La speranza che rinasce dalla Croce

Fare del bene a chi soffre fa bene anche a noi: 9° Giovedì di Santa Rita

Festa di Santa Rita 2025: sosteniamo i più fragili e i ragazzi con il disturbo dello spettro autistico

Dal 1 aprile i nuovi orari del Santuario di Santa Rita da Cascia

Sostenere i più deboli con la speranza: 8° Giovedì di Santa Rita

La testimonianza di Suor Pia: 60 anni di fiducia

La famiglia, un terreno fertile dove far crescere la speranza: 7° Giovedì di Santa Rita

Giubileo 2025: la gioia del Natale per tutto l’anno

Dal fiore della speranza nasce il seme della pace: 6° Giovedì di Santa Rita

La carità che salva il mondo

La perdita di un figlio è un dolore che squarcia l’anima. Può essere la separazione definitiva della morte, oppure la distanza invisibile ma lacerante di chi si smarrisce nelle dipendenze: prigionieri di solitudini mascherate da luci! Quante famiglie soffrono nel silenzio, col cuore stretto dall’angoscia di non riuscire più a raggiungere coloro che hanno dato alla vita!

Inizia così l’editoriale di Suor Giacomina Stuani, direttrice della Rivista Dalle Api alle Rose, sul numero di marzo-aprile.

Maria è la Madre che accompagna ogni genitore nelle ore più buie

Ma c’è una Madre che ha vissuto questo dolore prima di ogni altra: Maria, ai piedi della Croce. Ha visto il Figlio morire, ha sentito il cuore trapassato, ma non ha mai smesso di credere alla promessa del Padre. Maria è la Madre che accompagna ogni genitore nelle ore più buie, asciuga lacrime e infonde coraggio, ricorda che la Croce non è mai la fine, ma via verso la Risurrezione.

Santa Rita non si lascò vincere dalla disperazione

Insieme a lei, Santa Rita ci insegna a non distogliere lo sguardo dalla speranza. Vide ucciso il marito, i figli incamminarsi verso odio e vendetta e poi morire. Ma non si lasciò vincere dalla disperazione: affidò tutto a Dio e trasformò il suo dolore in preghiera e offerta, perciò chiese di condividere la Passione sulla sua carne, ottenendo la stigmata in fronte. Rita non si aggrappò alla morte, ma alla vita eterna, certa che Dio può trarre il bene anche dalle ferite più profonde.

La Pasqua di Cristo

E ora arriva la Pasqua di Cristo, nostro più grande conforto. Nulla è perduto per sempre se affidiamo tutto nelle mani di Dio. Anche il figlio più lontano può ritrovare la strada, anche la notte più buia può aprirsi alla luce. Maria e Santa Rita camminano con noi, e con loro Cristo Risorto, che fa nuove tutte le cose.

Siamo giunti alla 9° tappa del percorso dei 15 Giovedì di Santa Rita a cura delle monache del Monastero Santa Rita da Cascia e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, che in quest’anno giubilare, sono incentrate sul Portare la Speranza insieme a Santa Rita!

4° seme della Speranza: vicinanza agli anziani e agli ammalati

Nel percorso di avvicinamento alla festa di Santa Rita riflettiamo su un altro seme di speranza, rappresentato dalle persone anziane e ammalate, entrambe accomunate dalla fragilità e dalla debolezza.

Sappiamo bene come alla sofferenza del corpo spesso si aggiunga un dolore più profondo, quello di chi si sente inutile, messo da parte dopo una lunga vita di sacrifici, o dipendente da altri per i semplici gesti della quotidianità. Da questo disagio è possibile trovare sollievo, se non vengono meno la vicinanza e l’affetto di persone che li assistono.

Una società che si prende cura dei più deboli è una società matura e ricca di umanità. Al contrario, come ha evidenziato Papa Benedetto XVI:

“Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana.”

Papa Benedetto XVI (Enciclica Spe Salvi – n°38)

È nei confronti degli anziani e degli ammalati che le opere di misericordia ridestano sentimenti di compassione in chi le compie e di gratitudine in chi le riceve. Sappiamo bene come, alla sofferenza del corpo, spesso si aggiunge un dolore più profondo, che si ritrova in chi si sente inutile, messo da parte dopo una lunga vita di sacrifici, o dipendente da altri per i semplici gesti quotidiani. Da questo disagio è possibile trovare sollievo se non vengono meno la vicinanza e l’affetto delle persone che li assistono.

