di Giorgio Spadoni, Roccafluvione - Ascoli Piceno

Guarito dalla malattia

Ormai presa dalla disperazione, la mamma, devotissima a Santa Rita, pensò di affidarmi a lei.

All’età di nove mesi, nel lontano 1944, mi ammalai di enterite.

A quell’epoca, quando la seconda guerra mondiale era in pieno svolgimento, non si trovavano i farmaci per curare tale malattia. Molti bambini della mia zona morirono; io ero sulla stessa strada, dato che, da come raccontava la mamma, da una decina di giorni, bevevo solo poche gocce di latte.

Ormai presa dalla disperazione, la mamma, devotissima a Santa Rita, pensò di affidarmi a lei e iniziò la Novena facendole le promesse che, in caso di guarigione, mi avrebbe portato a Cascia a fare la Prima Comunione.

Al terzo giorno di Novena, sognò che stavo affogando nel bottaccio del mulino ad acqua, antistante la nostra casa; non sapeva cosa fare perché, se si fosse buttata in acqua per tentare di salvarmi, rischiava di affogare anche lei, così sarebbero rimaste sole le due sorelle.
Ad un tratto vide che, nuotando, un cagnolino bianco si avvicinò a me, mi prese per il collo e mi portò a riva dove, ad aspettarmi, c’era Santa Rita vestita di bianco.

Mia madre, presa dallo spavento, si svegliò, corse al mio lettino ed osservò che dormivo tranquillo; da quella notte le mie condizioni fisiche migliorarono fino alla completa guarigione.

Il 15 agosto 1954, mantenne la promessa fatta, mi portò a Cascia, nella Basilica, per fare la Prima Comunione. Per me fu un’emozione fortissima; da quel giorno ho sempre mantenuto nel cuore Santa Rita, dalla quale, ne sono certissimo, non mi allontanerò mai.


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