Questa sera, accogliendo l’invito del Papa, la nostra comunità si riunirà davanti al corpo di Santa Rita, nella Basilica di Cascia, per recitare una speciale preghiera per la pace, scritta appositamente e tradotta in arabo ed ebraico per permettere la comunione spirituale anche di musulmani ed ebrei.
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La preghiera a Santa Rita per la pace
Ecco la preghiera che le agostiniane reciteranno in diretta social.
Santa Rita, tu che hai scelto la strada della pace a quella della vendetta, ottieni per noi la forza del dialogo che spinge alla riconciliazione e costruisce invece di distruggere.
Intercedi presso Dio per la pace nel Medio Oriente e nel mondo, perché ovunque venga prima di tutto la vita.
Santa Rita liberaci dall’odio che ci acceca e donaci il tuo sguardo di fede per credere che, uniti nelle nostre diversità, possiamo far nascere la rosa della speranza.
Amen.
In arabo
يا قديسة ريتا، يا من فضّلت اختيار درب السلام على
طريق الانتقام، اجعلينا نمتلك قوة الحوار الذي يدفع نحو المصالحة والبناء بدلاً من
الهدم.
تَشفّعي لأجلنا إلى الله من أجل السلام في الشرق
الأوسط وفي العالم، ولكي تأتي الحياة أولاً في كل مكان.
حررينا أيتها القديسة ريتا من الكراهية التي تعمي
أنظارنا، وأعطِنا نظرة الإيمان، لنؤمن بأننا إنْ اتحدنا في تنوعنا، يمكننا أن نحقق
ولادة وردة الرجاء.
آمين.
In ebraico
ריטה הקדושה,
את, שבחרת בדרך השלום על פני דרך הנקמה, השיגי בעבורנו את
עוצמת ההידברות המובילה לפיוס ואשר בונה במקום להרוס.
השתדלי אצל האל למען השלום במזרח התיכון ובעולם כולו, על
מנת שבכל מקום על פני האדמה יהיו החיים ראשונים במעלה.
ריטה הקדושה, שחררי אותנו מן השנאה המעוורת אותנו והעניקי
לנו את מבט האמונה שלך, כדי שנוכל להאמין שכולנו, מאוחדים בכל הגוונים שלנו, נוכל
לגרום לשושנת התקווה לפרוח.
אמן.
Nella catechesi di ieri all’Udienza Generale in Piazza San Pietro, il Papa ha portato l’esempio dei Santi Cirillo e Metodio, “apostoli degli Slavi” e compatroni d’Europa.
Nati in Grecia nel IX secolo da famiglia aristocratica, rinunciano alla carriera politica per dedicarsi alla vita monastica. Vengono inviati come missionari nella Grande Moravia, che all’epoca comprendeva vari popoli, già in parte evangelizzati. Il loro principe chiedeva un maestro che spiegasse la fede cristiana nella loro lingua, che però non aveva un alfabeto. Quindi, il primo impegno di Cirillo e Metodio è stato studiare a fondo la cultura di quei popoli, perché per annunciare il Vangelo e pregare ci voleva uno strumento proprio, adatto, specifico. Inventano così l’alfabeto glagolitico. Traducono la Bibbia e i testi liturgici. La gente sente che quella fede cristiana non è più “straniera”, ma diventa la loro fede, parlata nella lingua materna.
Ben presto, però, iniziano i contrasti da parte di alcuni Latini. La loro obiezione è religiosa, ma solo in apparenza: Dio può essere lodato – dicono – solo nelle tre lingue scritte sulla croce, l’ebraico, il greco e il latino. Questi avevano la mentalità chiusa per difendere la propria autonomia. Ma Cirillo risponde con forza: Dio vuole che ogni popolo lo lodi nella propria lingua. Insieme al fratello Metodio si appella al Papa e questi approva i loro testi liturgici in lingua slava.
La
Parola di Dio non è incatenata
Presentando la loro storia, il Santo Padre ci invita a essere oggi testimoni del Vangelo con la stessa passione dimostrata dai due santi, una passione che si è tradotta nel portare la Parola di Dio non come costrizione o imposizione, bensì facendo in modo che i valori della fede cristiana si integrassero pienamente nella cultura dei popoli, diventando familiari.
