Giornata mondiale della Pace: l’appello della Priora
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Messaggio di fine anno: iniziamo con il fare memoria
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Su Tv2000 il Natale di Cascia
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La messa di mezzanotte
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Lasciamo posto ai “santi” desideri
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Perché l’albero e il presepe si fanno l’8 dicembre?
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Nel ricordo l’amore continua
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Ognissanti è la festa di tutti
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L’11 febbraio è la Giornata Mondiale del Malato, istituita da Papa Giovanni Paolo II nel 1992 in memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes.
Il messaggio di Papa Francesco
La Giornata Mondiale del Malato non invita soltanto alla preghiera e alla prossimità verso i sofferenti, ma anche sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie e la società civile a un nuovo modo di avanzare insieme.
La conclusione della parabola del Buon Samaritano ci suggerisce come l’esercizio della fraternità, iniziato da un incontro a tu per tu, si possa allargare a una cura organizzata.
Abbi cura di lui
Lc10,35
Questa è la raccomandazione del Samaritano all’albergatore. Gesù la rilancia anche ad ognuno di noi, e alla fine ci esorta: «Va’ e anche tu fa’ così». Come Papa Francesco ha sottolineato in Fratelli tutti, «la parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune». Infatti, «siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile»
Programma della Giornata Mondiale del Malato a Cascia
14:30 – Santo Rosario
15:00 – Inizio della Santa Messa. Al termine unzione dei malati e degli anziani con passaggio all’Urna di Santa Rita.
Nel nuovo anno appena cominciato, il monastero Santa Rita da Cascia e tutta la famiglia agostiniana hanno un importante compleanno da festeggiare: “Dalle Api alle Rose”, la storica rivista ideata dalla Beata Fasce, compie 100 anni, come sarà raccontato nei dettagli nello speciale che sarà contenuto in ogni numero, a partire da quello, in uscita, di gennaio-febbraio. Oggi la rivista è diffusa in 6 lingue (italiano, Inglese, francesce, tedesco, spagnolo e portoghese) e in 300mila copie.
Dalle origini ai giorni nostri
Nel corso del 2023, attraverso uno speciale pubblicato al centro di ciascun numero della rivista, verrà ripercorsa la sua storia, con tutte le sue trasformazioni nel corso degli anni:
Le origini;
Il primo numero a colori del 1957;
Gli anni a’60 con il suo quarantesimo compleanno e la traduzione in inglese e francese;
Il restyling degli anni ’90;
Il 2000: il numero con la copertina del passaggio dell’Urna di Santa Rita in piazza S.Pietro;
Uno sguardo sul futuro.
Il primo speciale
Nel primo speciale si parla appunto delle origini, nel maggio 1923,quando l’allora badessa del monastero, per mano di Nino Angelini, un bimbo da lui maternamente sostenuto nella vocazione religiosa (diverrà Padre Atanasio), fece imbucare le prime copie del bollettino, con l’obiettivo di far conoscere Cascia, che allora era un paesino sconosciuto, in tutto il mondo e diffondere il messaggio ritiano.
La rivista si chiama così perché Madre Fasce voleva racchiuderci tutta la vita di Santa Rita: dal primo miracolo, quello delle api che le entravano e uscivano dalla bocca, quando era solo una neonata, all’ultimo prima di morire, quello della rosa fiorita sotto la neve, nella sua casa di Roccaporena, che una sua parente le portò insieme ai due fichi.
Il primo gennaio di ogni anno è la Giornata Mondiale della Pace, istituita da Papa Paolo VI alla fine del 1967 e celebrata in tutto il mondo cattolico.
“Sarebbe Nostro desiderio che poi, ogni anno, questa celebrazione si ripetesse come augurio e come promessa – all’inizio del calendario che misura e descrive il cammino della vita umana nel tempo – che sia la Pace con il suo giusto e benefico equilibrio a dominare lo svolgimento della storia avvenire”, si legge nel messaggio dell’allora pontefice, diffuso per l’occasione.
“La pace si fonda soggettivamente sopra un nuovo spirito, che deve animare la convivenza dei Popoli, una nuova mentalità circa l’uomo ed i suoi doveri ed i suoi destini”, continua Paolo VI. “Lo facciamo perché la pace è nel genio della religione cristiana – si legge ancora nel testo – poiché per il cristiano proclamare la Pace è annunciare Gesù Cristo”.
La Madre Priora, “I responsabili dei conflitti convertano il loro cuore”
Per l’occasione Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del nostro monastero, vuole lanciare il suo appello per la pace. “Quest’anno più che mai, con la guerra nel cuore dell’Europa, questa giornata ha un valore importante. Il mio pensiero va ai tanti popoli che stanno vivendo queste feste in un clima di terrore, come in Siria, Terra Santa, Yemen, Myanmar, Iran, e agli ucraini che hanno vissuto il primo Natale sotto le bombe, al buio e al freddo”, ha esordito.
