I frutti della devozione

I giovani sono una risorsa da coltivare

La devozione oggi: vederla è cosa rara

Preghiera e cordoglio della Famiglia Agostiniana per la morte del dott. Angelo Gentili

La Beata Fasce e il sogno di costruire la Basilica di S. Rita: il fumetto

Giornata Mondiale della Gioventù: insieme ai giovani per alzarci e camminare con la fretta buona

Per un’amicizia sociale

100 anni di Dalle Api alle Rose: il 2000 anno storico

Rita ci parla anche nel momento della morte

Entriamo nella Parabola dell’amore

Nella sua rubrica “Ti porto Gesù”, all’interno dell’ultimo numero della rivista Dalle Api alle Rose, anche la Priora Madre Maria Rosa Bernardinis si interroga sulla devozione.

La devozione ci avvicina al mistero di Cristo

“La definizione che il vocabolario dà della parola devozione – scrive la Priora – è: adesione agli aspetti spirituali del culto e delle pratiche religiose in genere. Ma ce n’è una seconda, “fiducioso abbandono in Dio”, che mi soddisfa di più.
Il mistero di Gesù Cristo, Figlio di Dio, che si fa uomo, fino al punto di morire in croce per amore, per ricondurre l’umanità a Dio Padre, che da Lui si era allontanata e smarrita a causa del peccato originale, è vastissimo! È una Fonte inesauribile, una miniera d’oro dove si trovano sempre nuovi filoni auriferi. La devozione ci aiuta a sondare il mistero per amarlo di più“.

Un legame di amicizia, fiducia e affidamento

La vera devozione, secondo l’agostiniana, sfocia in un legame affettivo col Signore, fatto di amicizia, fiducia e affidamento. Ed è lo stesso sentimento che tanti provano per i santi, che però deve portare a Dio.
Il servo non è più grande del Maestro – dice Sr Maria Rosa – I santi ci indicano la strada per andare a Gesù, affinché si ravvivi in noi la fede, la speranza, la carità in Lui”.

E’ un dono personale e per tutta la Chiesa

“La devozione – continua la claustrale – è dono dello Spirito sia per la persona che lo riceve, per la sua spiritualità, sia per il bene della Chiesa.
Pensiamo a quante devozioni si rivolgono al Figlio di Dio. Quella al Sacro Cuore di Gesù nata in Francia con Santa Margherita Maria Alacoque nel 1673, che il Beato Pio IX estese a tutta la Chiesa, per richiamare la cristianità a quel Cuore umano – divino che ci ama immensamente.

O a quella più recente della Divina Misericordia: Gesù appare a Santa Faustina Kowalska per aiutare l’umanità a uscire da quel buio, causato dai regimi totalitari, che ha accecato il cuore di tante persone, ispirandole la Coroncina della Divina Misericordia. Poi, San Giovanni Paolo II istituì la Festa della Divina Misericordia, nella seconda domenica dopo la Pasqua. La Sua misericordia senza limiti, vuole la salvezza dei peccatori, per loro è morto.

Così la devozione al Santo Rosario, cara al popolo cristiano, è un compendio del Vangelo, “contemplato con gli occhi di Maria”.
Se abbiamo della devozione seguiamola e lasciamoci prendere dallo stupore di ciò che il Signore rivela ai suoi eletti”.

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Con il suo articolo su Dalle Api alle Rose di settembre-ottobre, Suor Giacomina Stuani, direttore editoriale della rivista, ci parla dei giovani, invitandoci a testimoniare loro la gioia dell’essere cristiani.