“Evangelizzazione e cultura – ha ricordato Papa Francesco – sono strettamente connesse. Non si può predicare un Vangelo in astratto, distillato, no: il Vangelo va inculturato ed è anche espressione della cultura”.
Ci
vogliono libertà e coraggio
“Nella predicazione – ha detto il Santo Padre – ci vuole libertà ma la libertà ha sempre bisogno del coraggio, una persona è libera quanto è più coraggiosa e non si lascia incatenare da tante cose che le tolgono la libertà”.
Ecco un altro aspetto importante, quello della libertà, una libertà che dobbiamo possedere e anche desiderare per coloro che ci ascoltano. E, per essere testimoni credibili del Vangelo, bisogna sviluppare e allenare anche la nostra creatività, essenziale per saper trasformare davvero i cuori.
Bisogna agire per carità: il commento della Priora
La Chiesa è sempre vissuta tra le consolazioni dello Spirito e le persecuzioni del mondo. Ma, in ogni tempo, anche quando sono sorte tensioni e crisi all’interno di essa, lo Spirito Santo ha ispirato uomini, come i due fratelli Cirillo e Metodio nei territori slavi, o donne come la nostra Santa Rita, o Santa Caterina da Siena o Santa Brigida dì Svezia, a vincere il male con il bene, con franchezza e coraggio, portando un beneficio non solo alla Chiesa, ma a tutta l’umanità.
Per agire nella verità, con coraggio, e fare in modo che ciò porti frutto, occorre che il motivo per cui ci muoviamo sia la carità. Sempre dobbiamo essere animati da essa.
Sant’Agostino scrive: “Ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene”.
Solo da questa radice può sorgere una umanità rinnovata. Oggi, occorre che sia “ordinato” il nostro modo di amare.
Hai ancora pochi giorni per diventare volontario e partecipare attivamente all’evento di piazza di sabato 2 e domenica 3 dicembre, organizzato dalla nostra Fondazione Santa Rita da Cascia, per aiutare le persone fragili in Italia e nel mondo.
“Fare del bene non è mai stato così buono”
Porta nella piazza o nella parrocchia della tua città il nostro Cioccolario, la tavoletta di cioccolato, al latte e fondente, che si trasforma in un calendario da scrivania. Diffondi insieme a noi la dolcezza della solidarietà!
Allestendo il banchetto per distribuire il Cioccolario, sarai ambasciatore di tutti i valori ispirati all’esempio di Santa Rita che la nostra Fondazione trasforma in aiuto concreto per molti.
Contattaci e saremo insieme dalla parte dei più fragili
Se sei interessato a partecipare, scrivi a [email protected] o invia un messaggio al 366-3631465: le nostre collaboratrici ti richiameranno al più presto.
GRAZIE, perché il tuo Sì è prezioso per tante persone che aspettano il nostro aiuto!!!
“Viviamo da giorni lo stesso dolore e sgomento con cui il Patriarca Latino di Gerusalemme ha aperto il suo appello. Rispondiamo alimentando con la preghiera la speranza di riuscire a portare pace tra le righe storte della nostra storia.
Chiediamo l’intercessione di Santa Rita, che con coraggio e fede ha scelto di essere donna di pace in un tempo di faide, costruendo per tutti la riconciliazione, non con forza e odio ma con dialogo, amore e compassione.
Il Signore ci conceda di attingere al suo carisma per trasformare la violenza e essere oggi impronte di pace, finalmente parte della soluzione e non del problema”.
È questo il messaggio che la Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, Suor Maria Rosa Bernardinis, lancia in vista della giornata di digiuno e preghiera voluta per domani, martedì 17 ottobre, dal cardinale Pierbattista Pizzaballa per la pace e la riconciliazione.
Cascia in preghiera per la pace
Le Comunità Agostiniane di Cascia alle 11:45 si riuniranno nella cappellina della Basilica di Santa Rita a Cascia, proprio accanto all’urna che custodisce il corpo della taumaturga, per recitare il rosario. Inoltre, sempre nella cappellina, per tutta la giornata sarà possibile pregare con adorazione del Santissimo Sacramento.