Gesù è sempre solidale con chi soffre

La nostra fede, fondata sull’Incarnazione del Verbo di Dio, attesta il bisogno di una presenza continua di Dio nella vita di ciascuno, ma anche la necessità di godere del bene di una aiuto reciproco. Gesù non predica mai la rassegnazione di fronte al male, non dice mai che la sofferenza avvicina maggiormente a Dio, ma si oppone con decisione al male e alla sofferenza. Egli mostra una particolare benevolenza verso un’umanità toccata dalla malattia nel corpo e nell’anima. La compassione, di cui dà prova nel momento in cui è avvicinato da un infermo, spinge il Figlio di Dio ad intervenire, a combattere il malessere fisico e il peccato che ad esso è associato. Gesù è pienamente solidale con chi soffre e non esita a violare quelle barriere protettive che spesso i sani interpongono tra sé e gli ammalati, con il falso pretesto di tutelare la propria salute, finendo per impoverire quella altrui.

Fare del bene fa bene a chi lo riceve, ma anche a chi lo fa

Se la vecchiaia è accompagnata e sostenuta dai propri cari, l’intera famiglia cresce nella gioia e nella serenità perché fare del bene fa bene a chi lo riceve, ma anche a chi lo fa. Il tempo sottratto ai nostri impegni per essere vicino a una persona sofferente ci fa crescere in umanità. Occorre far emergere quanto di più bello e prezioso è in noi: l’empatia, la compassione, la solidarietà, la disponibilità a mettersi al servizio di chi è nel bisogno, l’amore che porta a sacrificarsi per il bene dell’altro, chiunque esso sia. Chi è nella sofferenza ha qualcosa da dirci e da insegnarci, è colui che può rivelare noi a noi stessi, mettendoci alle strette sulla “serietà” della vita.

L’esempio di Santa Rita

Santa Rita è stata maestra di umanità che ha saputo prendersi sempre cura dei suoi genitori anziani e dei malati con amore e competenza.

Come segno di speranza possiamo, in questo tempo, visitare una persona anziana o ammalata: sarà un’occasione per riconoscere nel loro volto, il volto di Gesù: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (Mt 25, 40).

Oggi, dalle 17.30 partecipa alla Celebrazione Solenne del 9° Giovedì di Santa Rita, in DIRETTA DALLA BASILICA DI CASCIA, preceduta dalla recita della Coroncina di Santa Rita. CLICCA QUI!


Il 2 aprile, in occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, la Basilica di Santa Rita da Cascia torna a riaccendersi di blu per riportare l’attenzione sul disturbo dello spettro autistico sempre più diffuso. Inoltre, la campagna di raccolta fondi per la Festa del 22 maggio, promossa dalla Fondazione Santa Rita da Cascia, destinata ai più fragili, ha come protagonisti 12 giovani coinvolti nel progetto Dopodinoi, il primo innovativo progetto di autonomia abitativa, attraverso il cohousing, per persone con disturbi dello spettro autistico in Umbria, a Bastia Umbra (PG)

Il progetto Dopodinoi

La Fondazione Santa Rita da Cascia Ente filantropico ETS, creata nel 2012 dal Monastero per rendere più strutturate le sue opere di solidarietà, in occasione della Festa di Santa Rita 2025 ha come obiettivo quello di raccogliere 250mila euro per i più fragili, in particolare per offrire casa, futuro e inclusione a 12 giovani con autismo di medio-alto funzionamento.

L’iniziativa è un esempio di “Durante e Dopo di Noi”, il modello di intervento sociale per preparare i ragazzi con disabilità a un’emancipazione graduale dalla famiglia in vista del “Dopo di Noi”, ossia quel momento in cui i genitori non potranno più prendersi cura di loro.

Un progetto innovativo per colmare un vuoto assistenziale

Secondo i dati di ANGSA Umbria, l’autismo coinvolge a livello globale 1 bambino ogni 60 nati, ma le risposte assistenziali pubbliche e private, in Italia, si concentrano sui minori, trascurando gli adulti, che costituiscono invece la maggioranza di coloro che convivono con questo disturbo. Dopo i 18 anni queste persone “scompaiono” dal sistema, così molti finiscono in istituti psichiatrici o RSA, perdendo salute e abilità acquisite. 