“Invoco così le nostre preghiere e l’intercessione di Santa Rita, che è stata un fulgido esempio di dialogo e pace, perché i responsabili dei conflitti depongano le armi e convertano il loro cuore, in modo che venga presto promossa un’iniziativa per giungere alla pace – ha commentato la religiosa – Ma anche perché noi tutti siamo, nel frattempo, i volti di quella pace, usando le armi dell’amore. Come ha detto, infatti, Papa Francesco: “La cultura della pace non la si costruisce solo tra i popoli e tra le nazioni. Essa comincia nel cuore di ciascuno di noi””.
“Impegnamoci dunque a portare la pace e il perdono prima di tutto nelle nostre famiglie, imitando il bambino Gesù, venuto a incarnare l’amore di Dio per tutti noi – ha sottolineato la Madre Priora – E agendo concretamente la pace, attraverso gesti di carità, come ci ha insegnato Santa Rita, ad esempio vivendo le feste in maniera più sobria, in modo da poter sostenere il popolo ucraino e chi ha più bisogno”.
La preghiera per la pace
Per concludere, Suor Maria Rosa ha invitato di nuovo alla preghiera recitata lo scorso 2 marzo, unendosi all’appello di preghiera lanciato allora da Papa Francesco. L’incipit, è tratto da “Gesù nostra pace” di San Giovanni Paolo II.
“Gesù Cristo! Figlio dell’eterno Padre, Figlio della Donna, Figlio di Maria, non ci lasciare in balia della nostra debolezza e della nostra superbia! O’ Pienezza Incarnata! Sii tu nell’uomo terreno! Sii tu il nostro Pastore! Sii tu la nostra Pace!
Ascolta la preghiera che si eleva da tutta la Chiesa, e da ogni uomo di buona volontà. Dona la sospirata pace al popolo Ucraino e a tutte le Nazioni della terra! Possa l’Umanità vivere finalmente un’era di fraternità! Te lo chiediamo per l’intercessione di Santa Rita, donna di riconciliazione e di pace. Amen”.
Apriamoci alla speranza, confidando in Dio
“Il termine dell’anno è certo solo una convenzione ideata dagli uomini, e nemmeno la stessa per tutti gli abitanti della nostra terra, ma è un dono prezioso per fare il punto sulla nostra vita”, così esordisce Padre Luciano De Michieli, Rettore della Basilica di Cascia, accompagnandoci nella riflessione di fine anno. “Dove siamo? Verso dove andiamo? – si chiede – Con quali speranze e con quale fardello da portare con noi?”.
C’è tanto da “conservare nel cuore”
Continua Padre De Michieli: “La fine dell’anno viene celebrata dalla Chiesa con il canto di un inno di ringraziamento a Dio e con la memoria grata di chi ci ha lasciato e degli eventi belli dell’anno trascorso: una nascita, un matrimonio, un anniversario particolare, la fine di un pericolo…”
“C’è sempre tanto da ricordare, o meglio come faceva la Vergine Maria, da “conservare nel cuore” – sottolinea il religioso – Solo un cuore pacificato può però conservare senza che quella memoria “vada a male”. Un cuore che perdoni, che riconosca la presenza di Dio in ogni avvenimento, solo così la nostra vita è pronta per il nuovo anno e capace di aprirsi alla novità e alla speranza”.
Affidiamoci alla Madre di Dio
“Come dice, infatti, Thomas Merton: “La vera speranza non è in qualcosa che noi pensiamo di poter fare, ma in Dio, che sta suscitando qualcosa di buono da tutto questo, in qualche modo a noi ignoto”, ci porta a riflettere il padre agostiniano. E conclude: “Nel nuovo anno quindi, affidiamoci alla Madre di Dio e coltiviamo sogni di pace, solo così saremo degni figli e figlie della nostra amata Santa Rita”.
Il Natale di Santa Rita da Cascia
Mercoledì 21 dicembre è andato in onda dal Santuario di Santa Rita da Cascia lo speciale della trasmissione “Di Buon Mattino” su Tv2000. È stato il modo, come ha ricordato dallo studio Padre Vittorino Grossi, direttore della nostra rivista “Dalle Api alle Rose”, per far entrare Santa Rita nelle nostre famiglie, “non solo con la sua preghiera, ma anche per come ha vissuto l’amore di Gesù Cristo per l’umanità, aiutandoci così a creare un clima che sa di affetto, sincerità e perdono”.