Accanto alle monache e ai padri, anche il Comune di Cascia: “Mi associo – ha dichiarato il sindaco Mario De Carolis – alla preghiera per la pace nel Medio Oriente in questi giorni difficili e terribili”.
L’invito della Priora a unirsi, anche ai devoti ritiani musulmani
“Invitiamo i devoti ritiani in tutto il mondo, molti presenti anche tra le comunità musulmane – prosegue la claustrale – a pregare con noi.
Solo insieme possiamo rendere concreto quel ‘basta!” che ieri all’Angelus il Papa ha pronunciato dal profondo del cuore, ricordandoci che le guerre sono sempre una sconfitta.
Come culla dell’eredità di Santa Rita e ambasciatrici del suo messaggio, chiediamo a Rita e anche a Sant’Agostino, che spese tempo, fatiche, veglie e digiuni per la pace, di avvalorare la nostra preghiera per ottenere la sospirata pace tra le Nazioni in lotta, iniziando dalla pace delle coscienze, con la volontà di bene, che Dio continua a seminare nei cuori generosi”.
Il 12 ottobre è il giorno della memoria solenne della Beata Maria Teresa Fasce, che è stata Badessa del nostro Monastero per 27 anni, nella prima metà del 1900, lasciando un’impronta indelebile nella storia.
La nostra famiglia Agostiniana è pronta a festeggiarla dedicandole alcuni eventi che celebreranno il suo Spirito, le sue opere e la grande eredità che ci ha lasciato.
Ci sarà un appuntamento per i 100 anni della Rivista “Dalle Api alle Rose“, che la Madre Fasce ha creato nel 1923.
Poi, ispirato alla sua figura di donna che ha saputo coniugare la vita contemplativa con la lungimiranza di una moderna imprenditrice illuminata, verrà assegnato il Premio “Madre Maria Teresa Fasce 2023”, come riconoscimento per gli imprenditori e le imprenditrici che si sono particolarmente distinti per il loro impegno a improntare le proprie scelte ai valori del Vangelo.
E, infine, presenteremo una novità editoriale, che vuole portare la voce di Santa Rita nelle vite di tutti, così com’era intento della Beata, e che speriamo arrivi dritta ai cuori!
Presto vi diremo di più su tutto!
Ricordando la “Madre”
Nata il 27 dicembre 1881, a Torriglia, nell’entroterra genovese, in una famiglia di estrazione borghese e fervente religiosità, a 19 anni Maria si innamora di Santa Rita: l’incontro con la santa di Cascia è come un colpo di fulmine, tanto da maturare il desiderio è di essere accolta nello stesso Monastero in cui era vissuta Rita.
Nonostante l’iniziale opposizione dei suoi familiari, lei sente che il Monastero di Santa Rita è il luogo in cui Gesù la voleva e, grazie alla sua tenacia il 22 giugno 1906, festa del Sacro Cuore, fa il suo ingresso in Monastero. Un anno dopo, il 25 dicembre 1907, emette la professione dei voti temporanei e nella primavera del 1912, a 30 anni, quella solenne.
Nel luglio del 1914 le è affidato l’incarico di Maestra delle Novizie. È perfetta in questo ruolo: predisposta, organizzata, sensibile, forte e dolce, ideale come guida spirituale. Nel 1917 è scelta come Madre Vicaria e, allo scadere del triennio, nel 1920 viene eletta Abbadessa, incarico che le verrà rinnovato con voto unanime per nove volte di seguito.
Donna di misericordia
Affidandosi alla Provvidenza, durante i 27 anni in cui è alla guida del Monastero, la Fasce compie un’opera magnifica, orientata all’accoglienza, all’ascolto, al portare conforto e carità. L’opera di misericordia più bella arriva nel 1938, quando accogliendo tra le monache una bambina, di cui la mamma vedova non poteva prendersi cura, dà inizio all’attuale Alveare di Santa Rita, che da 85 anni è un nido sicuro per tanti minori.
Il suo faro è Santa Rita e, infatti, a lei si deve la diffusione del culto in tutto il mondo, una missione iniziata dalla Rivista e proseguita poi dal sogno di costruire l’attuale Basilica di Cascia. Che vedrà la luce nel 1947, dopo quattro mesi dalla morte della Madre Fasce.