I giovani e la Chiesa

L’agostiniana, inizia facendo memoria del Sinodo indetto per i giovani nel 2018, ricordando ciò che un Vescovo ha affermato allora: “È questa la svolta: l’umano della Chiesa come via per entrare nell’umano dei giovani e poi riproporre la verità di Cristo come portatore di una significativa pienezza che vale non solo per i giovani di oggi, ma per quelli di ieri e quelli di sempre. In questo modo, il dialogo tra la Chiesa e i giovani è reciprocamente educativo, perché porta i ragazzi a venire fuori e gli adulti a essere più liberi.
Mobilità – intesa come qualcosa che ha il sapore della ricerca, del desiderio dei giovani di impegnarsi per cercare un senso alla propria esistenza – e ascolto sono i due binari da percorrere per creare un nuovo incontro tra la Chiesa e i giovani”.

Noi monache li ascoltiamo e accompagniamo

Spesso in Monastero arrivano gruppi di ragazzi e ragazze, in cammino. “Dall’ascolto dei giovani – sottolinea Sr Giacomina – emergono alcuni aspetti interessanti. I giovani non sono chiusi, al contrario manifestano il desiderio di essere raggiunti nei luoghi “virtuali” e “reali” dove sono ogni giorno e la Chiesa “in uscita” può farlo. La Chiesa ha di fronte giovani disponibili a essere protagonisti del loro tempo, a mettersi all’opera, che hanno il desiderio di dare il proprio contributo a partire da ciò che si sa fare e questa risorsa va coltivata”.

Dio è sentito come vicino – continua – individualmente e nelle emozioni, nel silenzio interiore, nei momenti forti di gioia o dolore. Noi, cerchiamo di farci compagne di viaggio e di rendere loro nostri compagni di viaggio, come faceva Gesù, di dialogare con i loro sogni“.

Cosa cercano? Una testimonianza autentica

Grazie a molti incontri coi giovani, l’agostiniana può ben dire di conoscere i loro cuori, in particolare, di cosa sono alla ricerca e cosa ognuno di noi può dare loro. “È nella quotidianità – scrive – che i giovani chiedono una testimonianza di autenticità, che dimostri che essere cristiani porta alla felicità, a una vita piena, nonostante le difficoltà e le sofferenze”.

Cercano una Chiesa presente, fatta di persone “in carne e ossa”, umili e a costo zero, che si spendono e ci mettono la faccia, persone che ascoltano, dialogano, accolgono, accompagnano e sostengono le loro scelte. Nella nostra testimonianza cercano il riferimento a Gesù, al Vangelo”.

Impariamo a dialogare coi giovani

“Non è certamente il Vangelo – dice Sr Giacomina – a essere diventato antiquato, Gesù è bellezza così antica ma sempre nuova, siamo noi che non sempre siamo capaci di dialogare con le nuove generazioni, di trasmettere la gioia della fede, dell’incontro con Cristo.

E qui ci viene in aiuto il Santo Padre Agostino: “Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Confessioni.1, 1, 1). È così… la quiete del nostro cuore si trova nel Cuore mite e umile di Gesù… E ancora: “Amiamo il Signore, Dio nostro; amiamo la sua Chiesa! Lui come padre, la Chiesa come madre. Amiamo lui come signore, la Chiesa come sua ancella. Difatti noi siamo i figli dell’ancella. … Ebbene, fratelli, tenetevi tutti stretti insieme a Dio come padre, e alla Chiesa come madre” (Esposizione sul Salmo 88, IIa, 14).

Per noi agostiniane è vitale questo respirare all’unisono con la Chiesa, l’amore per la Chiesa, essere Chiesa, sentirsi Chiesa, avere l’anima della Chiesa, servire la Chiesa, vivere di ciò che fa vivere la Chiesa. E cerchiamo di trasmetterlo, ai giovani e non, con speranza e coraggio, innamorate di Cristo e testimoni credibili del suo Vangelo”.

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Continuiamo il nostro viaggio all’interno di Dalle Api alle Rose di settembre-ottobre, in cui approfondiamo il mondo della devozione, parlando dei cambiamenti che hanno interessato questo aspetto fondamentale della nostra vita. Lo facciamo, tramite lo sguardo del fotografo Giovanni Galardini, che da anni documenta la Festa di Santa Rita a Cascia.