Il progetto Dopodinoi sostenuto della Fondazione va dunque a colmare un vuoto assistenziale. Tanto più che la struttura individuata offre una soluzione innovativa attraverso il cohousing, con un modello pilota che garantisce indipendenza e spazi personalizzati, permettendo allo stesso tempo la vita in comunità e il supporto professionale. Inoltre, il villino con giardino che è stato scelto è situato in un contesto tranquillo ma vicino ai servizi, permettendo ai giovani che lo abiteranno di “stare nel mondo” in uno spazio progettato “a misura di persone con autismo”, come ad esempio elementi di domotica, con la consulenza del Politecnico di Torino.

“I giovani adulti con autismo desiderano indipendenza e felicità, come qualunque altro giovane. Noi vogliamo garantire loro questi diritti, non perché fragili ma in quanto esseri umani. Le persone con disabilità intellettiva affrontano sia barriere socio-culturali, radicate nei pregiudizi, sia concrete. Con il nostro progetto Dopodinoi intendiamo offrire un supporto economico che avvii un cambiamento culturale per una reale inclusione, riconoscendo la loro diversità come unicità fatta non solo di limiti ma anche di potenzialità da valorizzare. Portiamo così avanti la nostra missione di impatto sulla comunità, al servizio della carità e del bene comune, facendoci portavoci dell’eredità ritiana”.

Madre Maria Grazia Cossu – Badessa del Monastero e Presidente della Fondazione Santa Rita da Cascia

La Fondazione e i progetti per la disabilità intellettiva

 La Fondazione Santa Rita da Cascia ha già sostenuto importanti progetti sulla disabilità intellettiva per complessivi 265mila euro a sostegno di oltre 110 persone. Destinando 30mila euro in tre anni al Centro Up di Santa Maria degli Angeli (Assisi), struttura socio-educativa per 30 minori, e donando 20mila euro a “La Semente” di Spello, centro terapeutico-riabilitativo diurno per 18 giovani adulti.

Inoltre, 45mila euro, in 3 anni, sono stati destinati alla cooperativa sociale Mio Fratello è Figlio Unico di Roma,per sostenere le autonomie lavorative di 5 ragazzi e adulti autistici, impegnati nei lavori di cura della terra, del casale e degli animali. Per l’inclusione attraverso lo sport, sono infine stati destinati 170mila euro, per 60 tra bambini, ragazzi e giovani adulti con disabilità intellettiva e autismo, a due realtà d’eccellenza: il Villaggio Lakota di Ammonite (Ravenna), dove l’ippoterapia diventa equitazione integrata e l’Accademia del Remo di Napoli, dove il canottaggio si trasforma in una terapia e uno sport praticato a livello agonistico.

Da lunedì 1 aprile e fino a ottobre 2025, ecco i nuovi orari per la tua visita alla Basilica e al Monastero Santa Rita da Cascia.

APERTURA BASILICA dalle 6.30 alle 20.00

GIORNI FESTIVI

SANTE MESSE
7.30 cantata dalle Monache agostiniane
9.00 – 10.30 – 12.00 – 16.00 –18:00

VISITE AL MONASTERO
9.00 – 10.00 – 11.30 – 14.30 – 15.30 – 17:00

SANTO ROSARIO: ore 17.00 festivi e prefestivi

VESPRI: ore 17.30 festivi e prefestivi

GIORNI FERIALI

SANTE MESSE
7.30 cantata dalle Monache agostiniane
10.30 – 12.00 – 16.00 – 18:00

VISITE AL MONASTERO
9:00 – 10.00 – 11.30 – 14.30 – 15.30 – 17:00

SANTO ROSARIO: ore 17.30


ADORAZIONE EUCARISTICA
Ogni mercoledì ore 17.00

PASSAGGIO ALL’URNA
Ogni ultimo giovedì del mese – dopo la S. Messa delle ore 18:00

PREGHIERA ALLA BEATA MARIA TERESA FASCE
primo venerdì del mese ore 18:00 Santa Messa e preghiera in Cripta (Basilica Inferiore)


CONFESSIONI
Festivo, prefestivo e feriale: dalle ore 7.00 – 12.30 e dalle ore 15.30 – 19.00

Per aggiornamenti, è possibile contattare l’Ufficio Informazioni del Santuario:
tel. +39 0743 75091 – [email protected]

Proseguono le riflessioni delle monache del Monastero Santa Rita da Cascia e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, sui 15 Giovedì , che in quest’anno giubilare, sono incentrate sul Portare la Speranza insieme a Santa Rita!