Esempio di santità
Tra il canto delle sue Apette (così sono ancora chiamate le bambine accolte nell’Alveare) e la preghiera delle sue monache, la Fasce lascia il mondo terreno nel gennaio del 1947. Insieme ad altri malesseri, il tumore che l’aveva colpita nel 1920 l’accompagna fino alla morte, ma per lei è un dono del Signore, tanto da chiamarlo “il mio tesoro“.
E’ beatificata da Papa Giovanni Paolo II il 12 ottobre 1997, che nel suo discorso sottolinea: “Dal Chiostro del suo Monastero, questa fedele serva di Dio ha costruito una grande varietà di opere, animate dall’amore per Dio e per l’uomo. Possiate presentarvi di fronte a Dio con le mani piene di tanti gesti d’amore“.
Comunione, partecipazione, missione
Queste tre parole racchiudono il tema della XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, che si è aperta ieri con la Messa presieduta dal Papa in piazza S. Pietro. Comunione, partecipazione e missione per una Chiesa sinodale, questo è l’obiettivo di questo Sinodo, che si chiuderà domenica 29 ottobre. Sarà un tempo prezioso di ascolto, dialogo, preghiera, condivisione e discernimento, per continuare il cammino verso la Chiesa del futuro.
Il compito del Sinodo: ricentrare il nostro sguardo su Dio
“Siamo qui per camminare insieme – ha detto, infatti, ieri mattina Papa Francesco – con lo sguardo di Gesù, che è uno sguardo benedicente e accogliente”.
Uno sguardo che dev’essere di tutti noi fedeli, per essere “una Chiesa che, fra le onde talvolta agitate del nostro tempo, non si perde d’animo, non cerca scappatoie ideologiche, non si barrica dietro convinzioni acquisite, non cede a soluzioni di comodo, non si lascia dettare l’agenda dal mondo”.
Inoltre – ha proseguito – lo sguardo di Gesù “ci
invita a essere una Chiesa che non
affronta le sfide e i problemi di oggi con uno spirito divisivo e conflittuale
ma che, al contrario, volge gli occhi a Dio che è comunione e, con stupore e
umiltà, lo benedice e lo adora, riconoscendolo suo unico Signore”.
Si fa la storia: voto anche alle donne
Tra gli oltre 400 partecipanti all’Assemblea, per la prima volta nella storia avranno diritto di voto e saranno parte attiva dei lavori anche 54 donne, religiose e laiche, provenienti da tutto il mondo e di tutte le età. Un’apertura straordinaria, voluta dal Santo Padre, per conferire maggiore collegialità al sinodo ed anche per valorizzare le donne, che – ha detto recentemente – sono “impressionanti per determinazione, coraggio, fedeltà, capacità di soffrire e di trasmettere gioia, onestà, umiltà, tenacia”.
Attenzione
all’ambiente: l’esortazione
apostolica Laudate Deum
Il Sinodo avrà riguardo anche per la tutela dell’ambiente, preferendo all’uso
della carta quello di tablet. E non poteva essere diversamente iniziando nel
giorno in cui il Papa ha reso nota la sua nuova Esortazione apostolica sulla crisi climatica. “«Lodate Dio» è il
nome di questa lettera. Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a
Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso”.
Si chiude così il documento nel quale il Pontefice torna, 8 anni dopo l’enciclica Laudato Sì, sulle tematiche ambientali, esortando tutti a fare di più, a sentire la responsabilità dei vari segni di sofferenza della Terra, partendo in primis dal mondo politico e decisionale che dovrebbe garantire i diritti di tutti e non solo dei più forti.
L’augurio della Priora per il Sinodo
“Quello che sta vivendo la Chiesa in questi giorni – commenta Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia – è un tempo di grazia che ci apre a guardare il mondo, la storia e le vicende liete o drammatiche con uno sguardo, come ci ricorda Papa Francesco, rivolto a Dio Padre tenendo al centro Gesù Cristo, che ancora oggi ci rivela il volto misericordioso del Padre.