“Negli occhi e nei volti vedevo la forza della fede”

“In passato la foto tipo della Festa di Santa Rita era fatta di mani giunte e rose alzate“.

Giovanni commenta così il suo scatto in bianco e nero del ‘93, dove un’unica signora alza la macchina fotografica, ma non sembra guardarla: a catturare ciò che succede non è l’obiettivo, ma il suo sguardo. Gli occhi e i volti dei devoti, racconta Giovanni, erano il suo campo di lavoro per eccellenza, perché “lì vedevo e percepivo la forza della fede”.

“Lo smartphone è un simbolo”

Oggi, lo scenario è cambiato e Giovanni fatica a trovare i visi delle persone perché nascosti dal telefono. “Lo smartphone però – riflette – diventa un simbolo perché ciò che conta è quello che raccoglie e porta a casa, per condividerlo con amici e familiari. Ho visto tanti fare dirette davanti al corpo della santa, con dall’altra parte dello schermo persone in un letto, anche d’ospedale”.
La questione, infatti, non dipende dai dispositivi.

“Ora i devoti quasi si nascondo”

Il cambiamento che ho notato – dice Giovanni – è nell’approccio con la fede: mentre prima era il cuore della festa, oggi trovare chi manifesta la propria devozione è cosa rara. Chi ha mani giunte, lacrime agli occhi, labbra che sussurrano preghiere si nasconde negli angoli, quando restano in pochi e si può stare soli con la santa”.

E Giovanni è lì, a immortalare quel momento così speciale ormai, tanto che lui nell’istante dello scatto chiude gli occhi, come a non voler violare quell’attimo intimo e prezioso.

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Con profondo dolore, ieri mattina abbiamo appreso della improvvisa scomparsa del dott. Angelo Gentili.
A 75 anni, a seguito di un incidente stradale fatale, ci lascia un carissimo amico e benefattore del nostro Monastero Santa Rita da Cascia. Fratello nella fede a cui ci univa un vicolo speciale di comunione e un legame di famiglia, quella Agostiniana. Lo scorso anno, infatti, era stato affiliato all’Ordine per la sua particolare benemerenza, come segno dell’immensa gratitudine conquistata negli anni.

Il dottore Angelo Gentili nel 2015, con l’allora Badessa Madre Natalina Todeschini e le monache, in occasione della terza ricognizione effettuata sul corpo di Santa Rita

Un riferimento per tutti: dall’ospedale alla vita sociale e politica

Angelo Gentili è un nome che ogni cittadino di Cascia e della zona della Valnerina e del Reatino (era nato a San Giovenale, frazione del Comune di Leonessa, nel Lazio) non può non conoscere e associare a un ricordo, perché la sua esistenza è sempre stata rivolta agli altri.

Come dottore e chirurgo ha speso i suoi giorni negli ospedali di Cascia e Norcia, salvando tante vite e facendo nascere tante nuove vite. Poi, dopo la riqualificazione degli ospedali, si è occupato della riabilitazione, fino alla pensione. Ma, la sua disponibilità è sempre rimasta totale.

Il suo prezioso servizio non si è fermato ai malati, perchè il dottore è stato molto attivo anche politicamente. Per la città di Cascia ha ricoperto il ruolo di vicesindaco, circa 20 anni fa.
Inoltre, da sottolineare il suo impegno costante per la società, che pure recentemente aveva dimostrato mettendosi a servizio volontario per la Misericordia di Cascia.

La preghiera e la vicinanza ai suoi cari

Ricordando e onorando il grande valore lasciato sulla Terra da Angelo, da ieri tutto il mondo agostiniano e ritiano di Cascia è in preghiera per il suo cammino verso il Regno dei Cieli e per chiedere al Signore di alleviare la sofferenza della moglie Adriana, dei figli Rita e Ivan e di tutti i suoi cari che lo piangono in queste ore difficili.