3° seme della Speranza: soccorso ai bisognosi o agli ultimi

Per il popolo di Israele il sopraggiungere del Giubileo rappresentava la cancellazione dei debiti contratti, il riscatto dei prigionieri che riprendevano la libertà, una nuova vita per tutte le persone disagiate. Tali risoluzioni non rispondevano solo ad una forma di promozione umana e sociale, ma erano prese in osservanza di un principio teologico: tutti apparteniamo a Dio e in quanto siamo suoi figli, ci riconosciamo fratelli gli uni con gli altri, fratelli che si sostengono e non si opprimono a vicenda.

L’Anno santo che stiamo vivendo deve aiutarci a riscoprire queste radici di umanità e di fraternità che ci accomunano; questa presa di coscienza sarà possibile nella misura in cui saremo capaci di riconoscere la paternità di Dio nella nostra vita.

Non alziamo barriere difensive

Uno dei segni tangibili di speranza è prendersi a cuore la condizione di chi vive forme lievi o gravi di disagio, sia fisico sia spirituale. Nei nostri tempi si richiede di combattere non solo la miseria, ma anche l’indifferenza, che talvolta viene giustificata con la necessità di pensare prima al bene proprio, lasciando ad altri enti, siano esse le istituzioni statali, sociali o la chiesa o la caritas, il compito di occuparsi di coloro che papa Francesco definisce come “gli scarti” della società umana.

Questa insensibilità o durezza di cuore verso le miserie umane generano disagio e talvolta suscitano una nostra reazione, ma quando gli ultimi si fanno troppo prossimi alla nostra vita, si innalzano barriere difensive, che finiscono per isolare, emarginare i disagiati, ridurli a un numero, facendo perdere la loro dignità e classificandoli solo per i problemi che sollevano: ora sono i detenuti, ora i migranti, ora gli extracomunitari, ora i rom… e l’elenco potrebbe continuare.

Non indugiamo..

In uno dei sermoni sant’Agostino si rivolge ai fedeli, che protestavano a proposito dell’aiuto da dare ai peccatori, coloro che oggi potremmo definire gli “stranieri” e i “lontani”. Il vescovo Agostino con decisione e prontezza risponde che si deve prestare soccorso senza indugiare, in nome di “una umana benevolenza”:

Non accogliamo i peccatori perché sono peccatori, ma li trattiamo con umana benevolenza, perché sono anche uomini; in loro puniamo l’iniquità che gli è propria, e abbiamo pietà della condizione che ci è comune, e in tal modo facciamo del bene a tutti.

Sant’Agostino – sera.350/F

Santa Rita e il servizio agli ultimi

La vita di Rita ci mostra un esempio di servizio a favore degli “ultimi” nel Lazzaretto di Roccaporena, dove trovavano ospitalità i forestieri che passavano per il borgo. Amministrato da una compagnia di donne, sotto al direzione di una abbadessa, secondo un’antica tradizione era frequentato da Rita, che vi si recava spesso per assistere gli appestati, in un tempo in cui non solo l’Umbria, ma tutta l’Europa, era flagellata dalla peste. La paura del contagio non ferma Rita né impone un freno a quella carità che anima la sua vita: l’amore per Dio, che alimenta continuamente con la preghiera e la penitenza, si trasforma in soccorso per gli ammalati.

Cosa possiamo fare noi

Svolgere un’attività di volontariato, un servizio presso la parrocchia, aiutare l’anziano vicino di casa o il senzatetto del proprio quartiere è gettare un seme di speranza che può trasformarsi in terapia contro la solitudine, le sofferenze fisiche e psichiche per entrambe le parti coinvolte. Solitamente il dolore porta alla chiusura, mentre il prendersi cura e il sentirsi accolto dà apertura e restituisce la speranza.

Gettiamo semi di speranza intorno a noi!

Oggi, dalle 16.30 partecipa alla Celebrazione Solenne del 8° Giovedì di Santa Rita, in DIRETTA DALLA BASILICA DI CASCIA, preceduta dalla recita della Coroncina di Santa Rita. CLICCA QUI!


Sessant’anni di vita monastica raccontati con la dolcezza e la profondità di chi ha fatto della propria esistenza un dono totale a Dio. Suor Maria Pia Conversa con la sua testimonianza ripercorre un cammino di fede che è ricco di significato per ogni persona che cerca il senso della propria vita. A 83 anni, ricorda il suo ‘sì’ iniziale come una chiamata dell’Infinito. Una chiamata che l’ha condotta dall’oscurità del Mistero alla luce della fiducia, proprio come Abramo, affidandosi interamente al disegno divino. 