Uno sguardo carico di speranza che ravvivi, con la grazia dello Spirito Santo, la fede della Chiesa e attui una nuova Pentecoste. Preghiamo il Signore perché tutti i lavori tendano al bene comune nell’ascolto della Parola con un atteggiamento di umiltà e mitezza“.
Iniziamo oggi quello che vuole essere un appuntamento per riflettere sulle catechesi del Papa, dopo l’Udienza Generale del mercoledì.
Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, ogni settimana commenta le parole del Santo Padre, per fissare il suo messaggio nel cuore e lì trasformarlo insieme in azione.
Per uno sguardo di umanità
L’Udienza di ieri, è stata
incentrata sul recente viaggio apostolico di Papa Francesco a Marsiglia, per
gli Incontri del Mediterraneo, l’evento che ha riunito un mosaico di
popoli, culture e religioni, per costruire insieme una nuova speranza. “Il Mediterraneo – ha detto in Piazza S. Pietro il Papa – è culla di civiltà, e una culla è per la
vita! Non è tollerabile che diventi una tomba, e nemmeno un luogo di
conflitto. È l’esatto opposto, perché il Mediterraneo mette in comunicazione l’Africa, l’Asia e l’Europa; il nord e il
sud, l’oriente e l’occidente; le persone e le culture, i popoli e le lingue, le
filosofie e le religioni”.
“Dalla sua sponda
orientale – ha sottolineato – duemila
anni fa, è partito il Vangelo di Gesù Cristo. Il suo annuncio non avviene
per magia e non si realizza una volta per tutte. È il frutto di un cammino in
cui ogni generazione è chiamata a percorrere un tratto, leggendo i segni dei
tempi in cui vive”.
“Dall’evento di Marsiglia – ha analizzato il Santo Padre – è
uscito uno sguardo sul Mediterraneo
che definirei semplicemente umano, cioè capace di riferire ogni
cosa al valore primario della persona umana e della sua inviolabile dignità.
Poi nello stesso tempo è uscito uno sguardo di speranza. Questo è oggi molto sorprendente: quando ascolti i
testimoni che hanno attraversato situazioni disumane o che le hanno condivise,
e proprio da loro ricevi una ‘professione di speranza’. E anche è uno sguardo
di fraternità”.
Ridiamo speranza alle nostre società
“Fratelli e sorelle – ha detto rivolgendosi ai noi fedeli –
questa speranza, questa fraternità, non
deve ‘volatilizzarsi’, no, al contrario deve organizzarsi, concretizzarsi in azioni a lungo, medio e breve
termine. Perché le persone, in piena dignità, possano scegliere di emigrare o di non emigrare”.
Per operare questa trasformazione, però, lo stesso Pontefice ha osservato che “occorre ridare speranza alle nostre società europee, specialmente alle nuove generazioni. Infatti, come possiamo accogliere altri, se non abbiamo noi per primi un orizzonte aperto al futuro? Dei giovani poveri di speranza, chiusi nel privato, preoccupati di gestire la loro precarietà, come possono aprirsi all’incontro e alla condivisione? Le nostre società tante volte ammalate di individualismo, di consumismo e di vuote evasioni hanno bisogno di aprirsi, di ossigenare l’anima e lo spirito, e allora potranno leggere la crisi come opportunità e affrontarla in maniera positiva”.
La Priora: occorre diventare esempi di incontro
“Ha ragione il Santo Padre – esordisce la Priora – quando si parla di culla, si parla di vita. Come è possibile che tutte queste culture che si affacciano sul Mar Mediterraneo non possano ancora trovare soluzioni pacifiche, per attraversarlo senza pericoli di morte? Perché prevalgono più gli interessi di parte?”.
“Se ci sono però ancora persone che si incontrano per parlare di nuove possibilità, la speranza resta accesa, ed è quella, fosse pure piccola, che apre a un futuro migliore. Il Signore sostenga i propositi che sono stati presi e rafforzi la volontà di bene di quanti operano per renderli esecutivi; renda sensibili i cuori dei governanti per promuovere politiche che favoriscano l’incontro tra le culture, le popolazioni, nello scambio. Solo in questo modo, con l’esempio, le nuove generazioni potranno superare l’individualismo e l’egoismo, che adombra le loro coscienze”.