A loro, va la vicinanza e l’abbraccio delle monache del Monastero Santa Rita da Cascia, della Comunità dei Padri Agostiniani, della Redazione di Dalle Api alle Rose, per cui la figlia Rita è stata ed è una colonna, della Fondazione Santa Rita da Cascia e della Pia Unione Santa Rita.

“Nella prima metà del secolo scorso due donne hanno cambiato radicalmente il volto di Cascia: Santa Rita e la Beata Maria Teresa Fasce. La prima ne è stata la causa, la seconda la realizzatrice”.

Scrive così lo storico Mauro Papalini, nell’ultimo numero di Dalle Api alle Rose, commentando il fumetto inserito nello speciale dedicato ai 100 anni della rivista e alla vita della sua fondatrice, la Beata Fasce, che tanto ha costruito sia di spirituale che di materiale.

Il sogno della nuova Basilica

“Grazie alla tua ispirazione e guida, Maria Teresa, Cascia sta cambiando il suo volto. Si prepara ad accogliere i devoti e c’è tanto fermento…”

Si apre così il fumetto, dipingendo una Cascia a lavoro, dove si pensa ai primi gruppi di pellegrini che arrivano, richiamati da Santa Rita. Dal 1920, infatti, sorgono in città molte nuove strutture per l’accoglienza.

Ma, la Fasce non si accontenta e vuole di più per la sua amata santa: sogna un Nuovo Tempio e condivide il suo sogno coi lettori della rivista, chiedendogli aiuto per trovare i fondi necessari! Tantissimi rispondono al suo appello, ma la costruzione incontra non pochi problemi.

La monaca e la Basilica “sfidano” la guerra

Madre, e se una bomba distruggesse il Tempio? Se Dio crede che a Lui verrà più gloria dalla sua distruzione, sia fatta la Sua volontà

Questa frase della Fasce, ci dice il peso della sua fede incondizionata e anche la sua forza straordinaria: affidandosi alla Provvidenza e al suo forte temperamento, supera tutti gli ostacoli, compresa la guerra, quando il rischio dei bombardamenti era concreto.

“… il 20 giugno 1937 viene posata la prima pietra, ma a causa della guerra, la Basilica sarà inaugurata il 1947, tre mesi dopo la tua morte”.

Le prossime tappe del racconto

A partire dal primo numero della rivista, il fumetto ci ha raccontato la storia della Fasce, dalla scelta di vita consacrata, alla malattia, passando per la preziosa intuizione di realizzare la rivista Dalle Api alle Rose.

Il viaggio proseguirà anche nelle due prossime riviste, con queste tappe:

  • la nascita dell’Alveare, il progetto di accoglienza prima per orfane e poi per minori in difficoltà;

Guarda il fumetto e leggi la rivista di luglio-agosto

«Maria si alzò e andò in fretta»

(Vangelo di Luca 1,39)

Cammineranno insieme alla Vergine di Nazaret le migliaia di giovani che da tutto il mondo, dal 1° al 6 agosto, si riuniranno a Lisbona, in Portogallo, per la Giornata Mondiale della Gioventù: incontro spirituale e culturale, promosso dalla Chiesa.

Il messaggio di Papa Francesco per lo speciale evento, parte proprio dall’esempio di Maria, che, subito dopo l’annunciazione, «si alzò e andò in fretta» per andare ad aiutare la cugina Elisabetta.
Perché questo suo alzarsi, è così importante? Ce lo dice il Pontefice: “assume il significato di ‘risorgere’, ‘risvegliarsi alla vita‘”. E, in questi tempi, straziati dalle guerre, c’è tanto bisogno di un nuovo inizio, per i giovani e per l’umanità intera.

Con Dio non possiamo stare fermi

Continuando a scorrere le parole del Papa per i giovani, leggiamo un invito a tutti ad essere in movimento, in uscita: “Maria, dopo l’Annunciazione, avrebbe potuto concentrarsi su sé stessa, sulle preoccupazioni e i timori dovuti alle sua nuova condizione. Invece no, lei si fida totalmente di Dio. Pensa piuttosto a Elisabetta.
Sperimentare la presenza di Cristo risorto nella propria vita, incontrarlo ‘vivo’, è la gioia spirituale più grande, un’esplosione di luce che non può lasciare ‘fermo’ nessuno”.

