Santa Rita si consacra a Dio abbracciando i consigli evangelici di povertà, obbedienza e castità. Non come rinunce sterili, ma come sentieri di vita profondi, intrisi di speranza e bellezza. In lei queste virtù diventano via di libertà interiore e fecondità spirituale, aperta al mistero e alla grazia.
Povertà, obbedienza, castità: una via di pienezza
Essere poveri, nel cuore del Vangelo, significa saper gioire del poco, vivere con sobrietà e scegliere una vita che si apre agli altri con generosa solidarietà. La povertà evangelica non è miseria, ma distanza dall’egoismo, leggerezza dell’anima che si libera dal superfluo. La castità, nella sua autenticità, è amore che non trattiene per sé, è purezza di cuore che permette di custodire l’intimo desiderio di pienezza, affidandolo a Dio. È una generatività che non passa per la carne, ma per lo spirito: una maternità e una paternità che si aprono alla vita dell’altro in mille forme possibili.
L’obbedienza, infine, è sapienza del lasciare: lasciare ciò che si è pensato per sé, per accogliere ciò che il tempo, le persone, Dio stesso ci chiedono. È saper ascoltare, riconoscere un bene più grande nelle parole altrui, e anche negli ordini che appaiono assurdi o sproporzionati.
Il miracolo della vite fiorita
È proprio in questo spirito che si inserisce l’episodio, tanto amato dalla tradizione ritiana, della vite fiorita. La Badessa, per mettere alla prova l’umiltà di Rita, le comanda di innaffiare ogni giorno un legno secco, apparentemente privo di vita. Rita obbedisce senza discutere, senza farsi domande, senza cercare il senso. E quel legno, a tempo opportuno, fiorisce in una vite rigogliosa.
Quante volte anche a noi la vita appare come un legno arido: fatica, dedizione non riconosciuta, affetti che si spezzano, sogni che non si realizzano. Eppure continuiamo a “dare acqua”, giorno dopo giorno. Perché? Perché, come Rita, crediamo che sotto la scorza dura dell’apparenza possa scorrere una linfa misteriosa e piena di senso. La fede, in fondo, è anche questo: vivere senza aspettare di capire, fidarsi e andare avanti. Fare, oggi, un piccolo passo.
Una vita che genera speranza
Rita avrebbe potuto ridere di quel comando, sottrarsi, oppure chiedere spiegazioni. Invece non mette sé al centro, non difende il proprio ego. Questa è povertà: farsi piccoli, restare umili. Ed è anche obbedienza: lasciarsi guidare, persino nell’assurdo. E infine è castità: donare se stessi senza nulla trattenere, fino alla fine. La vita di Rita potrebbe sembrare un segnata dalla prova: vedova, privata dei figli, isolata. E invece, proprio per la sua capacità di perseverare nel solco della speranza, è divenuta una vita feconda, piena, generativa. La castità, allora, non è mai sterilità: è apertura al miracolo della vita che fiorisce in modo inatteso