Il nostro viaggio all’interno dell’ultimo numero di Dalle Api alle Rose, prosegue condividendo le riflessioni sulla devozione, tema della rivista di settembre-ottobre, di Suor Maria Lucia Solera nella rubrica “Tracce di Rita”.
Se abbiamo devozione, non siamo soli
L’agostiniana inizia il suo articolo invitandoci a farci diverse domande: “Perché ci rivolgiamo ai santi? Cosa cerchiamo, cosa speriamo da loro? Che ci ottengano quanto noi chiediamo; che ci siano intercessori nelle nostre necessità; che ci risolvano le situazioni di dolore che stiamo attraversando, col loro carico di angoscia. Tutto vero, tutto lecito. Ma, verrebbe da chiederci: solo questo?
Proviamo a scavare più a fondo: nei santi desideriamo una compagnia. Riconosciamo in loro degli amici in grado di comprenderci, di affiancarsi a noi per fare proprie le nostre richieste“.
Un legame che nasce e trae forza da Dio
“I santi: amici nostri, perché passati attraverso le stesse strettoie della vita in cui ci troviamo noi. Come hanno fatto, loro? Come sono riusciti a non soccombere, a non lasciarsi rubare la loro fiducia? Hanno tratto la loro forza dall’amicizia di Dio: è questo il loro segreto. Un’amicizia accolta anzitutto, custodita come un tesoro preziosissimo e impagabile, ricambiata nel concreto e irrorata di preghiera.
Anche di Rita possiamo dire che la sua forza è tutta nell’amicizia dell’umile Gesù. Alleanza sponsale, partita da lontano, dal cuore di Dio che, a lei come a ciascuno di noi ripete dolcemente: «Ti ho amata di amore eterno!» (Geremia 31, 3)”.
Rita, amica di Gesù e di tutti
“Nel «tesoro» dell’amicizia di Cristo, Rita, come la vedova del Vangelo (Marco 12, 42), getta tutta la sua vita, senza risparmio. Avrebbe potuto fermarsi alla richiesta di consolazione per sé, e invece Rita va oltre, spingendosi a una reciprocità che la coinvolge interamente: desidera farsi strumento di consolazione e intercessione per tutti.
Possiamo immaginare le lunghe veglie di Rita, a contatto col cuore di Gesù: un “bagno” interiore nei suoi sentimenti. Aver caro ciò che a Lui è caro, partecipare alla sua Passione di salvezza per tutti. E il cuore di Rita si dilata, si allarga a dismisura, per ospitare quanti si rivolgono a lei. Nasce così la santa che sentiamo vicina, prossima, anzi: proprio amica”.
Devozione è amicizia
“Rivolgiamoci a Santa Rita confidando al suo cuore magnanimo le nostre pene, ma anche nella fiducia di avere in lei un’amica fidatissima che ci accompagna lungo il sentiero dell’amicizia di Cristo“.
Santa Rita, Sorella nostra,
amica di Dio e degli uomini,
ottienici di crescere nell’amicizia
dolce e ricca di sapore
dell’umile Gesù.
La diretta dei 15 minuti con Santa Rita, che le monache tengono ogni mercoledì dalle 21:40 su Facebook, da domani (27 settembre) sarà visibile anche sul profilo Instagram e sul Canale YouTube del monastero.
In questo modo, anche le circa 60mila persone, che seguono le agostiniane tramite questi social, potranno unirsi alla preghiera davanti al corpo di Rita.
Un momento speciale per i devoti
La diretta, voluta fortemente dalle monache durante la pandemia, permette ai devoti d’Italia e del Mondo di essere vicini a Santa Rita. Di entrare nell’Urna in cui è custodito il suo corpo, all’interno della Basilica di Cascia: lì dove ognuno vorrebbe essere sempre per “parlare” con Rita!
Si tratta di un’appuntamento tra i più attesi dalle quasi 700mila persone che seguono la pagina Facebook, alle quali da domani si uniranno ancora altri devoti da Instagram e YouTube.
Coi devoti in collegamento, le monache avviano la diretta ogni mercoledì sera. Una meditazione silenziosa, che ogni settimana si dedica a una particolare intenzione, conclusa da una preghiera, solitamente recitata dalla Madre Priora, Suor Maria Rosa Bernardinis.