Ecco allora che – continua – “La Madre del Signore è modello dei giovani in movimento, non immobili davanti allo specchio a contemplare la propria immagine o ‘intrappolati’ nelle reti. Lei è tutta proiettata verso l’esterno. È la donna pasquale, in uno stato permanente di esodo, di uscita da sé verso il grande Altro che è Dio e verso gli altri, i fratelli e le sorelle, soprattutto quelli più bisognosi, come era la cugina Elisabetta.

Impariamo la fretta buona

“Maria – ci dice ancora Papa Francesco – si è lasciata interpellare dal bisogno della sua anziana cugina. Non si è tirata indietro, non è rimasta indifferente. Davanti a un bisogno concreto e urgente, bisogna agire in fretta. Quante persone nel mondo attendono una visita di qualcuno che si prenda cura di loro! Quanti anziani, malati, carcerati, rifugiati hanno bisogno del nostro sguardo compassionevole, della nostra visita, di un fratello o una sorella che oltrepassi le barriere dell’indifferenza!”. 

Descrive così la “fretta buona” il Papa, contrapposta invece a quella che ci porta alla superficialità, a prendere la vita con leggerezza, a non impegnarci e a correre inutilmente, senza una meta.

“La fretta buona è quella che ci spinge verso l’alto e verso gli altri. Maria, con il suo slancio premuroso, ci indica la strada dell’ospitalità, dell’accoglienza dei bisogni concreti degli altri. È tempo di ripartire in fretta verso incontri veri, superando le divisioni tra generazioni, classi sociali, etnie e gruppi“.
Il tempo di alzarsi è adesso!

Lasciamoci spingere dall’Amore: il pensiero della Priora

Il mio augurio è che i giovani, come Maria, non pongano ostacoli all’azione dello Spirito, ma si aprano a Lui con fiducia per essere testimoni di Gesù Cristo. Troveranno così la via della vita che porta vera e duratura felicità.

suor Maria Rosa Bernardinis

Che cosa spinge la Beata Vergine Maria a partire in fretta, per andare dalla cugina Elisabetta?
Questo si domanda la Priora, che risponde: “Il motivo è che, dopo aver pronunciato il suo sì, il Figlio di Dio si fa carne per opera dello Spirito, nel suo grembo. E’ quindi l’Amore che porta in sé a spingerla a raggiungere la sua anziana cugina per esserle di aiuto, e lo stesso che la muove e le fa cantare il Magnificat!”. Quell’amore è lo stesso che può spingere e guidare tutti noi, anche oggi se accogliamo il Signore.

Dio – conclude la Madre – si serve degli umili e dei piccoli per farsi ancora carne, ed essere presenza viva nel mondo di fede, speranza e amore. Così trionfano l’amore e la pace”. E tutti noi possiamo esserne testimoni!

Questa domenica, 30 luglio, sarà la giornata mondiale dell’amicizia. Abbiamo pensato che fosse una buona occasione per riflettere insieme su questo valore che ha un ruolo fondamentale nella vita di ciascuno di noi.

E lo facciamo a partire da una “preghiera” del Papa del 2021: “La Bibbia dice che chi trova un amico trova un tesoro. Vorrei proporre a tutti di andare oltre i gruppi di amici e di costruire l’amicizia sociale, tanto necessaria per la buona convivenza. Ritrovarci soprattutto coi più poveri e vulnerabili. Il dialogo è il cammino per guardare la realtà in modo nuovo”.

L’Essenza dell’amicizia

Così, il Pontefice ci invita a costruire l’amicizia nella società, un’amicizia generalizzata ma non superficiale, quella che ci fa seminare gioia, sostegno e condivisione.