La forza della fiducia in sé 

Nel suo messaggio più prezioso, Suor Pia invita ognuno a riscoprire la stima di sé, qualunque sia la stagione della vita. “Ciascuno di noi è portatore di doni, bisogna saperli riconoscere, prenderne consapevolezza ed esprimerli, anche quando si attraversano momenti complessi. Anzi, è proprio allora che bisogna avere il coraggio di affidarsi a Dio-luce e sospingersi ad agire dal profondo di sé”

Come ha fatto lei, la quale ha affrontato ogni difficoltà con fede- fiducia – che è lotta, modo per uscire da sé e andare verso Dio – , accompagnata sempre dalla Parola. Suor Pia sprona all’ascolto interiore, seguendo l’insegnamento di Sant’Agostino:

“che io conosca me e che io conosca Dio”.

Sant’Agostino

Un invito a non temere la propria fragilità, ma a trasformarla in opportunità di crescita spirituale. 

La speranza come cammino di riconciliazione 

Guardando all’Anno Santo, Suor Pia condivide una visione profondamente consolante, quella della Chiesa, madre dell’umanità, che propone un tempo di riconciliazione, prima di tutto con se stessi. Un percorso per accogliere la propria persona “nella positività e reale fragilità”, presentandosi a Dio, che ci accoglie con misericordia, nella verità più autentica. La sua speranza è “raggiungere l’armonia, la pienezza nell’essere persona a immagine di Dio e acquisire serenità, pace, gioia”. 

Essere monaca a Cascia 

Nel suo Ministero quotidiano della Consolazione, Suor Pia accoglie migliaia di pellegrini. “Ogni incontro è un dono, in quanto ciascuno espone la realtà che vive con la propria sensibilità. Da parte mia, cerco di accogliere con rispetto e partecipazione, donando una parola di conforto e affidamento in Dio che in seguito diviene preghiera, affinché la ‘grazia’, dono di Dio, raggiunga la singola persona, dando fortezza e serenità negli eventi che affronta”. 

Per Suor Pia, “la nostra scelta contemplativa è uno stato che dà spazio al silenzio per riflettere e soffermarci sul senso profondo del nostro essere persona a immagine di Dio. La nostra comunità agostiniana è chiamata a mettersi alla sua costante ricerca”. In questo contesto, la preghiera per lei è “sentimento di una presenza che diviene lode, ringraziamento, intercessione”. Nella vita di clausura, uno dei suoi ‘rifugi’ è la natura: contempla il Creato come riflesso dell’infinito amore divino. Si percepisce “un piccolissimo puntino” eppure consapevole di essere “molto più grande del creato” perché persona cosciente. Quello di Suor Pia è un messaggio di speranza che attraversa i confini del monastero e raggiunge ogni cuore in cerca di senso e di pace. 

Proseguono le riflessioni delle monache del Monastero Santa Rita da Cascia e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, sui 15 Giovedì , che in quest’anno giubilare, sono incentrate sul Portare la Speranza insieme a Santa Rita!

2° seme della Speranza: la famiglia

Dopo aver presentato la pace come primo segno di speranza per l’Anno Santo, passiamo ad un secondo seme da spargere nel nostro presente: la famiglia. Noi cristiani guardiamo alla famiglia come ad un progetto di Dio: è una chiamata alla vita da parte di Dio che interpella fin dalla creazione l’uomo e la donna a scambiarsi reciprocamente l’amore che si apre alla trasmissione della vita. La famiglia è pertanto il grande dono, con cui Dio guida l’umanità redenta da Cristo.

Nel linguaggio biblico le nozze sono un esempio concreto del vincolo d’amore con cui Dio si lega al suo popolo e di come Cristo riconosca nella Chiesa la sua Sposa. Agli sposi cristiani è chiesto di ripresentare nella loro unione ciò che è proprio di Dio, ovvero il suo amore salvifico per l’umanità. È una missione difficile, ma non impossibile!

Non è così semplice formare una famiglia

Di certo sono tanti oggi ostacoli alla formazione e allo sviluppo di una famiglia: mancano sostegno e tutele sociali; sono presenti nei giovani i timori circa il futuro o la garanzia di un lavoro stabile; le relazioni sono sempre più condizionate dai ritmi frenetici della quotidianità; il senso di una responsabilità o di una fedeltà “per sempre” si sono attenuati o, peggio, sono ritenuti superati. Credere ad un amore unico ed eterno non è più così immediato, mentre sembra più “rassicurante” avere una possibilità di fuga alla prima difficoltà che si abbatte sulle relazioni. Per far fronte a queste tensioni, papa Francesco ricorda che è necessario per il bene di una famiglia la forza trainante della grazia sacramentale:

Il sacramento del matrimonio non è una bella cerimonia. I cristiani si sposano nel sacramento perché sono consapevoli di averne bisogno, per essere uniti tra loro e per compiere la missione di genitori “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia”. E nel loro matrimonio pregano insieme e con la comunità.

