Grazie alla Madre Priora, Suor Maria Rosa Bernardinis, nella rivista Dalle Api alle Rose di settembre-ottobre, si parla della solitudine, condizione che sempre più ci accompagna personalmente e anche in famiglia.
Nella sua rubrica, dedicata proprio alle gioie e alle difficoltà di essere famiglia oggi, la Madre affronta così un tema centralissimo e molto attuale nella nostra società, riflettendo una solitudine positiva quella abitata da Dio, come dimensione da recuperare e sulla quale farci forza per uscire invece da quella negativa, baratro dell’umanità.
Siamo esseri sociali, ma abbiamo anche bisogno di stare con noi stessi
L’uomo è per natura portato a socializzare per vivere, crescere, dare senso alla sua vita ed essere felice. Ha bisogno di crescere nella conoscenza di sé, nella fiducia, nella forza interiore che ha di rispondere all’amore ricevuto col ricambiarlo. L’uomo però ha bisogno anche di stare con se stesso, non necessariamente in uno spazio fisico, ma interiore.
C’è, infatti, una solitudine che aiuta a stabilizzare le scelte; che riporta l’animo alla calma, se agitato in superfice da tempeste emotive o relazionali; richiama alle scelte fondamentali se si fossero offuscate o smarrite.
Lasciamo entrare Dio
Ma, questa “cella interiore”, è un toccasana per l’anima e lo spirito, solo se lasciamo entrare Dio. Perché “Dio che è più dentro di noi della nostra parte più interna e più alto della nostra parte più alta” (Sant’Agostino, Le Confessioni), attende alla porta e bussa, perché lo facciamo entrare. È proprio Dio che dà pace, purifica le imperfezioni che emergono; con Lui possiamo leggerle e trasformare le tenebre in luce! In questo spazio senza filtri avviene l’incontro che cambia la vita rendendola sempre più somigliante all’Autore.
Senza il Signore la solitudine è spaventosa
Quando si ha la certezza di essere amati in modo unico dal Signore, “nulla più ci turba, nulla ci spaventa”. Senza di Lui la solitudine è davvero spaventosa. Porto un esempio nella persona del profeta Elia. Egli, docile al comando divino, si ritira nel deserto, certo che Dio provvederà al lui. Così avviene. Qui rafforza il suo rapporto con Dio e si sente pronto per affrontare i profeti di Baal e preso dallo zelo li stermina. La regina Gezabele viene a sapere di ciò, lo minaccia di morte; lui fugge nel deserto e cade in una profonda depressione da cui Dio stesso lo trarrà fuori e gli farà percorrere un cammino d’interiorità che lo porterà a scoprire la presenza del Signore, non nelle forze potenti e distruttive del fuoco, del terremoto, del vento impetuoso, ma nella brezza sussurrata. (Primo libro dei Re).
Un esempio luminoso lo troviamo poi in Gesù. Lui, perfetto uomo e Dio, non aveva bisogno di purificare la memoria, ma sicuramente nel silenzio delle notti, in preghiera con il Padre, trovava conforto per la missione per cui si era incarnato, di fronte alle delusioni dei suoi e dell’incalzare dell’ostilità degli avversari. Questa è la vera e feconda solitudine che rende piena la vita.