L’amicizia, infatti, è un legame speciale che va oltre il sangue e le parentele. Scrive il Papa, non è una “relazione fugace e passeggera”, ma un solido “rapporto di affetto che ci fa sentire uniti”. Ecco perché, l’amicizia non ha nulla a che fare con l’interesse personale ed è basata sul rispetto reciproco.
L’amicizia è uno dei doni più preziosi che Dio ci ha concesso. Essa è un segno tangibile dell’amore divino e ci avvicina gli uni agli altri, rendendo più ricca la nostra esistenza.

Una connessione spirituale

L’amicizia come valore da realizzare nella società, può avere un impatto profondo sulla nostra crescita, anche spirituale. Un amico fedele può incoraggiarci a vivere con coerenza i valori evangelici, a pregare insieme e a sostenersi nella fede. L’amicizia spirituale ci aiuta a superare le sfide della vita con la certezza che non siamo soli, ma accompagnati dallo Spirito Santo e da amici solidali.

San Paolo ci esorta nell’epistola ai Colossesi a rivestirci dell’amore che unisce e perfeziona ogni cosa (Col 3,14). Nell’amicizia, allora, l’amore diventa il collante che tiene uniti i cuori, permettendoci di condividere gioie e dolori, di essere presenti l’uno per l’altro e di crescere insieme.

L’importanza di compassione, dialogo e riconciliazione

Nella comunità possono esserci momenti di disaccordo e incomprensioni, anche tra amici. La compassione, ovvero quell’atto di altruismo e comprensione accompagnato dalla volontà di aiutare nel concreto e la capacità di perdonarsi reciprocamente sono essenziali per mantenere l’armonia nella società.

Gesù ci ha insegnato ad amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati (Gv 13,34-35), e ciò include l’arduo compito di riconciliarci quando si verificano fratture nelle nostre relazioni.
Lo sapeva bene Santa Rita, che è la santa del dialogo, perché proprio nel parlare, nel coraggio di aprirsi davvero gli uni altri altri, c’è la chiave del successo di ogni legame. Senza il dialogo siamo porte chiuse: con il dialogo siamo ponti che non hanno limiti!

Più sociali e meno social

Nel nostro mondo moderno, le tecnologie digitali hanno cambiato il modo in cui ci relazioniamo. Anche se oggi “essere amici” è più facile che mai, è nostro dovere ricordare che l’amicizia va oltre i confini virtuali e richiede un impegno personale e autentico. Le amicizie reali, costruite sulla presenza e sulla comunione, sono doni che riflettono l’amore di Dio per noi e ci avvicinano sempre di più al Suo Cuore.

Coltiviamo, quindi, con cura e dedizione le amicizie che ci sono state affidate, rendendole uno strumento di grazia e santità nel nostro cammino.

All’interno dell’ultimo numero della Rivista Dalle Api alle Rose, che nel 2023 compie 100 anni, uno speciale di quattro pagine celebra questo importante anniversario.

La Rivista nel 2000: una copertina storica

Nel cammino che, in ogni numero della rivista, ripercorre le tappe più importanti, arriviamo all’anno 2000: Anno Santo e anche quello del Centenario della canonizzazione di Santa Rita.
Per l’occasione, la rivista si veste di una foto storica: per la prima volta l’Urna col corpo della santa lascia Cascia e raggiunge il sagrato di San Pietro a Roma, dove sarà accolta da Papa Giovanni Paolo II e oltre 70 mila devoti.

Carmela Mascio, nel suo articolo, parla di questo avvenimento con Monsignor Giovanni Scavino, agostiniano, che ha collaborato con la rivista.

Al passo coi tempi

La rivista, nel corso degli anni, è molto cambiata restando fedele a sé stessa ma adeguandosi ai tempi. Il suo dire semplice e chiaro, ma non per questo meno profondo, continua a interpretare perfettamente lo spirito per cui la Beata Maria Teresa Fasce la creò. Raggiungere Cascia, negli anni è stato il progetto di molti, ma in tanti, per innumerevoli motivi, non hanno potuto realizzare il loro sogno. Arriva quindi questo meraviglioso strumento che permette di essere nel cuore di Cascia.