Papa Francesco

C’è però bisogno di questa testimonianza…

Oggi più che mai c’è bisogno di questa testimonianza, perché stiamo attraversando, oltre la crisi della speranza, anche quella dell’amore. Stiamo diventando incapaci di amare, chiusi nel nostro egoismo pensiamo a salvarci dalla sofferenza e dalla fatica che comporta il vivere insieme, senza considerare che allontanandoci dall’altro perdiamo la nostra vera identità, che è la capacità di farsi dono. La famiglia è una piccola chiesa domestica chiamata a generare altre vite ed è segno tangibile di speranza. Ogni bambino che nasce è speranza per tutti.

La famiglia di Santa Rita

Santa Rita ci offre un sublime esempio di come vivere e costruire una famiglia felice. Nata in un ambiente sereno da genitori pacieri, ha respirato il vangelo vivendolo in modo radicale nella sua quotidianità. La sua era una fede aperta che si lasciava interrogare dalla vita. L’amore non è romanticismo, richiede il dono di sé per andare incontro all’altro. Non è stato facile nei primi anni di vita matrimoniale, non respirava più il clima di casa sua, ma era piena di speranza, perché certa della presenza del Signore. Sostenuta dalla grazia,è riuscita con la santa pazienza a illuminare il marito e a creare un rapporto diverso. Rita ha voluto essere strumento di riconciliazione, proprio partendo dalla sua famiglia, e segno di speranza per una vita migliore.

Il Galateo della coppia

Papa Francesco ha stilato un “galateo” della coppia, riassunto in tre semplici parole che aiutano a stabilire l’armonia della famiglia: permesso, grazie, scusa. «Tre parole chiave: chiediamo “permesso” per non essere invadenti; diciamo “grazie” per l’amore, quante volte al giorno dici grazie a tua moglie e tu a tuo marito, quanti giorni passano senza dire grazie; e l’ultima, “scusa”: tutti sbagliamo e a volte qualcuno si offende nella famiglia e nel matrimonio, e alcune volte volano i piatti, si dicono parole forti, ma il mio consiglio è non finire la giornata senza fare la pace, la pace si rifà ogni giorno in famiglia, e chiedendo scusa si ricomincia di nuovo» (Papa Francesco).

Oggi, dalle 16.30 partecipa alla Celebrazione Solenne del 7° Giovedì di Santa Rita, in DIRETTA DALLA BASILICA DI CASCIA, preceduta dalla recita della Coroncina di Santa Rita. CLICCA QUI!


Il Giubileo del 2025 è iniziato la notte di Natale con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro a Roma, inaugurando così l’Anno Santo. Il Papa lo ha dedicato alla speranza cristiana scegliendo la frase di San Paolo ai Romani: “La speranza non delude” (Rm 5, 5). Il messaggio che vogliamo dare a tutti i pellegrini di Santa Rita è che 2025 anni fa il Verbo si fece carne e perciò la gioia del Natale vale ogni giorno, per sempre. 

Tutto questo anno sarà per noi cristiani un ricordo continuo e quotidiano della nascita di Gesù Cristo nostro Signore. La gioia, la pace, la bellezza e tenerezza del Natale non possono terminare il 6 gennaio.

È troppo grande e troppo bello quello che è avvenuto nella pienezza del tempo quando Dio nacque da una donna, nacque sotto la legge, per donarci la gioia di essere figli adottivi di Dio

Lettera ai Galati 4, 4-5 

I Giubilei di Santa Rita

Durante la vita di Santa Rita (1381-1457) vennero celebrati 4 Giubilei: quello del 1390 e quello del 1400 con il Papa Bonifacio IX durante il doloroso periodo dello Scisma d’Occidente; quello del 1423 a conclusione dello Scisma con il Papa Martino V; quello del 1450 con il Papa Niccolò V. I primi tre Santa Rita li visse senza muoversi dal territorio casciano insieme a suo marito e ai suoi figli. Partecipò invece di persona al Giubileo del 1450. La nostra santa si recò a piedi pellegrina a Roma all’età di 70 anni, ottenendo dal Signore che la piaga sulla fronte, causata dalla spina di Cristo, si rimarginasse per qualche mese. Forse Rita durante quel pellegrinaggio giubilare assistette anche alla canonizzazione di San Bernardino da Siena celebrata dal Papa Niccolò V il 24 maggio 1450, solennità di Pentecoste. Insieme alle consorelle pregò sulle tombe degli apostoli e dei martiri, visitando le basiliche di Roma e ricevendo le indulgenze e i benefici spirituali propri dell’Anno Santo.

