli e in fondo anche il marito, e loro lei, il non essersi realizzata come persona, aver trascurato la sua passione per gli ultimi, la fa essere una persona incompleta e sofferente, incapace di godere delle gioie di una famiglia che pure ha scelto e voluto costruire.
In copertina, è stata scelta una delle tavole di Dino Buzzati, racchiuse nell’opera “I Miracoli di Val Morel”. Come sa, si tratta di una raccolta di racconti che descrivono miracoli immaginari attribuiti a Santa Rita. Qual è il “miracolo” di Mila?
Potrebbe essere quello di rimettersi in cammino e ritrovare la sua strada, ma non lo sappiamo, possiamo solo intuirlo e forse sperarlo.
Daria, possiamo affermare che, sia nel suo caso di vita reale (mi riferisco a quanto dicevamo nella prima domanda), che nella situazione affrontata dalla protagonista del romanzo, Santa Rita ha fatto la differenza?
Senza la figura di Santa Rita questa novella non sarebbe mai nata così come è ora, ma sarebbe rimasta tronca e incompleta. La figura di Rita, la sua volontà d’amore, così forte da arrivare a noi anche dopo cinquecento anni, ha fatto la differenza eccome. Sono stata a Cascia, a ringraziarla, per questo.
(pubblicato su Dalle Api alle Rose. La Rivista di Santa Rita da Cascia n. 6-2015)