Foto chiare, cronache degli eventi, memorie di appuntamenti importanti, spunti di preghiera e riflessione. Così facendo la rivista ha saputo crescere tanto quanto è cresciuta la fede nei devoti. Questo è il motivo per cui deve continuare il suo mandato ed essere strumento di una vera e propria catechesi esperienziale.

Un colloquio con Santa Rita

Santa Rita ha dimostrato al mondo che l’amore non cambia ma rimane anche nelle difficoltà. E, la sua rivista diventa quindi strumento di misericordia e rappresenta il dialogo costante di Santa Rita con i suoi fedeli. Sappiamo che Rita si preoccupava di sapere se i suoi figli erano stati capaci di perdonare. Oggi, allo stesso modo, ha premura di tutti noi. Così, ogni volta che un numero della rivista arriva tra le mani di un devoto, semplicemente e audacemente la sua catechesi arriva e guarisce attraverso la forza dello Spirito.

La missione della Rivista, ieri, oggi e sempre

Quando la Beata Fasce la creò lo scopo era quello di far conoscere una Santa che aveva saputo cambiare la sua vita per e con l’amore per Gesù Cristo. Questo ancora è il mandato della rivista: portare il Vangelo della vita nelle coscienze per tirarle fuori dalla tristezza e dallo sconforto in cui spesso si trovano.

Il 20 maggio del 2000, Giovanni Paolo II disse: “Santa Rita ha interpretato il genio femminile della maternità fisica e spirituale assimilandosi perfettamente a Cristo con umiltà e obbedienza portando a termine la sua missione di unità e fedeltà anche nei momenti di crisi e di difficoltà. È stata la santa della quotidianità”.
Per questo, sui passi di Santa Rita, la rivista non smette di guidare i lettori verso la novità mai scontata e mai superata del Vangelo!

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Rivivendo la festa di Santa Rita, tramite le pagine dell’ultimo numero della Rivista Dalle Api alle Rose, questa settimana approfondiamo l’articolo di Suor M. Lucia Solera sulla morte di Rita, una morte che ci parla.

Ciò che ha da dirci si trova nelle sue mani: il Crocifisso

“In punta di piedi Rita lascia questo mondo: un transito, il suo, che avviene senza clamori”. Inizia così l’articolo dell’agostiniana, che continua: “Silenziosa e mite così come si era dispiegata la sua esistenza. Senza lasciare nulla di scritto, nemmeno un testamento spirituale, una parola di commiato.

Tutto quanto ha da comunicarci di più prezioso si trova fra le sue mani: il Crocifisso. A Rita ben si addicono le parole di S. Paolo: ‘Quanto a me non ci sia altro vanto che nella Croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo’ (Galati, 6, 4)”.

Accoglilo e ascoltalo

“Dalla beatitudine del Cielo, Rita non dimentica il soffrire della Terra e, silenziosamente, ci porge ancora oggi il Crocifisso e sembra dirci: ‘Accoglilo, guardalo, contemplalo; racconta a lui i tuoi drammi, ma mettiti anche in ascolto di ciò che lui ha da dirti. Egli ti vuole prendere per mano e accompagnarti lungo la via stretta che stai percorrendo, per insegnarti il passo da tenere: non arrabbiato, né rassegnato, ma il passo della consegna, dolce e fiduciosa.

Non cercare vie di fuga o facili soluzioni, quei rimedi mondani che servono solo a circondarsi di rumore e apparenza’. E come sgranando un rosario, Rita continua a sussurrarci le parole che in lei han preso carne grazie al tempo dedicato a rimanere in silenziosa contemplazione della Croce: mitezza – pace – perdono – perseveranza – fiducia – nascondimento – carità – dolcezza – fedeltà – misericordia. Un distillato di Vangelo”.