Padre Rettore, “Natale è fare famiglia e riscoprire il valore dell’accoglienza”
Il primo collegamento, in diretta da Cascia, accanto al presepe sull’altare della Basilica, è stato quello con Padre Luciano De Michieli, il Rettore della struttura, che ci ha ricordato come il Natale sia “fare famiglia” e sia un momento particolare per i casciani, in genere “trascurati” durante l’anno, a causa dell’afflusso dei pellegrini. “È un momento di grazia, intimità, vita familiare, come è il Natale – ha commentato – che ci insegna soprattutto ad accogliere Gesù, il quale si fa piccolo e ci chiede di essere abbracciato, imparando così ad accoglierci l’un l’altro, per poi accogliere le migliaia di pellegrini che arriveranno”.
Madre Priora, “Natale è riprendere possesso di una presenza che è sempre con noi”
Il secondo collegamento è avvenuto da un altro presepe, quello del coro, luogo di preghiera delle monache. Un vero e proprio regalo per tutti gli spettatori da uno spazio che è di clausura e quindi in genere non accessibile al pubblico. Questi momenti fanno parte di “un cammino, che si chiama Avvento – ha commentato la Madre Priora – In questi giorni è tutto un prepararci all’evento straordinario della nascita di Gesù. Prima che ricordare significa vivere oggi quello che Gesù ha fatto e fa per me nella vita. Ricordare il Natale, quindi, significa non solo fare memoria, ma anche riprendere possesso di una presenza che è sempre con noi”.
L’oblata Alessandra, “La mia vita al servizio di Santa Rita”
Il terzo collegamento è avvenuto dall’urna di Santa Rita con Alessandra Paoloni, la prima oblata secolare della comunità delle monache agostiniane di Cascia, ovvero una laica “aggregata spiritualmente” alla comunità monastica, che ha raccontato il suo percorso di fede. A partire dall’arrivo, quando aveva 9 anni, presso l’Alveare, il progetto di accoglienza sostenuto dal monastero, fino a decidere di mettersi al servizio dell’Ordine agostiniano e di Santa Rita, per trasmettere il suo messaggio, in particolare a supporto del ministero della Consolazione. Si tratta del servizio di ascolto e accoglienza proprio delle monache, che continua anche nei giorni delle feste natalizie, in presenza, per telefono, via mail oppure per lettera.
Infine, l’ultimo collegamento, ancora dall’urna, è stato affidato a Padre Luciano, che ci ha accompagnato nella preghiera finale e negli auguri per questi giorni santi.
Ogni anno nel giorno della Vigilia di Natale, riceviamo sempre qualche telefonata in cui ci viene chiesto: “A che ora è la Messa di mezzanotte?” La cosa ci fa sempre sorridere perché tutti la chiamano così anche se sanno che, in ogni parrocchia, viene celebrata in orari diversi. Nonostante questo tutti continuano a chiamarla “la Messa di mezzanotte” . Perché questo accade?
Maranatha. Vieni, Signore Gesù!
La notte di Natale, nella nostra tradizione, è la notte della pace, del cenone, dei regali da scartare sotto l’albero ma anche dei ricordi dei momenti passati insieme alle persone care che non ci sono più. Il giorno della Vigilia è come se si fermasse il tempo ed arriva Gesù a riscaldare il tuo cuore, se tu lo accogli. Nel buio della mezzanotte si accende una Luce che dà speranza al mondo. I pastori raggiungono la grotta che l’angelo indica loro per incontrare la Luce vera. Tutto in questa Notte Santa è avvolto dalla Luce!
Il nostro augurio è che ognuno di noi possa essere avvolto dalla Luce del bambino Gesù!
Continua il nostro viaggio alla riscoperta delle tradizioni e dei modi di dire tipici del periodo natalizio. Perché si dice: “A Natale siamo tutti più buoni!”
Amore gratuito e incondizionato
Dio che si fa bambino, attraverso il figlio Gesù, per essere accolto ed entrare nel cuore di ognuno di noi, è il grande dono di amore che riceviamo la notte di Natale. Grati di questo dono, sentiamo la necessità, almeno in questo tempo, di mettere da parte il nostro continuo confrontarci con gli altri e di lasciar posto a gesti d’amore gratuiti, per far felici chi ci circonda. Così come Dio ha fatto per noi.
Ognuno di noi desidera la pace, amare ed essere amato, essere migliore e più buono. La nascita di Gesù, colma di attesa e di speranza, riporta in superficie questi nostri santi desideri, a cui spesso lasciamo poco posto, perché più preoccupati a difenderci invece che a donarci. Lui è venuto sulla terra per ricordarci che è possibile, che questo è il vero senso della vita ed è ciò che ci rende felici. E non ultimo, che possiamo realizzarlo se lo accogliamo nella nostra casa.
Immacolata Concezione
L’8 dicembre, giorno in cui celebriamo l’Immacolata Concezione, rivolgiamoci a Lei che, con il suo “SÌ”, ha accolto nel suo grembo il figlio di Dio, per farci sentire la vicinanza di Colui che, come Padre, ci ama in modo incondizionato.
