“Per le persone con malattie rare, la cura è la ricerca, per giovani con autismo lo può essere una casa.“ Una casa che diventa possibilità di indipendenza come lo è per tutti i ragazzi, a una certa età. Con queste parole Francesca, madre di Emanuele, un ragazzo umbro di 18 anni con disturbo dello spettro autistico, residente a Petrignano (PG), riassume l’importanza del progetto Dopodinoi.
Emanuele parla, scrive, oggi riesce a esternalizzare i suoi sentimenti. Questa è una grande conquista perché non si chiude più in se stesso e riesce a raccontare ciò che sente. Le difficoltà principali riguardano l’autonomia e le relazioni sociali. “Le difficoltà maggiori sono nelle relazioni con gli altri,” spiega Francesca. “Lui non ha amici, non esce la sera come fa suo fratello o altri ragazzi della sua età. Non prende ancora un pullman da solo per andare a scuola. Prova a fare la spesa, ma quando deve pagare ha bisogno di qualcuno perché non è ancora in grado di amministrare i soldi”.
Una diagnosi inaspettata
“Emanuele è stato un bambino sempre molto vivace, ha sempre dormito poco, era sempre molto attivo,” racconta Francesca. “Tutto potevamo pensare tranne che avesse questo tipo di problematica”.
La diagnosi arrivò quando aveva due anni e mezzo. “Era un bambino attivo, intelligentissimo. E poi invece la realtà ci ha portato a scoprire altre cose. È stato il buio più totale. Lo sconforto di non sapere cosa significhi esattamente la diagnosi, non sai quello che dovrai affrontare, non sai fino a che punto tuo figlio potrà arrivare”.
Ma la famiglia non si è persa d’animo. Emanuele ha iniziato terapie specifiche presso lo SREE (Servizio Riabilitazione Età Evolutiva di Bastia Umbra) e poco alla volta sono arrivati i primi progressi.
“Ha iniziato con la pet therapy, poi con la stimolazione cognitiva comportamentale e infine la logopedia. A tre anni e mezzo ha iniziato a dire le prime sillabe e quando ha iniziato a parlare è diventato un vulcano, non smetteva più, raccontava anche ciò che non aveva potuto fare prima”, racconta Francesca commossa.I
La vita di Emanuele oggi
Oggi Emanuele frequenta il quarto anno dell’istituto alberghiero. La sua classe lo accoglie con affetto e rispetto, anche se le differenze ci sono. Nell’ultimo anno ha mostrato miglioramenti, forse anche perché si sta lasciando alle spalle il periodo difficile dell’adolescenza, accentuato dall’isolamento durante il Covid che lo aveva reso “meno attento, più nervoso, più chiuso”.
“L’abbiamo sempre trattato come abbiamo trattato suo fratello Alessandro. Se si doveva andare in vacanza, prendere l’aereo o il treno, lo abbiamo sempre fatto. Recentemente siamo stati a Milano, abbiamo preso la metropolitana, siamo andati allo stadio di San Siro con tutta la confusione che ci può essere. Le esperienze, i viaggi, le gite ti aiutano a capire come funziona il mondo al di fuori di casa. Gli insegniamo ad essere attento, a usare il telefono e chiedere aiuto se si perde”, spiega Francesca.
Un supporto fondamentale nel percorso di Emanuele è stato il Centro Up di ANGSA Umbria, che la Fondazione Santa Rita da Cascia sta sostenendo con un contributo triennale.
Il progetto “Dopodinoi: un atto di bene a sostegno dell’autismo
La preoccupazione più grande per Francesca riguarda il futuro di Emanuele: “Mi preoccupa vederlo sempre in casa, senza amicizie, senza uscire. E penso a come potrà essere il suo futuro quando non ci saremo più noi, o quando saremo anziani e avremo bisogno noi stessi di aiuto”.
È qui che entra in gioco il progetto Dopodinoi. “Il fatto di andare a vivere da solo lo aiuterà tantissimo per il suo futuro, per riuscire a rendersi il più autonomo possibile nella vita,” spiega Francesca con convinzione. “Secondo me è un atto di amore che un genitore può fare verso un figlio con queste difficoltà, perché viene abituato a vivere senza di noi, in un’altra realtà, con altre persone e ragazzi con cui già si trova bene”.
Il desiderio di indipendenza non è solo una necessità prevista dai genitori, ma anche “un suo desiderio: ha sempre detto che da grande voleva andare a vivere da solo,” racconta Francesca. Un sogno nato anche dall’esempio dei cugini che per studio e lavoro si sono trasferiti a Milano e Torino.
La prospettiva di andare a vivere da solo, invece, non spaventa Emanuele, anzi lui la cerca, anche se poi sarà da testare. Da grande vorrebbe lavorare in un bar.
Francesca lancia un appello a chi potrebbe sostenere il progetto: “Si tratta di un atto d’amore, un atto di bene verso una persona che non ha avuto le stesse possibilità che hanno avuto altri nella vita, ma a cui spettano gli stessi diritti e che può fare la sua parte nel mondo, donando tanto amore. Emanuele è un ragazzo dolcissimo, affettuoso, che si preoccupa sempre per tutti”.