Dio solo può darci nuove strade da percorrere

“Lui, l’umile Gesù, sa dissodare sentieri con l’aratro della sua Croce, lì dove noi pensavamo che non ci fosse più alcuna strada da percorrere. Stringersi a Lui apre possibilità nuove, ulteriori, impensate.
Aspettavamo le consolazioni di Dio, credevamo che fosse da concentrare in esse tutta la nostra speranza; con meraviglia scopriamo di aver trovato molto di più: il Dio delle consolazioni, che riapre a noi l’orizzonte della vita e lo espande in vastità“.

La preghiera

Santa Rita, Sorella nostra,
continua a confidarci il tuo segreto:
abbracciare la vita anche quando si fa dura;
ottienici di riconoscere
che proprio nel concreto della nostra realtà
ci attende l’umile Gesù, per riversare in noi
tutta l’abbondanza della sua presenza consolatrice.

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All’interno della Festa di Santa Rita c’è una Santa Messa particolarmente sentita anche nel pomeriggio. Quella dedicata ai benefattori del Santuario. Quest’anno, a celebrarla è stato Padre Mario De Santis, Vice Rettore della Basilica di Santa Rita di Cascia.

La sua omelia è stata pubblicata sull’ultimo numero di Dalle Api alle Rose, la Rivista del Monastero.

La Basilica è fondata sulla generosità

Nelle sue parole del 22 maggio scorso, Padre Mario ha ricordato che la stessa Basilica è stata costruita proprio grazie ai devoti.
“Ogni anno il 18 maggio ricordiamo la Dedicazione della nostra Basilica a Santa Rita, avvenuta nel 1947. Basilica voluta, fortemente, dall’allora Abbadessa del Monastero, Madre Teresa Fasce, dichiarata Beata da Giovanni Paolo II nell’ottobre del 1997. Una Basilica alla cui realizzazione concorsero tantissimi devoti, sparsi in tutto il mondo, impegnati tutti in quella gara di solidarietà che ha permesso al Santuario di essere così capiente, accogliente, bello e funzionale. Almeno in quel tempo, ora forse non più per i tanti pellegrini che lo visitano; ecco perché accanto al Santuario è sorta anche la Sala della Pace per le grandi celebrazioni.

Costruiamo insieme anche il Tempio del cuore

L’agostiniano ha invitato tutti a costruire oggi un altro “tempio”, quello di cui abbiamo ancor più bisogno: “Mi domando: si poteva rendere così splendente e accogliente il nostro Santuario senza la fede nella Divina Provvidenza della Fasce e la carità di tanti benefattori? Direi di No!

Ma, credo che a Santa Rita e alla Beata Fasce interessi molto di più la costruzione di un altro Tempio, quello del nostro cuore e della nostra anima, dove veramente Dio vuole abitare e annidarsi per sempre in questo nostro cammino terreno. È questo il miracolo che la nostra santa e la nostra beata hanno in grande abbondanza elargito a tutti i benefattori del Santuario, rigenerati e riconciliati nello spirito del Signore rendendo il loro cuore vero Tempio di Dio, un cuore che altrimenti sarebbe stato inquieto, per dirla con Sant’Agostino.

Nel circuito dell’amore e della carità

In conclusione, Padre Mario ha sottolineato l’importanza di testimoniare in concreto la propria fede, attraverso la carità. “È in questa Parabola dell’amore che i nostri benefattori trovano la giusta collocazione nel presentarli all’attenzione anzitutto del Signore, di Santa Rita e della Beata Fasce, affinché siano ricompensati per il tanto bene che hanno compiuto in vita e siano tra quei ‘Benedetti del Padre mio’, preconizzati da Gesù.

Chi vuole amare Rita e servirla dev’essere dentro questo meraviglioso circuito d’amore, carità e solidarietà. A quanti ora godono la pace eterna e la giusta ricompensa perché in vita sono stati dentro questo circuito, rendiamo onore e gloria, nella speranza che tanti altri possano ripercorrere questo meraviglioso cammino di amore.

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