Con l’inizio dell’Avvento vogliamo accompagnarvi alla riscoperta delle tradizioni natalizie, trasmesse di generazione in generazione, per riscoprirle e capirne a fondo il significato.
L’albero e il presepe
Secondo un’antica tradizione, le feste natalizie iniziano con il giorno dell’Immacolata, l’8 dicembre, in cui celebriamo Maria, futura madre, e ci dedichiamo a fare il presepe e l’albero di natale. Comincia così un tempo di salvezza e di attesa della nascita di Gesù, che nel presepe è rappresentato dal bambinello coperto dal telo bianco e nell’albero dalle luci, che preparano il nostro cuore ad accogliere la vera Luce.
L’Avvento
L’Avvento, che significa “attendere, andare verso”, è un momento prezioso per fare memoria, riportare al cuore, non tanto alla mente, qualcosa che si può rivivere nel presente. Come Maria ha accolto il figlio di Dio nel suo grembo, noi abbiamo questo tempo per andare incontro a Gesù, che si è fatto carne per noi.
Maranathà: Vieni, Signore Gesù!
1 Cor 16,22
Conservando la tradizione dell’albero e del presepe uniamo le generazioni passate e future, alle quali siamo chiamate a trasmetterla perché continuino a trarre vita da essa. È una catechesi domestica fatta non tanto di parole ma di colori, di profumi, di incanto e di attesa che aiutano a predisporsi alla venuta di Gesù. Per questo diciamo – Maranathà: Vieni, Signore Gesù!
É nell’amore che continua la vita
Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero di Santa Rita da Cascia, in occasione del 2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti, ci spiega perché è importare pregare per loro.
Io vado a prepararvi un posto
Vangelo di Giovanni
Il miracolo della rosa e dei fichi
Santa Rita credeva nella vita eterna e per questo non si è lasciata schiacciare dalla morte del marito e dei figli. Era convinta, infatti, che costruire e lottare per il bene, per il perdono, fosse un modo per essere unita a loro e per continuare ad amarli. Il miracolo dei fichi e della rosa maturati in mezzo alla neve, in pieno inverno, sono stati per Rita la conferma che quello per cui aveva lottato e creduto si era realizzato.
Pregare per i defunti
Nel ricordare e pregare per le persone a noi care, si rafforza la comunione tra noi e loro, purifica le loro anime e fa crescere in noi la fede in Dio e nella vita eterna. Quell’amore che vi ha legato non è finito!
Noi siamo protesi a quest’Amore, che è pienezza di vita e motivazione del nostro credere. Se desideriamo questa vita, le cose di quaggiù avranno un altro peso e la morte sarà un addormentarsi nel Signore.
Il 2 novembre, giorno della commemorazione dei nostri defunti, preghiamo anche per coloro che nessuno ricorda più.
É nell’amore che continua la vita
Padre Luciano de Michieli, Rettore della Basilica di Cascia, in occasione della Festa di Ognissanti, ci spiega perché è la festa di tutti e come possiamo far sentire il profumo di santità già sulla terra.
“Siate santi perché io sono santo”
Vangelo di Luca
Dio, nel Vangelo di Luca, ci invita ad essere santi nella vita di tutti i giorni. Tutti però pensiamo che esserlo sia qualcosa di straordinario e che perciò non riguardi la nostra “normalità”. Ma Dio ci dice esattamente il contrario! Ci invita ad essere santi, realizzando la nostra “normalità”. Quale? Quella di diventare ciò che siamo veramente, nella nostra unicità.
Come si fa a diventare santi?
Padre Luciano De Michieli per rispondere a questa domanda utilizza l’immagine di un viandante che ha deciso di percorre la strada della felicità: egli cammina con l’umiltà ai piedi, la povertà nello zaino e la fiducia in Dio negli occhi. Sa che il Signore gli indicherà, passo dopo passo, dove andare, gli suggerirà le parole da dire, lo porterà in braccio quando vedrà che non ce la fa più.
La Santità quindi è stare con Dio ogni giorno, vivere alla sua presenza, ascoltarlo nelle parole delle persone buone, conversare con lui nella preghiera, riconoscerlo tra le cose che accadono.
La santità si può intravedere sulla terra
È necessario mettere tutta la nostra intelligenza e tutto il nostro cuore nelle cose che facciamo per essere santi. Chi vive così, infatti, illumina la sua esistenza e quella di chi di gli sta accanto. Per questo i Santi al termine della vita sono felici di aver dato tutto e si sentono pronti al passaggio della morte, perché hanno intravisto uno scorcio di paradiso già sulla terra e non vedono l’ora di entrarvi. Infatti, dei santi si celebra il giorno della morte, ovvero il giorno della loro nascita alla vita, che non finisce.
Ognissanti è la festa di tutti, se si vive con Cristo!
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