Se possiamo durante questo anno rechiamoci come Rita a Roma e anche a Cascia, e rinnoviamo la nostra vita di fede con i Sacramenti, la preghiera, le indulgenze, le opere buone ai vivi e ai defunti. Viviamo insieme a Santa Rita la gioia del Natale ogni giorno, perché 2025 anni fa veramente il Verbo si fece carne e da allora abita sempre in mezzo a noi e partecipa alla storia umana. 

La Basilica di Santa Rita è chiesa giubilare

Come decretato dall’Arcivescovo della Diocesi Spoleto-Norcia, fino al 6 gennaio 2026, nella nostra Basilica “i fedeli potranno ottenere l’Indulgenza giubilare se visiteranno devotamente questo luogo sacro e qui si intratterranno nell’adorazione eucaristica e nella meditazione, concludendo con il Padre nostro, la Professione di fede e una invocazione alla Vergine Maria, Madre di Dio”. 

Proseguono le riflessioni delle monache del Monastero Santa Rita da Cascia e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, sui 15 Giovedì , che in quest’anno giubilare, sono incentrate sul Portare la Speranza insieme a Santa Rita!

Semi di speranza: la pace

Nell’anno del Giubileo risuona con insistenza l’invito a desiderare e alimentare la speranza, a ricercare quei semi a partire dai quali la speranza può rifiorire nella nostra storia e nella nostra vita. Uno dei primi semi da spargere con abbondanza è il seme della pace.

Da dove partire se vogliamo costruire la pace?

Dallo scavo delle fondamenta, che papa Francesco individua in un’attenzione da porre «al tanto bene presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza». L’esigenza della pace è un appello che riguarda tutti: in uno scenario mondiale interpella i responsabili delle Nazioni, per i quali preghiamo perché pongano fine ai troppi conflitti in corso; in uno scenario familiare e comunitario riguarda tutti i membri che ne fanno parte, perché non siano preda della violenza, della sopraffazione, dell’odio reciproco; in un contesto personale, ciascuno di noi deve vigilare sui propositi e sulle scelte da adottare perché il cuore non sia occupato dal peccato, causa di disgregazione e divisione con sé stessi, con gli altri e con Dio.

Per Agostino chi ricerca la pace contribuisce a diffonderne l’effetto benefico e salutare, ed invita altri a possedere questo bene prezioso, la cui condivisione non comporta una diminuzione, ma un accrescimento:

Se ami, tieni e possiedi la pace, puoi invitarne quanti vuoi alla partecipazione di questo possesso. […] Se vuoi con te pochi partecipi della pace, avrai una pace ben limitata. Ma se vuoi veder crescere questo tuo possesso, aumenta il numero dei possessori.

Sant’Agostino – (serm. 357, 1-2)

La sede ufficiale della pace è il cuore dell’uomo; se la possiedi, la comunichi agli altri. Con il linguaggio del fuoco che brucia, il vescovo di Ippona incoraggia ad amare la pace:

Ardi d’amore tu, così sarai in grado di attirare un altro allo stesso amore, in modo che egli veda ciò che tu vedi, ami ciò che tu ami, possegga ciò che tu possiedi. È come se ti parlasse la pace, la tua diletta, e ti dicesse: “Amami e mi avrai sempre”.

Sant’Agostino – (serm. 357, 3).

Come si realizza un programma di pace?