Quello di oggi è un pomeriggio di grande festa per la nostra Famiglia Agostiniana di Cascia, perché insieme celebreremo l’ordinazione a diacono del nostro confratello fra Massimo Ubaldo Monacelli!
Alle 18:00, unitevi a noi, grazie alla diretta streaming dalla Basilica di Santa Rita, alla Concelebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo di Spoleto-Norcia, Monsignor Renato Boccardo.
Presente gran parte della Famiglia Agostiniana d’Italia, con il Priore Generale, Padre Alejandro Moral Antón, accompagnato da tutti i priori e gli economi. Le monache animeranno i canti!
Fra Massimo: quel sì liberatorio di 28 anni fa
Nato a Gubbio, storico borgo medievale dell’Umbria, fra Massimo, che per una vita ha svolto la professione di cuoco, entra nell’Ordine Agostiniano a 35 anni… ma per lui quell’ingresso è un ritorno a casa!
Fin da ragazzino, infatti, è cresciuto nella parrocchia di Sant’Agostino a Gubbio, tanto da considerarla come una seconda famiglia. Il legame non si interrompe mai, ma nel 1990 torna forte e vivo, quando accetta una proposta di lavoro proprio dagli agostiniani che lo vogliono a servizio del loro Convento, per gestire tutti i lavori necessari a mandare avanti la “casa”.
Tutto scorre liscio, finché un giorno, solo in Convento con un frate anziano, Massimo è “costretto” (dalla Provvidenza, capirà poi) a prendersi cura di lui, mansione che non gli competeva. Da quel primo giorno, per quattro anni lo ha accudito come un padre e attraverso questa persona ha capito la vita cristiana, l’amare il prossimo come se stessi, il soccorrere i deboli…
Questi sentimenti maturano, per arrivare al 1° aprile del 1994, anniversario della morte di sua madre. Quella sera uno dei frati è a cena a casa sua e gli domanda: “Perché non ti fai frate?”. Massimo, che non aveva mai avuto il coraggio prima di riconoscere con sé stesso la sua vocazione, che aveva radici già nell’infanzia, dice sì e inizia il suo cammino al servizio del Signore.
“Ho sentito una porta davanti a me aprirsi”, racconta.
Dai primi passi al Diaconato: la seconda chiamata
Il suo percorso inizia da Palermo, con il pre-noviziato e la ricchezza di un maestro prezioso. Poi, si susseguono vari spostamenti e vari testimoni importanti nella sua vita: il noviziato nelle Marche, 7 anni a Roma, Genova, Firenze, Tolentino, di nuovo Roma e Palermo e poi, infine, da 7 anni a Cascia, dov’è economo e sacrista della comunità.
Un giorno, a colloquio con l’Arcivescovo Boccardo, Fra Massimo raccoglie un secondo segno di Dio, quando il porporato gli propone il diaconato e dice sì, una seconda volta: “Perchè al Signore non si dice mai di no“.
Oggi, a poche ore dalla sua ordinazione diaconale, Fra Massimo è pervaso dall’incoscienza, quella tipica di un nuovo inizio, ma pronto ancor di più a mettersi al servizio della Chiesa, impegnandosi anche nell’evangelizzazione, nella carità. Fiducioso e certo che Dio lo guiderà!
Un nuovo cammino che inizia da un dono speciale
“Siamo del Signore, per il Signore e con il Signore, questo è il mio obiettivo. Perseveranza e coerenza sono le preghiere che chiedo. Ho tante cose per cui ringraziare!”.
L’ultima, una settimana fa, Fra Massimo mi racconta di un grande dono di Dio che ha ricevuto: conoscere un amico, con una grande fede, tanto da stordirlo. Un ragazzo venuto a pregare Santa Rita per la mamma malata dalla Sicilia, verso il quale Fra Massimo si è sentito trasportare. Così gli si è avvicinato, tendendogli la mano.
Da qui è nata un’amicizia bellissima, inaspettata… un’amicizia che lo ha fortificato e confermato al suo nuovo ministero diaconale. “Siamo servi del Signore e, come dico sempre, la tonaca è una tuta da lavoro!“.