Un primo passo è considerare che la pace vera e duratura è dono di Dio, da implorare nella preghiera: Cristo, infatti, ne è l’autore, l’istitutore, il fondatore. Nella Messa rispondiamo all’invito del sacerdote: “La pace del Signore sia sempre con voi”, riconoscendo che la pace, lasciata in eredità da Gesù, è la sua stessa vita donata, perché ogni conflitto sia spento non con la forza delle armi, ma dell’amore. Per essere nella pace occorre dunque coltivare la virtù della mitezza, curare la via del dialogo e del confronto con gli altri: spesso l’incomunicabilità e la chiusura in sé stessi è all’origine di tante situazioni conflittuali. Pregare per i propri nemici e persecutori o per chi si rivela ostile con un suo gesto o una parola, aiuta a irrobustire la pazienza, l’attesa di chi si augura che un avversario si trasformi in amico della pace. Anche il modo di esprimersi scaturisce da ciò che si custodisce nel cuore, deve essere improntato alla benedizione, a un dire-bene dell’altro. Infine alla causa della pace concorre la volontà di perdonare e di riconciliarsi con chi ci ha offesi, mettendo da parte rancore ed orgoglio

Santa Rita e la scuola della pace

Santa Rita è cresciuta alla scuola della riconciliazione e del perdono, aiutata dai suoi genitori, che ricoprivano il compito di “pacieri”, di costruttori di pace nel tempo in cui la violenza e gli scontri tra guelfi e ghibellini erano nella loro massima espressione.

Sant’ Agostino non esita a definire la pace come “la nostra diletta, la nostra amica” (serm. 357, 1) e, sempre lui, ci dice che chi la ricerca contribuisce a diffonderne l’effetto benefico e salutare, ed invita altri a possedere questo bene prezioso, la cui condivisione non comporta una diminuzione, ma un accrescimento.

Quanti si fanno operatori di pace, potranno essere chiamati a buon titolo come figli di Dio.

Oggi, dalle 16.30 partecipa alla Celebrazione Solenne del 6° Giovedì di Santa Rita, in DIRETTA DALLA BASILICA DI CASCIA, preceduta dalla recita della Coroncina di Santa Rita. CLICCA QUI!


Con Suor M. Giacomina Stuani scopriamo il significato profondo della carità, riportando l’articolo pubblicato nella rivista n°1 Dalle Api alle Rose del 2025.

La perfetta carità non ha né la cupidigia del secolo, né il timore del secolo, cioè né la cupidigia per accaparrarsi le cose temporali, né il timore di perderle. Attraverso queste due porte entra e regna il nemico, il quale deve essere cacciato prima col timore di Dio e poi con la carità.

Dobbiamo pertanto desiderare una chiarissima ed evidentissima conoscenza della verità tanto più ardentemente, quanto più ci accorgiamo di progredire nella carità e avere il cuore purificato dalla sua semplicità, in quanto proprio attraverso l’occhio interiore si vede la verità: Beati i puri di cuore, dice il Signore, perché essi vedranno Dio.

Lasciamoci guidare dall’amore

Una delle condizioni, che in sé è anche virtù, perché ogni altra virtù possa crescere ed essere esercitata in ciascuno di noi, è l’amore. La virtù dell’amore cesella Cristo in noi e lasciandoci guidare da Lui, Maestro interiore, rinunciamo a noi stessi, al nostro egoismo, ai vizi che possono scaturire da una chiusura in noi stessi. 

Il nostro completo attaccamento a Dio, nostro Fine ultimo, ci aiuta a vivere una vita virtuosa e di quella carità che può salvare il mondo. L’anima cerca, attraverso “l’ordine dell’amore”, di vivere unita a Lui, anche se solo nella vita eterna otterrà la perfetta unione con il suo Creatore, poiché in questo mondo siamo attratti dall’amore di noi stessi e dall’orgoglio. Per Agostino la carità è la vera essenza della vita cristiana e il fine ultimo è la contemplazione di Dio. 

Misericordia: sintesi di carità e santità cristiana

Uno dei sinonimi dell’amore è la misericordia. Il Patriarca di Costantinopoli, Geremia II, vissuto alla fine del secolo XVI, sottolineava l’importanza della virtù della misericordia, come vera sintesi di carità e santità cristiana:

“Cibo senza sale, parole senza verità, opere senza fede, principio senza fine, e virtù senza misericordia, son tutte cose morte. Come nessun vivente cammina con un piede solo, e nessun uccello vola con una sola ala, e nessuna nave naviga con una sola fiancata e nessuna casa è coperta da un solo muro, così nessuno degli eletti si salva, se non unisce alle altre virtù la misericordia. Questa infatti è tale che punisce per la sua mancanza e se viene messa in pratica salva per la sua presenza”. 

Dio è amore e l’anima ritorna a Dio nell’amore per mezzo della virtù. “Ama e fa’ ciò che vuoi… Sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene”, concluderebbe Agostino… 

Iscriviti alla newsletter

Inserisci la tua mail per restare sempre aggiornato su tutte le novità e le iniziative del Monastero.